La storia degli abitanti dell’inferno è soprattutto una storia d’audizione. Ce lo dicono gli antichi, anzitutto.
Quando Odisseo invoca Tiresia veggente, versando sangue sacrificale nelle crepe dell’Ade, gli spiriti gli si affollano intorno: ognuno di essi vuole parlargli, chiedergli conto, svelare, raccontare – sono ombre e tra queste c’è anche la madre dell’eroe. Similmente, i personaggi di Montague Rhodes James (più noto come M. R. James) si impongono al lettore, anzi al narratore che, in qualità di personaggio intrinseco alla vicenda, riferisce di loro.
Ossia di spettri, perlopiù.
D’altronde, il sottotitolo di “Monito ai curiosi” è chiaro: “storie di fantasmi”. Una raccolta di racconti pubblicata nel 2023 dall’unica casa editrice italiana specializzata in questo genere letterario, tanto da nomarselo addosso come un marchio: Racconti edizioni, appunto.
Incantamenti, presenze, apparizioni; accadimenti sovrannaturali che, rispondendo al più classico degli stilemi narrativi del genere, s’affollano nottetempo attorno al fuoco di un camino. Che è quanto avrebbe realmente fatto lo stesso scrittore – così come abilmente riportato in quarta di copertina – quando, al King’s College di Cambridge, dove insegnava, durante la vigilia di Natale intratteneva studenti e colleghi con le sue storie, molte delle quali racchiuse in questa selezione.
Cieli plumbei, dimore antiche, brughiere sinistre e boscaglie misteriose, a ridosso di piccoli centri affacciati sul gelido oceano: la vecchia Inghilterra delle contee sperdute appare e dispare nelle voci di chi ha sentito, ha intercettato, ha saputo. Oralità, anzitutto. Passaparola. Ma anche lettere, diari, bigliettini, oggetti strani e vecchi libri di preghiere: media scelti allo scopo di mettere in comunicazione, talora in maniera avversa, questo e quell’altro mondo. In un caso o nell’altro, il dispositivo è quello del racconto per bocca di terzi e non senza una certa reticenza, provando a fugare la curiosità, l’impulso di chi vuole sapere a tutti i costi e forse sarebbe meglio non ficcare il naso – qui il monito, l’invito a transitare, a evitare di sapere.
Ne è emblema il brano dal titolo “Un episodio storico di una cattedrale” in cui il custode della medesima, incalzato da uno studioso in visita, risale la sua infanzia sino a “quando l’ondata del neogotico investì la cattedrale di Southminster”: c’era una tomba misteriosa lì dentro che qualcuno ha malauguratamente deciso di scoperchiare – qualcosa era vivo là sotto, vi fuoriuscì e scappò per sempre. Ma quest’afflato si respira anche nel racconto d’apertura – il migliore, per struttura e compattezza – dal titolo “La residenza di Whitminster”, in cui è un languido ragazzo irlandese – il diverso – a turbare una rispettabile famiglia che vede morire un piccolo dimorante in circostanze a dir poco assurde. Qui la storia si accavalla nell’arco di un secolo, da inizio ‘700 a inizio ‘800, rivivendo e anzi proseguendo insieme ai nuovi dimoranti e facendosi attraverso epistole e contributi orali: è tutto chiuso in un cassetto, dentro una camera altrettanto serrata in cui talvolta compaiono degli strani insetti ed è meglio che resti tutto così, meglio non rimestare quelle carte.
Brivido più che orrore, in queste storie. Come il grido disumano che esplode nella testa del protagonista de “La pietra di confine del vicino”, sorpreso e terrorizzato nel bosco di Betton – o meglio, laddove un tempo sorgeva il bosco. O come il senso di angoscia che risale il racconto che dà il titolo alla raccolta e che si incarna in un giovane spaventato a morte, perseguitato da qualcuno o qualcosa: mai avrebbe dovuto rinvenire quell’oggetto appartenente alla leggenda e a nulla servirà rimetterlo a posto.
Narrazioni gotiche, in definitiva. Ottocentesche nel bene e nel male, comprendendo in quest’ultima categoria anche qualche pagina prolissa, eccessivamente didascalica, proprio com’era abitudine di certi narratori dell’epoca. Ma roba autentica seppur nel suo spirito fantastico, autenticata anzi da un’impronta magistrale: quella di chi sa come incastrare l’attenzione di qualcuno, inchiodandolo sulla pagina, davanti a una porta che sarebbe meglio non aprire.
Alessandro Galano