Dopo aver festeggiato i 20 anni di attività di Satisfiction insieme a scrittori come Enrico Remmert, Stephen King, Vitaliano Trevisan, Raul Montanari ed Enrique Vila Matas, in occasione dei 22 annni della rivista pubblichiamo i racconti di autori che da anni contribuiscono a creare Satisfiction.
#
C’era una volta
Castiglione desolata nell’umido gocciare di giugno.
Capri in sandaletti e grandi cerchi alle orecchie di finto oro, ma molto piacevole. Giro gli occhi a destra ma non faccio in tempo e subito sono a sinistra. Le labbra s’aprono, gli zigomi ORA volano, è un sorriso (di stupore, penso io). Occhi piccoli, poi grandi, GRANDI: eccoli i motoscafi di tek e lucida radica che cavalcano come i cavalieri di Cadorna e trascinano giovani dietro ad affrontare le onde. Legno sull’acqua, come in testa allo sconosciuto muratore straniero di una rissa.
C’è un dito, sopra al mare, che gira la manovella della macchina fotografica. Non è il mio. Carica un’altra foto, carica un’altra immagine, pronto a far fuoco sulla memoria. Mia moglie mi chiama: “mettiti bene! Che scemo che sei, dai!”. Noi fermi all’orizzonte dei faraglioni. Non mi piace la sua fragilità. Me ne farò una ragione oppure me ne farò una prigione.
Lei è innamorata. Io anche.
Lei non ha conosciuto altro uomo prima di me.
Nasce mia figlia. Trovo un lavoro.
Non mi viene proprio la voglia di lasciare altro. Ho sparso il seme. Ho fatto ciò che dovevo.
Mi pare di ricordare tutto.
Ama chi ti ama, fosse pure un cane!, disse Spanziani.
“Ho scritto un romanzetto”, gli dico
“Ti ci pulirai il culo”, mi fa.
“Certo, ci incarterò i gamberoni, come bisognerebbe fare con ogni autore che bluffa e che, quindi, tra le pagine, non si dichiara apertamente. Non dichiara apertamente chi è. Ma sappi che è il racconto della fine.”
Cambieranno gli uomini, ma certe cose si diranno sempre allo stesso modo. E sempre si dimostreranno banali, anche i migliori. I migliori in cosa? Tanto che per illustrargli qualcosa che non sia colorabile con un pennarello, devi inventarti una storia, che sia una scappatoia commestibile. Ma io non voglio. Voglio bene a chi mi ha preceduto e ha provato a insegnarmi qualcosa. Lo sento, sissignore, l’odore acre delle scarpe di cuoio secco e crepato portato a riparare da uno più vecchio di lui che aveva la passione di curarsi le mani e tolgo, come posso, le piante rampicanti dalle loro lapidi.
“Si vede che hai letto pochi romanzi, forse non ne hai letti proprio”
“Meglio, almeno non mi corrompo con le vestigia degli altri. Ognuno, qua, c’ha voglia di finire in modo diverso, purché indolore, e così spera in mondo diverso”
“Leggerli significa proseguire e scrivere romanzi non significa impilare parole sofisticate”
“Lo so bene”, gli dico, “Questo non è un romanzo”
“Farai una pessima figura”
“Lo so. Basta che non sia con me stesso”