“Sono un filosofo che si esprime in romanzi, non un narratore; la mia abilità nello scrivere romanzi e racconti viene da me impiegata come un mezzo per formulare le mie percezioni”. (Esegesi, 1981 – P.K.Dick)
Poco più di un anno fa raccontavo la mia prima lettura di un romanzo scritto da Paolo Scardanelli, geologo e scrittore siciliano, che ha trovato casa presso Carbonio Editore. Oggi vi racconto il terzo volume della sua trilogia, “L’accordo”, che non so se si chiude qui o se può diventare una quadrilogia. Ne sarei molto felice. Ma so anche che ogni altro lavoro di Paolo Scardanelli mi affascinerà come gli altri. Il suo modo di scrivere fa vibrare le mie corde, come quando accordo bene la chitarra. E nei giorni scorsi, mentre chiudevo letteralmente questo nuovo libro (“L’accordo – L’ombra”), concludendone la lettura, è successo un fatto bellissimo: una delle buone amicizie che ogni tanto Facebook mi regala, “l’amico di libri” Edoardo M. Rizzoli, ha postato la citazione che ho posto in apertura di queste mie righe. Paolo è un geologo, Paolo non è Philip K. Dick, ma Paolo secondo me è proprio un filosofo che si esprime in romanzi, e anche un filologo, e forse anche antropologo, psicologo e potrei dirne ancora. Mi piace un sacco, l’avete capito vero?
Siamo a Milano, quando non è determinante, il passato è passato (?), quello che è stato nei primi due volumi della trilogia (“Era l’estate del 1979” – “I vivi e i morti”) è assodato, ha lasciato delle tracce, ma ben altre ne verranno. Il protagonista, omonimo dell’autore, viene contattato dalla vedova di un vecchio amico. Ha bisogno di aiuto. Questo fatto riapre vecchi cassetti da cui escono sentimenti, ricordi, emozioni, e flussi ininterrotti di domande, dubbi e desideri. Paolo non ci pensa un minuto e vola in un Paese, straniero ma non lontano per lui e sua moglie, e si apre un nuovo cassetto, con altre domande. Al ritorno a Milano una persona in più si inserisce nello schema costruito dall’autore, una persona che c’era già, ma forse si era nascosta in uno dei cassetti. Se Paolo aveva per qualche minuto pensato che il suo compito si esaurisse in poche ore, in un’andata e un ritorno con breve scalo tecnico, si sbagliava. Dovrà, e poi vorrà, metterci ancora molto del suo.
Se evidenziamo quindi gli elementi fondanti della trama, la traccia risulta abbastanza semplice, lineare. Colpevoli ed assassini sono ai loro posti, sappiamo chi sono, ma il movente? E i collaboratori esterni? C’è qualcuno che può essere indagato per favoreggiamento? Nulla di tutto ciò. Questa storia poggia su una ricerca continua che il nostro autore porta avanti con l’aiuto dei suoi personaggi. Paolo, Anna, Greta, Bruno, Barbara si pongono le domande che tutti noi ci poniamo per capire dove sta e se c’è una verità.
E la prima , quella che abbaglia il lettore a poche pagine dall’inizio è questa:
“Perché diavolo abbiamo bisogno d’una qualche giustificazione per sentirci vivi, fuori dagli schemi, essere viventi in fondo? – Sai Anna, credo che la vita…sia un cazzo di impedimento. Un impedimento a essere noi, autenticamente. Cazzeggiamo…in attesa d’essere noi stessi. Di mollare ormeggi, ipocrisie e salpare verso la terra di nessuno, quella dove i martiri diventano eroi.”
Capite cosa state per leggere? Perché sono sicuro che leggerete “L’accordo – L’ombra”. Queste righe, queste considerazioni sono a pag. 23. Appena dentro casa. E sarà così per tutto il prosieguo della lettura. Ogni fatto che l’autore narra è impreziosito da considerazioni filosofiche o come ogni lettore vorrà definirle a piacimento, esistenziali, antropologiche, ontologiche, aggiungete quello che più vi piace, ma questa sembra un’autoanalisi dell’essere umano alla ricerca del Sacro Graal dentro di sè.
“Non vidi nulla, ma l’immaginai, e tanto mi bastò.”
Il nostro autore e il protagonista, ma non solo, hanno una fervida immaginazione che viene trasferita sulle pagine con abile maestria, utilizzando un linguaggio ricchissimo, di livello molto alto, con l’utilizzo di vocaboli ricercati, che sembrano davvero le pennellate decisive di un artista sulle sue opere. La luce di Caravaggio.
C’è un vocabolo in particolare, che ricorre molto spesso nelle 235 pagine del romanzo: trascolora.
Tante cose trascolorano all’interno di questa storia, persone, pensieri, paesaggi, situazioni. Tutto cambia (colore), ma in fondo nulla cambia, e il romanzo giunge alla conclusione, chiudendo un cerchio perfetto quale quello di Giotto, ma paradossalmente lascia aperte possibilità future. Io ci credo. Per un ulteriore motivo, per un atteggiamento letterario chiaramente percepibile anche negli altri scritti di Paolo Scardanelli: un certo fatalismo, cui fa puntualmente da contraltare un’evidente ultima possibilità. Non c’è inizio, non c’è fine, tutto scorre.
Buona lettura. Non perdetevi questa gioia!
Claudio Della Pietà
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“Le storie vanno, cominciano, e non finiscono, no, neppure con la morte…dopotutto, la vita è una mano perdente che, in ogni caso, vale la pena di giocare.”
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L’ACCORDO – L’ombra
Paolo Scardanelli
CARBONIO EDITORE
Collana Cielo stellato
Pag. 240
Euro 15,00