A partire dai quattordici anni d’età, Jack Kerouac era solito annotare i suoi pensieri, le sue frustrazioni e le sue aspirazioni su un taccuino a spirale. Quando scrisse queste note, nel settembre 1948, Kerouac aveva ventisei anni e il suo primo romanzo, The Town and the City, non aveva ancora trovato un editore. Alimentato da un potente miscela di fiducia e indignazione, era determinato a vedere il suo lavoro stampato e considerava i “guardiani” dell’industria editoriale non solo come ostacoli ma come avversari, che si frapponevano tra lui e un pubblico che credeva avrebbe apprezzato il suo lavoro. Due anni dopo, The Town and the City fu pubblicato con un discreto successo. Ci sarebbero voluti altri sette anni prima che l’autore raggiungesse un’ampia notorietà con la pubblicazione di On the Road, opera che avrebbe segnato una generazione.
GIOVEDI’ 9 SETTEMBRE – Ho ricevuto una letetra di rifiuto da MacMillan. Ogni volta che succede una cosa del genere divento più fiducioso e più arrabbiato, perché so che “The Town and the City” è un grande libro a modo suo. E lo venderò. Non mi fregheranno gli editori che vogliono ridurre tutto alle formule superficiali di quest’epoca. Quanti libri “dimenticati in un mese” devono pubblicare prima di capire cosa stanno facendo? Proprio come i film, e come un’infinità di prodotti a basso costo che si esauriscono con la stessa rapidità con cui vengono prodotti, sfornano a settimana queste storie a basso costo di “attualità” o di “interesse umano-piccolo villaggio nel Messico-rappresentante l’uomo-senza-spirito”, o libri di celebrità, o romanzi “arrabbiati” pieni di sesso e violenza.
Sono pronto a qualsiasi battaglia, contro chiunque, in difesa di questo eccellente libro che ho scritto, che viene dal cuore e dal cervello – è solo incidentale, in un senso significativo, che venga dal mio cuore e dal mio cervello, – e anche se dovessi andare a morire di fame sulla strada non rinuncerò all’idea che dovrei guadagnarmi da vivere con questo libro: perché sono convinto che piacerà alla gente quando il muro degli editori e dei critici e degli editor sarà abbattuto. Sono loro, per Cristo, i miei nemici, non l'”oscurità” o la “povertà” o cose del genere. Sono loro, la classe parlante (che cerca di razionalizzare se stessa a partire da un materialismo di base) il nemico del popolo di questo Paese. Sono loro che costruiscono New York e Hollywood, e inondano le nostre radio di inanità, e i nostri giornali e riviste di idee sterilizzate… Intendo la grande classe dei “colletti bianchi superiori”, i pendolari, le persone con una figlia “progressista” mocciosa di sei anni e figli che chiamano i loro padri “papà”. Per Dio, forse dovrei tornare in Canada. Ma non lo farò: preferisco fare il giro con la mazza da baseball. Stasera ho finito e scritto il capitolo finale. L’ultima frase del romanzo: “Ci furono schiamazzi, saluti e baci, e poi tutti cenarono in cucina”. Intendo dire che quest’ultimo capitolo non piacerà alla gente di questo Paese? – O sarebbe meglio se dicessi: “Tutti cenarono nella sala da pranzo”. Ma il lavoro è finito.