L’11 ottobre 1849, due anni prima della pubblicazione del Moby-Dick, il romanziere americano Herman Melville si imbarcò su un transatlantico a New York e si diresse a Londra.
In Inghilerra, infatti, avrebbe vissuto per alcuni mesi mentre cercava un editore per il suo prossimo libro, White-Jacket. Scrisse questa pagina di diario il giorno prima di arrivare a Dover, dieci anni dopo aver visto per l’ultima volta le coste inglesi mentre lavorava su una nave mercantile. Melville tornò negli Stati Uniti all’inizio del 1850 e, ispirato dal suo viaggio in Europa, iniziò a lavorare al romanzo per il quale è oggi più conosciuto.
#
Domenica 4 novembre
Appena sveglio ho guardato fuori dalla finestra e ho visto di nuovo l’isola di Wight, molto vicina, con campi arati e altro. Leggero vento contrario – ci si aspettava di arrivare poco dopo l’ora di colazione. Verso le 10 abbiamo doppiato l’estremità orientale dell’isola, quando è calata la calma piatta. La città è visibile al telescopio. Siamo rimasti in bonaccia per circa tre o quattro ore. Nebbia e pioggerellina; musi lunghi a cena – senza inservienti. Alla fine il vento è arrivato da ovest. Abbiamo sistemato i pennoni e siamo partiti alla volta di Dover, distante 60 miglia. Alle 6 (sera) abbiamo superato Dungeness e poi abbiamo visto il fanale di Beachy Head. Sono state terzarolate le vele di prua per non correre troppo.
Ora prevedo di scendere a terra domani mattina presto a Dover e di raggiungere Londra passando per la cattedrale di
Canterbury. Mi è stato dato un misterioso suggerimento sul mio cappotto verde. Ho parlato con il pilota dei pericoli della Manica. Ha raccontato di aver investito un brigantino con un piroscafo e così via. Sono le otto di sera. Sono solo nella mia cabina, con la lampada nel bicchiere. Nonostante le delusioni passate, sento che questa è la mia ultima notte a bordo del Southampton. Domani a quest’ora sarò sulla terraferma e sulla terra inglese dopo dieci anni – allora marinaio, ora H. M. autore di “Peedee”, “Hullabaloo” e “Pog-Dog” [“Typee”, “Omoo” e “Mardi”, le sue opere precedenti]. Per l’ultima volta metto da parte il mio “diario di bordo” per aggiungere una o due righe alla lettera di Lizzie, l’ultima che scriverò a bordo.