Chissà se toccherà anche a Tobias Tycho Schalken il giusto quarto d’ora di notorietà che Warhol diceva toccasse a tutti. O se gli è già toccato.
Lo dico confessando la più profonda ignoranza rispetto all’autore di Eldorado, graphic novel non facile, assolutamente non facile da circoscrivere in una definizione, pubblicato in Italia da Coconino Press.
Le poche notizie in possesso (ammetto di essere stato pigro e di non aver scavato in profondità nel Web) lo danno come un artista visivo totale e, a scorrere le immagini delle sue opere, questa risulta essere una verità incontrovertibile.
Figlio di artista, educato sin dall’infanzia ad avere una matita fra le mani, il lavoro di Schalken spazia dalla scultura alla grafica, dalla pittura ai fumetti.
Quindi Eldorado può essere indicato come un compendio di qualcosa che possiamo supporre molto vasto e articolato. Probabile perciò che la notorietà warholiana gli sia già toccata e che, forse, continui ancora adesso. Ma noi abbiamo fra le mani solo l’indirizzo di un sito (www.tobiasschalken.com), che non pare aggiornatissimo, e il libro.
Anche Eldorado potrebbe essere definibile come un qualcosa di vasto e articolato, vista la sua struttura composita.
Voglio dire che, prima di tutto, dovremmo parlarne come raccolta. Diciamo una raccolta di racconti grafici e non un romanzo grafico, inteso in senso tradizionale, con una struttura per quanto non canonica.
Però nemmeno questo corrisponderebbe totalmente a quanto viene offerto al nostro occhio.
Schalken infatti alterna i racconti contenuti in Eldorado con una grande varietà di illustrazioni, studi per sculture e altro ancora. In questo modo dà forma a una vera e propria antologia di quello che si può intuire sia la sua visione del mondo e degli esseri umani che lo abitano, prima ancora che del suo fare artistico.
Potremmo definire il libro – che, ricordiamo, Ratigher ha scelto per aprire la sua collana Brick all’interno di Coconino press – come una sorta di enciclopedia dell’umano stato interiore. Una enciclopedia che parte offrendo l’esposizione del lavoro di Schalken per diventare storia, principalmente grafica, in cui i collegamenti fra le parti sono scagliati per la galassia delle interpretazioni personali. Ogni lettore, in effetti, potrebbe trovare spiegazioni differenti in quanto è contenuto nelle pagine di Eldorado.
Ancora. Potremmo definire questo specifico lavoro come una corsa verso il più disinibito sincretismo? Come un’opera capace di contenere ogni rimando a ogni tipo di arte visiva? Alla fine dei conti le storie e le immagini collazionate da Schalken sottopongono il lettore a continui cambi di registro tematico. Quindi sì, potremmo.
Altra notarella. La presenza umana in Eldorado appare come qualcosa di straniato e straniante al tempo stesso. Un elemento “incoerente” (insieme alle rovine che fanno capolino) all’interno del paesaggio. Da far esplodere nello scorrere delle pagine.
Oppure è altro. Nelle due tavole di apertura, definibili come programmatiche, Schalken scrive: “Attraverserò innumerevoli mondi”. A scandirlo è una specie di buco nero, un foro, qualcosa che si può pensare come un andare senza meta alla ricerca di una conoscenza che non si può afferrare, di una salvezza altrettanto imprendibile. Ma salvezza da cosa?
Ecco, Eldorado è veramente un’opera imprendibile, capace di far scaturire domande cui non si sa dare una risposta precisa. Questa credo sia l’unica certezza cui si arriva.
A leggere e rileggere Eldorado con accortezza, si può arrivare a ipotizzare che Schalken stia raccontando di una solitudine squisitamente interiore. Personale? Dell’autore inteso come artista? Appartenente all’intero genere umano? Probabilmente ognuna di queste cose insieme.
La forza dell’autore olandese sta in questa impenetrabilità che riesce a farsi storia, scavalcando quella rintracciabile in ognuno dei racconti di cui è costellato il volume. Sta nello sfuggire al senso stretto delle cose, ma non del tutto e non sempre.
È tutto questo, credo, ad avergli aperto le porte della Sélection Officielle 2021 al Festival internazionale del fumetto di Angoulême.
È il suo essere un’opera incollocabile, però capace di mantenere un legame con quanto possiamo definire tradizione grafica e pittorica, di evocarla con inquietudine.
Tavola dopo tavola, il lavoro di Schalken si pone in bilico fra due anime, quella che dalla libera improvvisazione va verso la regolamentazione e viceversa, grazie a immagini stranianti e testi a volte imprendibili. Come detto da qualcun altro: qui siamo davanti al logos di un pathos purissimo. Punto.
Sergio Rotino
Recensione al libro Eldorado, di Tobias Tycho Schalken, trad. Laura Pignatti, Coconino Press-Fandango, pagg. 224, € 29,00