Appartenente alla schiera dei trenta-e-qualcosa (ma non ancora quaranta), Lorenzo Mari è un instancabile lavoratore del pensiero letterario.
Lo denuncia la sua bibliografia – in continua evoluzione e in continuo ampliamento – composta da traduzioni, saggi, interventi critici e scrittura poetica, che qui si arricchisce con l’anomala raccolta Soggetti a cancellazione.
Uscita circa a metà del 2022 per Arcipelago Itaca Edizioni, Soggetti a cancellazione si può considerare anomala per il formato, prima di ogni altra cosa.
È infatti inusuale per non dire unico trovarsi davanti a un libro formato A4, che oltretutto ti obbliga a una lettura “da tavolo” oltre che a combattere un certo horror vacui offerto dallo spazio bianco delle pagine.
Risulta inusuale anche per un’altro ordine di valori, che puntano a ironizzare o sminuire, crediamo, il concetto di capolavoro. Qui, di fatto, un grande libro non vuole esistere perché è impossibile compilarlo nella sostanza. Resta quindi la forma “grande” e null’altro.
Ma è un gioco di pura teorizzazione quello che Mari ci mette davanti. Non si ha intenzione di prendersi la responsabilità di indicarlo come un libro importante? Va bene. È però difficile non constatarlo, soprattutto vedendo quanto sia preminente un continuativo corpo a corpo con la scrittura.
Quest’ultimo è cosa che l’autore vuole avere, si impegna ad avere nel tentativo encomiabile di dire il contemporaneo della Storia e della lingua, di testimoniarne crepe e slittamenti, suggerire i luoghi dove metodicamente «tutto è ancora//a posto e niente ancora/fuori posto».
Nei fatti questo indica una coscienza politica, il sapere cosa significhi vivere nella dimensione odierna e parallelamente viverci dentro.
La cancellazione, la sovrapposizione, l’affastellamento di testo all’interno della struttura della poesia proposta da Mari, l’aggiunta di QRcode resi inservibili, parlano non solo il linguaggio nella contemporaneità, ma indicano come esso sia fragile, manipolabile, scavalcabile.
Mari pare avere una coscienza aperta e ampia del nostro tempo. Una coscienza quasi romantica (anche se per contrasto), nel suo essere capace di comprendere come alla fine non esista spazio uno spazio realmente autonomo dove estrinsecarla.
La risposta appare essere infatti contenuta in quel «Non qui» – in corsivo, come fosse un’altra voce – posto in chiusura del testo citato poco sopra.
L’autore inoltre muove il suo ragionamento usando una lingua che dal contemporaneo prende, che in esso vive e non in un sistema poetico tranquillizzante e ben catalogabile.
Non perché manchino all’interno dei testi i riferimenti (basta leggere le note in fine libro per rendersi conto almeno di quelli, diciamo, più “superficiali”), ma per la decisione da parte dell’autore di non fermarsi a quanto assodato, plateale. Così risulta impossibile pensare i testi di Soggetti a cancellazione come compitini ben fatti, opera di studenti modello.
Mari cerca di vedere, pur costretto a ragionare nel qui e ora del nostro tempo, cosa c’è dopo a partire dal cosa avviene adesso e dal cosa è già avvenuto. Ragiona sull’oggi provando a lanciare la pietra del passato verso un orizzonte futuro. Lì però la pietra cade ancora senza tonfo.
Definire la poesia di Mari come “civile” è impossibile, non ne rispetta la retorica. Eppure quella goccia di rabbia (di stizza) che accompagna molte delle sue composizioni, l’ironia acida che fa capolino nelle soluzioni formali dei testi, la loro composizione grafica in alcuni passaggi che pare voglia raccontare la frammentazione esplosa del pensiero, mentre «i morti della linea storica hanno voce tutta eguale e giusta», la stratificazione e la polisemia che si avvertono ben presenti, possono essere identificati per lo meno in una direzione contigua.
Sergio Rotino
Recensione al libro Soggetti a cancellazione di Lorenzo Mari, Arcipelago Itaca edizioni 2022, pagg. 95, € 16,00
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sequenza di malco
*
non si compone: non sa fumare
dello spazio che fumare riempie di ictus
il canto che fumare potrebbe
fumare come una riserva
altamente disponibile e in cerchio
per ogni tipo di combustione fumare
senza rivoluzione quasi come
un lapsus o un’altra forma
questo dovrebbe almeno
smettere perché ai suoi molti figli
squadrando il cammino da parte a parte
il padre aveva lasciato soltanto una cassa
piena di carte
si pensava a un tesoro
che invece si poteva semplicemente
fumare poi se n’era andato ridendo
si ricordava che era pieno
di vita fino alle punte
dei polmoni alle punte dei fiori
e lasciando solo una cassa
da fumare disse amore mio
poi correggendosi amori miei
di mio resta questo
pieno ma proprio soltanto
di carte e cartine per
[dire e far dire: c’ero anch’io]
*
non si compone: sa che tagliare
la pelle tagliare di netto la voce
la campitura tagliare la strofa
dovrebbe consentire al piede inerte
di tagliare le gambe che ancora
riescono a muoversi
dovrebbe verso un altro passo
tagliare senza dividere
il cammino da tagliare
saprebbe dire
prendere la svolta altrimenti
poi il cappio soprattutto
lasciato dalla madre
per meglio legare alla roccia lo spazio
togli la gola che a tagliare
in primo luogo il canto
che non è stata per sua fortuna
una vittima o altro
lei: prendeva tutto alla leggera girava
l’angolo girava anche nello stesso punto
tornando allo spazio
metteva meglio il cappio
per meglio tagliare e cantava
ma si preparava lo stesso
nonostante il macero del suo primo
libro di poesie per sentirsi libera
nella sommossa generale nella generale rivolta
libera di soprassalto
di tagliare a un certo punto la
[frase che dicevano: era già morta]
*
non si compone: al fratello parlare
per frammenti ma dopo questo
riempire lo scazzo riempire
il vuoto dell’arnia
e del grande prato
senza uno straccio di
contratto parlare
ma non del vaso da rimettere
in sesto
ancora e ancora ricollocare
un gesto di parlare
una movenza di
parlare e poi lasciare un silenzio
dimentico dell’ictus del padre
parlare a una tavola
una domenica una qualsiasi domenica
parlare metro libero o anche
misura scatenata parlare
scostando l’orecchio tagliato
al cicalino del resto
senza argomenti darsi un tono
più forte o più elevato
parlare di disfatta
allora alzando la sinistra
parlare la sinistra
parlare di tutto e di
[una vittoria, si diceva: qualcuno l’ha vista]
*
non si compone: perire il figlio
prima del padre perire
di un esperimento andato
a catafascio perire nello stacco
del tetto qui in seno
al suo perfetto contesto
ferito ma perire piuttosto
il padre scoperchiando la cassa
la madre stracciando le vesti
il fratello senza discettare di realismo
socialista o peggio
perire allora
nel tentativo poco e male
dilacerato
perire lasciando
che la violenza un giorno
si sappia la violenza perché
scoppiare in un altro posto vorrà dire
perire in un altro posto
e così sia
il figlio disse
giungendo le mani
sembrava che pregasse
anche lui che dicesse
dio al suo servo perire
ma la violenza di spada
di stile di un’altra storia
per favore domattina presto
che ci racconti un’altra storia
per ferire
sull’altro lato ovvero
a destra e a
[Malco: ormai è noto, il dolore all’orecchio]