I molti “Perché” degli indiani narrati da un bianco.
Frank Bird Linderman (1869-1938) è stato uno scrittore americano, un politico alleato della comunità dei nativi americani, e un etnografo che visse con le tribù dei Piedi Neri e dei Salish, studiando la loro cultura e aiutandoli a sopravvivere alle pressioni dei bianchi.
Oggi è in libreria con Attorno al fuoco (titolo originale Indian Why Stories) una raccolta di racconti tradotti per la prima volta da Nicola Manuppelli, (Mattioli 1885, 2023 pp. 150, € 10,00).
Il libro di Linderman è un contributo senza pari alla letteratura sugli Indiani d’America, offrendo fin dall’inizio uno sguardo sul loro mondo passato: “Il grande Nord-Ovest, quella meravigliosa frontiera che ha richiamato a sé gli spiriti più arditi del mondo, sta rapidamente diventando una regione popolata; e davanti alla luce delle influenze civilizzatrici, l’indiano fedele alle proprie origini ha seguito il bisonte oltre il divario che il tempo ha posto fra l’epoca dei pionieri e quella delle masse”.
Il nativo americano era un vero amante della natura e un attento osservatore dei panorami e dei suoni che lo circondavano. Si dilettava a comporre racconti che offrivano spiegazioni fantasiose per ogni cosa, da semplici storie sulla creazione a racconti fantasiosi su come gli animali acquisissero determinate caratteristiche fisiche.
Questa affascinante raccolta di ventidue storie, compilata quasi un secolo fa da un cultore della tradizione indiana che le considerava “degne di essere salvate”:
“Vicino al centro dell’accampamento, c’era la grande tenda dipinta di Aquila di Guerra, lo stregone. Riuniti all’interno vi erano i nipoti, ai quali Aquila di Guerra raccontava le storie della creazione e delle strane gesta di Napa, il creatore. Dato che ero amico di quel vecchio cantastorie, non ebbi difficoltà a unirmi a loro e rimasi ad ascoltare insieme ai bambini finché non si fece tardi e sul muro della tenda il fuoco morente iniziò a far danzare le ombre, come una sorta di ammonimento.”
Ci sono spiegazioni intriganti su: “Perché gli uccelli dell’acqua hanno le loro belle piume“, “Perché il martin pescatore indossa sempre un copricapo da guerra“, “Perché la schiena dello scoiattolo striato è a strisce“, “Perché i Piedi Neri non uccidono mai i topi“, “In che modo la pelliccia della lontra divenne grande medicina'”, “Perché il puma è lungo e magro”, “Come l’uomo ha trovato la sua compagna”, “Perché ci sono dei tagli nella corteccia della betulla” e molti altri racconti ricchi di personaggi fantasiosi.
Queste favole, narrate con un linguaggio semplice e diretto, affascineranno i bambini, gli amanti delle fiabe e coloro che vogliono esplorare la cultura dei nativi americani.
Carlo Tortarolo
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Il grande Nord-Ovest, quella meravigliosa frontiera che ha richiamato a sé gli spiriti più arditi del mondo, sta rapidamente diventando una regione popolata; e davanti alla luce delle influenze civilizzatrici, l’indiano fedele alle proprie origini ha seguito il bisonte oltre il divario che il tempo ha posto fra l’epoca dei pionieri e quella delle masse. Con la sua scomparsa abbiamo perso gran parte del folklore aborigeno, ricco di personaggi fiabeschi, e strettamente collegato con la vita di questo popolo assai bellicoso.
C’è una grande differenza tra il folklore del cosiddetto Vecchio Mondo e quello dell’America. Trasmesse oralmente attraverso innumerevoli generazioni, le leggende popolari dei nostri antenati mostrano diversi esempi di distorsione e cambiamenti, per quanto riguarda il materiale narrato; ma a quanto pare l’indiano era troppo innamorato della natura e troppo orgoglioso della propria tradizione per poter dimenticare o cambiare gli insegnamenti dei propri avi. Ingenui nella loro semplicità – a cominciare dal moto stesso della creazione fino ad arrivare a spiegare il perché e il percome degli impulsi della natura e delle sue eccentricità – questi racconti mi sembrano degni di essere conservati.
L’indiano è sempre stato un amante della natura e un attento osservatore dei suoi molteplici umori. Le abitudini degli uccelli e degli animali, le voci dei venti e delle acque, il tremolio delle ombre e il mistico splendore della luce lunare: tutto lo attraeva. A poco a poco, formulò dentro di sé delle ragioni fantasiose per spiegare le miriadi di manifestazioni della Grande Madre e dei suoi numerosi figli; e, poeta per istinto, ha intessuto le trame di storie bizzarre, attraverso le quali trasmettere le proprie spiegazioni agli altri. Queste storie sono state tramandate di padre in figlio, con poche variazioni, attraverso innumerevoli generazioni, finché l’uomo bianco non è giunto a macellare i bisonti, conquistare le terre e lasciare i loro nativi ridotti a poco più che straccioni. Così i cantastorie tribali sono scomparsi, e solo qua e là si trova qualche vegliardo che ancora ama le leggende di altri tempi.
Il Vecchio Uomo, o Napa, come viene chiamato dalle tribù dei Piedi Neri, è il personaggio più strano del folklore indiano. A volte appare come un dio o un creatore, e altre come uno sciocco, un ladro o un pagliaccio. Ma per Frank B. Linderman – Attorno al fuoco l’indiano, Napa non è la Divinità; occupa una posizione alquanto subordinata, e possiede molti attributi che a volte hanno fatto sì che venisse confuso con lo stesso Manitù. In tutto ciò, c’è una curiosa eco degli insegnamenti degli antichi ariani, i quali credevano che questa terra non fosse opera diretta dell’Onnipotente, ma di un semplice membro di una gerarchia di dèi subordinati. L’indiano possiede la più alta venerazione per il Grande Dio, che è diventato familiare ai lettori di letteratura sui nativi con il nome di Manitù. Su di Lui non si raccontano storie futili, né alcun indiano Lo menzionerebbe in modo irriverente. Ma con Napa la questione è completamente diversa. Non sembra avere diritto a nessun rispetto; è uno strano miscuglio fra un umano fallibile e un potente dio minore. Commette parecchi errori e raramente ci si può fidare di lui, e le sue azioni e scherzi variano dal sublime al ridicolo. Di fatto, Napa compare in molte storie che non vale affatto la pena di raccontare.
Il mio scopo è raccontare ciò che so di queste leggende, mantenendomi il più vicino possibile allo stile di narrazione dei nativi, e usando solo storie raccontatemi dagli uomini più anziani delle tribù dei Piedi Neri, degli Ojibway e dei Cree.