Sei una valida scrittrice e un’apprezzata copywriter: quanto di reale usi per le tue storie, quanta (ulteriore) finzione vorresti riporre nei testi pubblicitari che scrivi?
Questa domanda è molto interessante perché pone un problema sempre meno di ordine filosofico e sempre più di ordine pratico. La realtà in cui viviamo è densa di accadimenti fuori dall’ordinario, profondamente amalgamata con il digitale, tanto che si fa via via più fatica a tracciare una linea netta con ciò che non ne fa parte. Vivere in un periodo storico come questo, in cui si susseguono eventi di portata globale (es. pandemia, guerre, movimenti progressisti in contrasto con l’irrigidimento delle posizioni della destra più estrema) rende impossibile ponderare il futuro e difficile leggere il presente; se a ciò si aggiungono l’incertezza data dalla tecnologia (vedi le AI capaci di generare video/foto/audio falsi o il proliferare di fake news sul web) e la narrazione straniante dei social, si arriva a un vero e proprio scollamento dal dato puramente oggettivo. Questa frammentazione di scenari, piattaforme, contenuti, valori, direzioni rende la nostra epoca più che mai schizofrenica, e, nell’incapacità di decifrarla, ci chiudiamo in noi stessi, tornando alla carne e al sangue, a un consolante, solipsistico “io sono”. Ecco perché molti libri freschi d’uscita hanno a cuore il tema del corpo e dell’identità. Come ho avuto modo di discutere insieme all’autore, redattore e editor Carlo Maria Masselli, il nostro io, nella duplice forma di corpo e mente, è l’ultimo baluardo di realtà che ci rimane. Mi viene però da chiedere: è così? Quanto sappiamo, ancora, di noi stessi, dopo aver indossato le mille maschere che questo presente ci ha posto sul viso, dopo aver rifratto la nostra personalità in tanti specchi per quanti sono i nostri follower su Instagram? Traendo le conclusioni di questa breve riflessione, rispondo più direttamente alla tua domanda: attingo al reale sia quando scrivo narrativa che quando creo testi come copywriter; ma lo trasformo in qualcosa che di reale sembra possedere ben poco. In un’epoca come questa, in cui il confine tra realtà e finzione è più che mai labile, forse solo il surreale, il grottesco, lo straniante, il fantastico possono ambire a raccontare il mondo.
Con la tua scrittura hai ideato molte storie, tutte diverse tra loro, affrontando svariati generi e cimentandoti nella ricerca di svariate voci narranti. Ammesso che esista – concretamente – una definizione utile di genere letterario, qual è quello che da scrittrice preferisci quando narri una storia?
Tocchi ancora una volta un tema complesso – quello dei generi letterari –, a cui spero di dare un contributo, sebbene la mia esperienza sia decisamente più limitata di chi si è già espresso a riguardo. Personalmente, non amo che quello che scrivo sia ricondotto a un genere o un altro, così come non amo etichettare le opere degli scrittori che leggo. Trovo che la classificazione delle opere letterarie in generi serva più a chi deve venderle che a chi vuole scriverle o leggerle. Se, però, dovessi dire a che genere appartiene il mio libro, mi affiderei alle recensioni di persone più competenti di me. È stato scritto che il mio romanzo ricorda la letteratura cannibale italiana o, citando alcuni autori stranieri, le voci di Ellis, Welsh, Wallace, Palahniuk, Murakami (Ryū). Come si possono definire i titoli di questi grandissimi nomi? Pulp? Postmoderni? Afferenti a una sorta di “realismo sporco”? Non saprei. Mi basta la gioia di aver suscitato in chi mi ha letto un’emozione, un’impressione, una sensazione anche solo vagamente paragonabile a quella che questi giganti hanno, con le loro pagine, suscitato in me.
Quali sono i tre autori classici da cui non vorresti mai separarti? Quali i tre autori contemporanei viventi?
I classici: Julio Cortázar, Jorge Luis Borges, David Foster Wallace – sì, credo che Wallace si possa definire già un classico. I contemporanei – viventi, al momento in cui sto rispondendo (mi preoccupo per la vita dissoluta di Ellis): George Saunders, Bret Easton Ellis, Jonathan Safran Foer.
È una scelta che mi costa fatica, perché amo molti altri autori e molte altre autrici. Diciamo che ho risposto di pancia. Se ci avessi riflettuto razionalmente, non mi sarei mai decisa!
Che rapporto hai con il cinema e i fumetti? E quali sono i tuoi autori preferiti di questi due medium narrativi?
