Viaggio sociale. È l’espressione che Édouard Louis utilizza nelle prime pagine di “Metodo per diventare un altro” (La nave di Teseo, 2023; traduzione di Annalisa Romani). La mutuerà via via – nel corso del viaggio, appunto – ma resta, resterà, quella più efficace. La vicenda di Eddy che si trasforma in Édouard Bellegueule è, pertanto, un ponderoso ritorno sul luogo del delitto: lo scrittore francese ha già raccontato questa storia dieci anni fa quando, all’epoca ventunenne, con “Farla finita con Eddy Bellegueule” si è guadagnato l’attenzione internazionale di critica e pubblico. La differenza è nello sguardo, nella capacità di analisi, nel tentativo di affondare la lama: lì uno svisceramento di pancia, autobiografico, impattante, con al centro l’infanzia brutale nel nord della Francia; qui un intervento chirurgico, affilatissimo, socio-letterario, persuadendo il lettore a credere nella possibilità di una sorta di sequel.
In entrambi i casi, comunque, la storia di un emarginato – gay in un’insospettabile Francia rupestre e gretta, incompreso dalla famiglia, escluso dai coetanei, costantemente costretto a nascondersi – che superando prove dolorose, talora violente ma anche epifaniche, riesce a guadagnarsi il proprio posto nel mondo (o quasi). Oppure meglio, riprendendo l’io narrante quando cita la filosofa Eve Kosofksy Sedgwick, sperimenta e fa i conti con “l’inesauribile energia trasformatrice che le infanzie umiliate possono produrre”. Che è pervicacemente ciò che fa, che crede ogni volta di fare, Eddy poi Édouard: costruire altri sé – imitando, emulando, ispirandosi, pasticciando identità – sui quali investire il riscatto dal suo passato – leggi suo padre, soprattutto.
Ci riesce? No, e questa è la cosa più interessante del libro.
Personaggio chiave – oltre a Elena, la prima grande amica del protagonista, in grado di tracciare un ponte tra infanzia bruta e futuro sognato – è Didier. Docente universitario, autore di saggi, intellettuale parigino, omosessuale dichiarato, un giorno capita davanti a Édouard, nel corso di una conferenza nella città di Amiens, dove il protagonista si è trasferito – scappando – per intraprendere gli studi liceali, unico della sua famiglia. È la scintilla. Didier sa, individua il potenziale intellettuale in quel giovane tormentato, lo alleva, gli crede e crede in lui. E, soprattutto, vive a Parigi, il luogo in cui accadono le cose e dove lui accade insieme a esse. Per questo Édouard si convince subito che deve seguirlo, deve diventare lui o qualcosa che gli rassomigli: uno scrittore, in ogni caso uno scrittore. E dunque, deve “leggere, leggere il più possibile” perché “Sapere = Potere”.
Autofiction dichiaratamente falsificata – frequenti le anticipazioni volte a smentire quanto accade nella fabula, sporadiche ma fondamentali le note chiarificatrici a proposito di vicende e personaggi – questa è la storia irrisolta di una grande vendetta attraverso il tentativo di “vivere tutto”, proprio come si legge a pagina 200. Il quale significa: “vendicarmi del posto che alla nascita mi era stato assegnato dal mondo”. La vendetta di Édouard nei confronti di Eddy, ossia il vecchio se stesso impostogli dalla società, dalla classe sociale di appartenenza, dall’affiliazione per nascita a un mondo che guarda alla borghesia come alla chimera del secolo (il romanzo si svolge nel primo decennio degli anni ‘2000). Anche se questa, la fosforescente borghesia dei Bellegueule, non è affatto chimerica – ed Eddy lo vivrà sulla sua pelle, lo scoprirà, ne rimarrà offeso. E, qui lo smacco, sarà proprio verso di essa che si vendicherà, che vendicherà il mondo da cui proviene.
In che modo? Scrivendo, naturalmente. Raccontando la sua storia. Dall’inizio.
Alessandro Galano