Ci sono libri di cui non si riesce a parlare per un verso o per un altro. Almeno, non se ne riesce a parlare nei tempi utili e necessari agli uffici stampa tantomeno si riesce in quelli del fare massa e sostegno all’autore, che se lo merita.
Accade quindi non perché il testo sia brutto, insipido, assolutamente non per questo, anzi. Una simile forma di incapacità, spesso si subisce nel momento in cui la storia appare più intrigante di altre, scritta meglio, a tal punto interessante per come tratta i personaggi da non permettere un ragionamento che la perimetri come si deve. Si è maledettamente dentro. E tanto forte è l’entusiasmo da ritrovarsi bloccati, con la penna in secca.
Problemi di un recensore non professionale? Mediocre? Chissà, ma quando accade è oltre che essere un dramma è anche una festa. Vuol dire che ci si è imbattuti in una narrazione capace di prenderci e portarci via con lei.
Avviene con Guaio di notte, romanzo che Patrizia Rinaldi ha licenziato per Rizzoli nell’ormai “lontano” febbraio 2023. Nove mesi sarebbero nulla rispetto alla persistenza in vita di un libro. Una volta si sarebbe detto ad alta voce che un libro non scade mai, oggi nemmeno lo si mormora: i tempi di invecchiamento sono precocissimi.
Avviene con un giallo, un thriller, se vogliamo etichettare questa storia. Avviene con un romanzo in cui, a ben vedere, la detection è posta volontariamente in secondo piano rispetto allo scavo che l’autrice compie sul carattere e la psicologia di ciascun personaggio. Lavoro che direi possa ben rappresentare Guaio di notte.
Rinaldi non è nuova a un simile tipo di lavoro.
Se guardiamo al suo personaggio a ora più famoso, ovvero Blanca, ecco che questa attenzione, questa curiosità tanto divertita quanto insistita sui caratteri si palesa già. Il che ci permette di ipotizzare una cifra stilistica, che corre per tutta la produzione dell’autrice napoletana. Anche in quella indirizzata verso il pubblico composto da ragazze e ragazzi (il cosiddetto settore Young Adult).
Cifra stilistica o metodo? Poco importa.
Importa invece il risultato, che è sempre eccellente e che in Guaio di notte viene a svilupparsi attraverso l’incontro, lo scontro e la collaborazione di due donne. Due universi femminili “anomali” in tutto e per tutto.
Il romanzo intero si può descrivere perciò come una lunga, inconclusa, estenuante schermaglia in punta di fioretto fra la ricca e decaduta Signora e il ragazzo/ragazza Andrea; fra una donna di oltre sessantacinque primavere, con grande esperienza pregressa, e un essere che nega il suo genere per nascondersi dietro un altro genere.
A essere onesti, la sfida a colpi di fioretto avviene non solo tra le due protagoniste principali, ma fra tutti i personaggi che appaiono in scena, indistintamente.
Però sono la Signora e Andrea ad avere un peso specifico maggiore e quindi a trovarsi maggiormente esposte allo scandaglio dei loro caratteri, delle loro psicologie, delle loro vite.
Diviso in quattro macrocapitoli Guaio di notte è, prima di un possibile thriller seriale (ne ha tutte le stimmate, a partire dal passato detto-non-detto delle protagoniste), un romanzo di donne. Ancora più precisamente: un romanzo sui loro universi personali, drammi inclusi.
Donne, le due protagoniste, che hanno un parterre esistenziale per certi versi parallelo; di certo mostrano un disperato bisogno, mai confessato apertamente, di una partner che sia capace di reggere il gioco e dare così la possibilità di ricominciare, di tornare a credere che il mondo giri dalla propria parte.
L’amalgama fra Signora e Andrea risulta perfetto e sembra avere come riferimenti intuibili la salacia e la sagacia di certo Conan Doyle alle prese con i battibecchi fra Holmes e Watson.
Bella è anche la capacità che Rinaldi ha del dilatare la trama saldando fra loro divagazione e fatto concreto, l’apparente parlare del nulla attraverso cui fornire informazioni necessarie al lettore e alla storia. È anche in questo falso girare a vuoto, passando da evento ad altro evento, che prendono vita le protagoniste di Guaio di notte. Entrambe sono in fuga da un passato che lascia il segno. Una inoltre vorrebbe muoversi verso un generico Nord, ma con Napoli nel cuore.
Si fermeranno prima, in una lussuosa spa nelle campagne toscane: Acque segrete.
Qui ci scappa il morto. Viene ritrovato cadavere Achille Livornesi, un assiduo frequentatore della residenza.
Situazione che casca a fagiolo per le nostre due, vista la loro necessità di unire pane a companatico se vogliono continuare la loro fuga. Si spacciano per detective grazie a quello che ha raccontato ad Aquilles il nipote di quest’ultimo.
Aquilles, è il figlio della vittima e non ha molta fiducia dell’operato della polizia, in questo caso il commissario capo Pier Francesco Corvi, guarda caso soprannominato dai suoi “l’inutile”, e il più agguerrito Marzio Mansi. Affidare alle due donne il suo desiderio di scoprire la verità dietro la morte del padre è l’unica strada.
Se già questa parte risulta un intrico di caratteri e motivazioni, il resto del romanzo non è da meno.
Fra rivelazioni sulla vita dei personaggi, sui loro caratteri, sui loro segreti, su altri eventi che rilanciano l’aspetto di detection, Guaio di notte non dà tregua al lettore.
Rinaldi inoltre spande una duttile coltre di humor nero su tutto, senza però mai perdere di vista quello che fanno e dicono le due donne, fino al disvelamento conclusivo della vicenda che occupa il sottofinale.
Le ultime pagine sono invece dedicate a quella che potremmo dire una apertura verso il futuro, con un terzo attore inaspettato a entrare completamente sotto la luce dei riflettori. Segno che già altre avventure bollono in pentola.
Sergio Rotino
Recensione al libro Guaio al buio di Patrizia Rinaldi, Rizzoli 2023, pagg. 324 € 17,00