Con i fumetti ci sono cresciuta; i manga, in particolare, hanno plasmato il mio immaginario, tanto che quello che scrivo è in forte debito con le opere dei miei mangaka preferiti. Adoro Masakazu Katsura, le CLAMP, Kaori Yuki, Shintaro Kago, Junji Itō, Rumiko Takahashi, Yoshiyuki Sadamoto, Yoshihiro Togashi. Potrei continuare all’infinito.
Per quanto riguarda il cinema, è il mio pane quotidiano insieme a libri, manga, anime, musica e serie tv: tutto il tempo libero che ho lo investo leggendo o guardando qualcosa. I miei registi preferiti sono Takashi Miike, Nicolas Winding Refn, Takeshi Kitano, Gaspar Noé, Ruben Östlund, Paul Thomas Anderson, Park Chan-wook, Luc Besson, Wong Kar-wai, Yorgos Lanthimos, Sion Sono.
Ogni scrittore immagina un lettore ideale. O forse no. Per te esiste? Se sì, il tuo lettore ideale come è fatto?
Il mio lettore ideale vuole divertirsi e, al tempo stesso, spaventarsi. Vuole andare su giostre folli e colorate e, una volta sceso, con lo zucchero filato in mano, vuole affacciarsi sull’orlo di un precipizio e lì restare a contemplare l’abisso. Così scrisse (mutatis mutandis) Yukio Mishima, esprimendosi a proposito della funzione che la letteratura dovrebbe avere. Lui non parlava di giostre e zucchero filato, però. Questi dettagli mi sono permessa di aggiungerli io.
Come impieghi il tempo quotidiano dedicato alla scrittura delle tue storie?
Cerco di scrivere tutti i giorni, un paio d’ore al giorno, dopo aver staccato da lavoro; nel weekend mi dedico totalmente alla scrittura. Se è un periodo poco prolifico dal punto di vista creativo, impiego quello stesso tempo leggendo, guardando film o serie tv. Credo che la scrittura e, più in generale, la capacità di concepire e raccontare storie siano muscoli che vanno allenati. Ovviamente, non è una regola. È solo il mio modo di stare comoda.
Quale tipo di storia non scriveresti mai?
Il classico romanzo di formazione italiano ambientato in questa o quella provincia, con al centro un dramma familiare, un’amicizia indissolubile, un grande amore. Personalmente lo trovo un filone abusato, oltre che lontano dalla realtà attuale. L’Italia, oggi, non è (solo) questo; eppure, ci dipingiamo ancora con immagini talmente masticate da essere diventate rassicuranti. Per me la letteratura non deve rassicurare. Deve suscitare inquietudine e dubbio, come sosteneva Kafka; e, perché no, un po’ di sana paura. La paura, per Ligotti, è una delle emozioni che più ci aiutano a conoscere noi stessi, e io sono d’accordo. Il nostro Paese va esplorato scavando attraverso le sue parti molli, marce, putride, oscene, quelle che non vorremmo portare alla luce perché siamo atterriti alla prospettiva di riconoscervi dentro il nostro stesso volto. L’Italia è sfruttamento, morti sul lavoro, disoccupazione, abuso dei social media, lavaggio del cervello da reality show, consumismo sfrenato, utopia capitalista, personaggi trash e grotteschi, personaggi serpenteschi e ambigui, violenza, criminalità, frustrazione, sogno americano d’importazione, droga, alcol, corruzione, disagio giovanile, malattie mentali, incertezza, incomunicabilità generazionale. È rabbia in ebollizione, materia incandescente vicina al boato. È terreno fertile di mille contraddizioni. Se vogliamo parlare dell’Italia, parliamo di questo. C’è tanto di cui spaventarsi, oggi, e la paura va affrontata a viso aperto; i quadretti bucolici, nel 2023, servono solo a sprofondarci in una comfort zone fatta di illusioni e stereotipi nazionalpopolari.
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Claudia Grande è nata a Chieti il 22/12/1990. Ha lavorato presso lo studio legale Gianni & Origoni, occupandosi principalmente di M&A, diritto societario, diritto commerciale. Ha superato l’Esame di Stato per l’abilitazione alla professione forense e, dopo aver lasciato lo studio, ha conseguito un master in Storytelling & Performing Arts. Ha pubblicato racconti su riviste letterarie cartacee e digitali. Le pubblicazioni su cartaceo sono “Armageddon” su Frankenstein Magazine, “Vita e morte dell’uomo tricheco” e “A bang in the void” su Neutopia – piano di fuga dalla rete. Oggi lavora in Rai Pubblicità come copywriter e content creator. Il suo romanzo d’esordio, Bim Bum Bam Ketamina, è uscito il 3 febbraio 2023 per Il Saggiatore.