Premiato al Lucca Comics and Games 2022 (ma questa è oramai una non notizia) con il Gran Guinigi per la migliore sceneggiatura, Nessun altro segna il ritorno al graphic novel di Kikuo Johnson dopo dieci anni da Night fisher.
Sono stati dieci anni che Johnson ha trascorso lontano dal fumetto, lavorando preminentemente come illustratore. Mestiere in cui è apprezzatissimo, basti vedere le sue molte copertine per il New Yorker.
Entrambi i romanzi dell’artista americano sono pubblicati in Italia da Coconino Press ed entrambi hanno come loro epicentro le dinamiche familiari. In Nessun altro quanto leggiamo riguarda una famiglia che potremmo definire come “tendenzialmente disfunzionale”. Qui il tema che lega le dinamiche dei componenti è quello della perdita.
Charlene e suo fratello Robbie (un mediocre folksinger) fanno i conti, per ragioni distinte, con la dipartita del loro anziano genitore, che incrociamo a inizio romanzo ed è la causa scatenante di quanto avverrà dopo. Invece Brandon, il figlio di Charlene, fa i conti con la distanza della madre, con l’irresolutezza dello zio e con un’altra scomparsa, più piccola ma fortemente simbolica: quella di Batman, il suo gatto. Il simbolismo o, meglio, la metafora del gatto la si coglie nel ribaltamento di prospettive offerto dal finale, dove l’errore di comprensione sembra essere lo snodo per rinnovare il patto con la vita.
Ma, a parte questo, il focus della narrazione sta nel rapporto genitori-figli e nel rapporto fra consanguinei, dato sempre in un rapporto 1:1.
Infatti Charlene si occupa del padre, ma non di Brandon, che invece viene preso genericamente in carico da Robbie.
Sono sempre relazioni difficili, lo raccontano sottotraccia per tutta la storia, non esplodendo però mai con virulenza. In questo Johnson sembra attratto più dal fine che dal mezzo, più dal raccontare perché le relazioni possano deteriorarsi e non dal deterioramento in sé.
Di base l’autore lascia che a parlare siano le azioni dei suoi personaggi, i loro comportamenti. Gioca con una narrazione che sottrae elementi dallo spettro del rappresentato, lo scarnifica.
Definirlo minimalista non credo sia perciò offensivo.
Ma non lo è nella prospettiva di certa narrativa, bensì verso quella di certo cinema americano: il cosiddetto New American Cinema e molte delle pellicole transitate per festival quali il Sundance. Certe atmosfere oltretutto sembrano riverberare qualcosa di un capolavoro cinematografico appartenente ai primi anni Settanta. Parliamo di Cinque pezzi facili, secondo lungometraggio di Bob Rafaelson. Gioco forza ambientazioni, motivazioni e molto altro non collimano, ma il tono generale del racconto sembra almeno contiguo.
Dal punto di vista stilistico – per tratto grafico, dialoghi, costruzione e impostazione delle tavole in senso orizzontale – Nessun altro riesce a raccontare maledettamente bene quel niente che rende epocale ogni piccola storia.
Lo fa attraverso un sobrio distacco dalla materia del contendere, che pare non infiammarsi quasi mai. Le frizioni tra i personaggi, con relative esplosioni, sono infatti brevi, contenute. A sottolineare quei momenti di tensione, di accensione tra i personaggi, anche quando a essere recuperato è un ricordo, ci pensa l’uso del colore.
La palette del libro offre, oltre al bianco e nero, una serie di colori freddi appartenenti allo spettro che dal blu arriva all’azzurro. A questi si aggiunge in alcuni passaggi l’arancio. Presente nell’illustrazione di copertina, è l’unico colore che esula dal mood del racconto e per questo cattura immediatamente l’attenzione. Diventa come un filo, una guida ai sentimenti che si muovono lungo le tavole.
Costruito sulla lentezza, sui silenzi insistiti di molte sequenze, Nessun altro sfrutta l’apparente semplicità del suo dettato per caricare la storia di rimandi simbolici e metaforici (il gatto, lo yacht parcheggiato in giardino…) e catturare il lettore in un universo stratificato quanto lineare.
Alla fine siamo davanti a un romanzo ortodosso, dove dietro le azioni di ogni personaggio vi è il buco nero del non detto. Però non tanto profondamente da essere reso invisibile al lettore. E allora ecco le battute con cui Charlene dichiara la sua solitudine nell’accudire e affrontare il padre durante la vecchiaia, ecco i flashback che motivano la fuga di Robbie.
Nulla di eclatante, nulla che sfiori il dramma fuori da un ordinario senza orizzonte. Solo, un magistrale gioco di fioretto. E scusate se è poco.
Sergio Rotino
Recensione al libro Nessun altro di R. Kikuo Johnson, trad. Veronica La Peccerella, Coconino Press-Fandango 2022, pagg. 104, €22,00