È arrivato in libreria da poco “Demolition Job. Lettere all’usurpatore”, la nuova raccolta di racconti di Alfredo Zucchi, con una magnetica copertina firmata da Tite Calvo per Edicola ediciones.
Questa settimana rivolgiamo Le Tre Domande del Libraio ad Alfredo Zucchi, intellettuale, scrittore, editor, socio della casa editrice Wojtek Edizioni.
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Alfredo, questi racconti arrivano tre anni dopo “La Memoria dell’uguale”, raccolta uscita per Polidoro nel 2020 e tanto amata dagli estimatori della narrazione breve. Ci racconti come nascono, invece, questi cinque nuovi racconti e come sei approdato a una casa editrice di progetto come Edicola Ediciones ?
Questi racconti non erano previsti. Qualche anno fa, poco prima della della pandemia, stavo cercando di tornare su un romanzo, tuttora in lavorazione – in lavorazione da molti anni. Poi è successo qualcosa, mi è venuta un’idea: tre voci si dibattevano, perché a queste voci era stato sottratto il loro passato, la loro storia – dunque anche il loro futuro. Ma chi aveva operato questa sottrazione? Il narratore stesso? Ho scritto la prima versione di “Autobiografia di una funzione”, racconto che apre il libro, di getto. Rileggendolo, settimane dopo, mi sono detto che si stava aprendo una porta: c’era concatenazione, conflitto interno; c’era una storia interrotta che voleva essere racconta per salti e lacune. Sovrascritta, come musica. Una musica in alcuni punti dolorosa. Una volta messi insieme i testi, l’idea che ha guidato la chiusa del libro era quella di mettere insieme un’utopia della costruzione, cioè di scrivere di lotta e d’amore. Gli anni trascorsi dalla primissima stesura a oggi mi hanno mostrato questa sottile differenza (tra indulgere nelle inerzie del negativo e rompere le inerzie del negativo).
A differenza di altri libri, la cui collocazione ha richiesto lunghe ricerche, lunghe liste di rifiuti, in questo caso ho cercato pochissimi editori. Il motivo più lampante è che questo libro ha una forma molto strana ed è molto breve. Questi due elementi, di per sé, hanno tagliato fuori molti editori. Edicola Ediciones ha pubblicato negli ultimi anni libri importanti (penso soprattutto a Lemebel); è una casa editrice vicina a persone a me care, che ha in catalogo autori italiani di forme brevi e brevissime, come Livio Santoro (amico dai tempi in cui la scena delle riviste digitali underground aveva o pretendeva di avere uno slancio di elaborazione e di produzione letteraria); che ha un piede in Italia e un altro oltreoceano, in Cile (cosa, questa, entusiasmante per me dal punto di vista identitario). Alice e Paolo sono due persone a cui mi piace essere associato.
«In questo libro c’è una voglia di trasformare le cose, di utilizzare la letteratura per capire come provare a trasformare le cose, perché la letteratura al suo interno, a livello microscopico, rappresenta le relazioni di potere, incarna i conflitti e le tensioni che riguardano gli individui, i soggetti, e una dimensione più grande, quella della collettività. C’è in “Demolition Job” un’utopia della costruzione a partire dal punto più negativo, dal punto di distruzione. »
Alfredo, al netto di quanto sopra dichiarato vogliamo andare nello specifico di questa opera difficilmente collocabile, cercando di soffermarci sulla figura del narratore?
Il narratore detta legge. È la prima, inaggirabile incarnazione dell’autorità e della violenza – ma non sa ancora che i personaggi, i soggetti che abitano il libro, lo uccideranno. Tuttavia questi soggetti dovranno farsi carico di prendere il suo posto. Se si limiteranno al gesto di diniego, se rifiuteranno di assumere il punto di vista normativo, tutto questo, questo libro, persino le parole spese in questa intervista, saranno state inutili.
Nel libro si dice: “Questo è il cuore del conflitto, se scappiamo ora, se ci addormentiamo di nuovo, se ci fingiamo morti, non saremo mai esistiti. È il nostro momento.”
Vogliamo, Alfredo, spiegare bene chi è l’usurpatore del titolo e se poi, in finale, da fine intellettuale quale sei, ti va di consigliare qualche lettura per questo autunno da abbinare a Demolition Job?
L’usurpatore è una figura mobile. È il doppio, è il narratore, è la legge (l’ostacolo in sé). Nel racconto più lungo e articolato, “Resoconto sperimentale”, la figura dell’usurpatore diventa un fantasma: è la possibilità, prossima e incombente, del disastro. Nella chiusa, infine, l’usurpatore è chi legge, poiché a lui e a lei spetta di prendere i fili sciolti di questa storia e di dare loro seguito.
I salti (da un racconto all’altro; dalle scene narrative a quelle più teoriche; le discontinuità formali) che caratterizzano il libro riguardano una specie di rincorsa alle diverse apparenze che questa figura mobile assume, ogni volta diverse eppure riconoscibili, riconducibili a un’unica idea.
Mi viene di abbinare, alla lettura di Demolition Job, quella di Domicilio sconosciuto di Luciano Funetta, in cui il narratore, Guerra, parla del disastro incombente a partire dai salti e dalle cesure di cui sopra, cioè dagli spazi vuoti che rendono questi salti necessari, per quanto pericolosi.
BUONA LETTURA DI DEMOLITION JOB DI ALFREDO ZUCCHI