17 giugno 1944 il dottor Destouches (in arte Céline), per il timore di rappresaglia per le sue posizioni antisemite, ripara in Germania con il suo gatto Bébert e la moglie Lucette. Nell’appartamento di Montmartre la Resistenza francese gli sequestra tutti i manoscritti ancora inediti. Solo quando nel novembre 2019 muore Lucette a 107 anni, Jean-Pierre Thibaudat, critico teatrale di «Libération» rileva di avere nelle mani i manoscritti perduti di cui Gallimard pubblicherà Guerre e Londres ed ora La volontà di Re Krogold, Guerre in Francia venderà 260.000 copie.
Con Guerra siamo proiettati all’interno di uno scenario di devastazione e morte, Fronte della Mosa, agosto 1914, primi mesi dell’offensiva tedesca, Ferdinand (cioè Louis Destouches) arruolato nel 12°corazzieri col battaglione usato come fanteria “Une fois qu’on y est, on y est bien. Ils nous firent monter à cheval et puis au bout de deux mois qu’on était là-dessus, remis à pied. Peut-être à cause que ça coutait trop” fa tappa nelle Ardenne, poi in Belgio dove combatte alla battaglia di Ypres, nella vicina Poelkapelle ad ottobre Destouches è ferito gravemente, il battaglione annientato dai mortai e dalla mitraglia, lui il solo a sopravvivere tra una selva di morti straziati.
Dopo un’Odissea tra la vita e la morte, a piedi deambulando tra morte fango e distruzioni riesce ad essere ricoverato grazie all’aiuto di un soldato inglese presso il “Virginal Secours”nella cittadina di Peurdu-sur-la-Lys, affidato alle cure dell’infermiera L’Espinasse e del dottore Méconille, la scena si sposta dunque dentro la camerata con l’Espinasse che ha l’abitudine di maneggiare gli attributi dei ricoverati, il novello chirurgo che vorrebbe operarlo al cranio per mettersi alla prova, qui conosce un altro ferito, Bebert, che lo aiuta a sostenersi durante le libere uscite, un guitto parigino, Bebert protettore di una prostituta che costui riesce a convincere a raggiungerlo a Peurdu-sur-la-Lys.
Louis Destouches dirà: Ho sempre dormito così nel rumore atroce del dicembre del ’14. Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho chiusa nella testa” ed ancora “Mi toccava sistemare tutto questo nella testa prima di riuscire a dormire, dovevo attaccarmi con tutt’e due le mani al cuscino, mettercela tutta, cacciare via l’angoscia di non dormire mai più, accorpare con quelli esterni tutti i miei rumori personali, tutta la batteria dell’orecchio, per arrivare a pezzi e bocconi a fare un’ora, due ore, tre d’incoscienza, come quando sollevi un peso enorme che poi lasci ricadere, per precipitare ancora in un’immensa sconfitta.”
Chi ha letto Le Vojage sa che per Ferdinand la guerra è un’«imbécillité infernale» c’était tout ce qu’on ne comprenait pas»), «Une immense, universelle moquerie». Ma si errerebbe a pensarlo un libro sulla guerra, la guerra sta sullo sfondo, come remote sono le deflagrazioni dei bombardamenti dell’artiglieria, salvo il via vai dei feriti, dei moribondi, dei morti avvolti nelle plastiche nere. Salvo le indagini del Comando Supremo su disertori e auto mutilati.
Nel mezzo della narrazione il personaggio e la leggenda medievale del Re Krogold ricorre come un ossessione.
Niente nella scrittura di Celine mantiene il suo carattere di dramma o tragico, tutto è sempre riassumibile nel comico o nel ridicolo, il linguaggio pare originarsi di getto tramite la lingua del popolo, sporca di neologismi, sconcezze, metonimie dell’osceno, sineddoche, sgrammaticature.
Tutto per esprimere a parole una visione paradossale dell’umanità che non merita altro che tutto il nostro cinismo e scherno assieme allo spasso esilarante che questa umanità disgraziata riserva ad un neutrale osservatore che sappia rilevarla e narrarla, una visione che non salva nessuno, quel nessuno che Celine riuscirà a smascherare perché ognuno si sarà sempre rilevato per ciò che è, ossia un essere deforme, bieco e grottesco, involto com’è nel suo egoismo inalienabile, nei suoi appetiti e vizi irrefrenabili, nella sua meschinità, nello schifo e nell’accidia di non affondare che sarà sempre dover vivere.
Libro dai gusti forti dove l’oscenità la fa da padrone, senza forzature l’osceno è parte del quotidiano, l’osceno è quanto fa muovere donne e uomini, il segreto motore della Storia sta lì.
Guerre è un romanzo straordinario per la proprietà che ha di rappresentare uno spezzone di vita esattamente come si è svolto, senza elucubrazioni, teorie, lasciando le scene come appaiono, descrivendone i personaggi vividi e plausibili come ne fu capace prima di lui il solo Honore de Balzac, senza omissioni, senza infingimenti, spietato, sadico anti borghese par excellance come sprezzante verso le masse povere di cui ne comprenderà unicamente le pene del vivere e gli stenti che anche lui sarà costretto a sopportare sulla sua pelle per decenni.
Rimane la questione dell’antisemitismo, questione che rimane centrale nella poetica del dottor Celine, che certo mortifica in parte il suo valore nella Letteratura di sempre, ma ritengo valida la prognostico che Celine rimarrà sullo scranno degli immortali. E questo libro lo prova senza ombra di dubbio. Mai scrittore sarà parigrado di Celine nella concisione della sintassi, nel enucleare quanto conta nella narrazione, nella spietata disperata visione di un Mondo in rovina perduto nella sua Galassia senza che nulla abbia senso.
Marcello Chinca