Per Le Tre Domande del Libraio questa settimana su Satisfiction incontriamo Eduardo Savarese , magistrato e scrittore di romanzi tanto amati dai lettori , come “Non passare per il sangue”, “Le inutili vergogne”, “Le cose di prima”, ma anche dei saggi narrativi usciti per Wojtek Edizioni come “Il tempo di morire” e “È tardi “. E proprio per Wojtek Edizioni è uscito lo scorso ottobre il nuovo romanzo, intitolato Le madri della sapienza.
Eduardo, ho avuto il privilegio di leggere le bozze di questo testo un paio di anni fa e so che hai cominciato a scriverlo diverso tempo prima. Un romanzo che ha per protagonista un giovane primo ministro, Anselmo Riccardi, nato dalla gestazione per altri e a capo di una coalizione governativa ultra-conservatrice con l’ossessione di rifondare la famiglia tradizionale. Quasi una preveggenza la tua degli anni bui e complessi che stiamo vivendo. Ci racconti l’immagine iniziale che ha dato avvio all’idea di questa narrazione avvincente che pone interrogativi al lettore di una bruciante attualità e ci spieghi pure la scelta di pubblicare nella Collana Orso di Wojtek Edizioni, di cui ricordiamo sei uno degli editori?
L’immagine iniziale è questa: tre uomini vicini a 70 anni, molto amici, che hanno deciso di abitare insieme un ex monastero, di indossare vesti candide, e fondare una specie di ordine neo-monastico laico, dove poter esprimere liberamente, ironicamente, a volte anche provocatoriamente, la loro condivisa dimensione spirituale cristiana. L’immagine iniziale è di gioia, con qualcosa di folleggiante e di spensierato. Volevo tre personaggi maschili molto diversi, con un passato anch’esso molto diverso, accomunati dall’orientamento sessuale (gay) e dalla fede. Da questo nucleo originario sono poi derivati altri personaggi, e le contrapposizioni che si agitano in tutto il romanzo. Quel che è certo, è che volevo divertirmi, scrivendo, e volevo osare, in varie direzioni e su più livelli. Quanto alla scelta editoriale, è andata così. E ti ringrazio di questa domanda, in particolar modo. La mia presenza come editore in Wojtek prende avvio quando avevo già pubblicato Il tempo di morire (2019) e avevo poi deciso di continuare in Wojtek col successivo libro, È tardi! (2021). Come ho avuto spesso modo di raccontare, dopo quattro libri (tre con e/o e uno con minimum fax), Il tempo di morire non riusciva a trovare collocazione editoriale, un po’ per la sua forma, un po’ per i contenuti. Una cosa tanto più frustrante quanto più, almeno ai miei occhi, sciocca (è un libro che è andato bene e continua a trovare lettori). Con Wojtek ho provato di persona quanto valga, nel panorama editoriale, avere la possibilità di pubblicare con piccole case editrici indipendenti di grande qualità. In qualche modo, ho assaporato la libertà editoriale sulla mia pelle, di autore, di intellettuale, e quel gusto non solo mi è piaciuto, ma mi ha entusiasmato al punto da indurmi a divenire editore. Mi sembra che questa scelta rientri in un mio sistematico bisogno di tentare piccole battaglie di libertà effettiva. Ecco: tutto questo per dire che mi pareva giusto che, dopo che avevano avuto avuto il coraggio di sostenermi con due libri abbastanza spiazzanti e ibridi, agli altri editori di Wojtek dessi da leggere e, ove avessero ritenuto, da pubblicare un mio lavoro di pura fiction.
C’è una maga che guida le mosse di questo ministro, si chiama Ulrica Neumond ed è la fondatrice della Casa Europea dei Nuovi Ariani. L’elemento soprannaturale va a innestarsi a temi di cocente realismo. Ulrica mette gli occhi su un antico monastero dove risiedono Le madri della sapienza, che hanno avuto un ruolo determinante nel passato di Anselmo e nella vita di suo padre Ruggero. I nostri lettori forti di Satisfiction sono particolarmente attratti dalla trama dei romanzi che presentiamo: con la capacità di sintesi che ti caratterizza, riusciamo a raccontare i vari personaggi che animano la narrazione partendo dal racconto di chi sono le sgangherate e simpaticissime madri della sapienza del titolo?
La trama delle Madri, effettivamente, è ricca. Di personaggi. Di avvenimenti del passato e del presente. Di visioni e apparizioni. Dicevo del nucleo originario, le Madri della Sapienza. Fernando, Luciano e Giorgio, i quali sono anche dotati di tre variazioni al femminile, derivate da una devozione cattolica specifica (sono i nomi delle zie di San Luigi Gonzaga: Gridonia, Cinzia e Olimpia). Il monastero dove vivono sorge su un’isola minuscola in mezzo a un lago di acqua salata. Ad abitare il monastero ci sono anche Nicoletta, una giovane trans addetta alle acconciature, il maestro Limongiello, che dirige il coro essendo stato un discreto tenore rossiniano… Tutto sembra in armonia, visto che all’unanimità Luciano-Cinzia è stato nominato come priore/badessa delle Madri. La loro pace viene però turbata da due arrivi. Il primo, apparentemente innocuo, vede la presenza di una loro vecchia amica, artista inaffidabile e vanesia, Agnese (che resterà con le Madri). Il secondo arrivo è ben più inquietante: infatti a visitare le Madri andrà il neoeletto premier di destra, Anselmo Riccardi, accompagnato dalla sua unigenita undicenne, Licia. Vi è un legame tra le Madri e Anselmo: un legame genitoriale che, nel corso della storia, si trasformerà fino a trasfigurarsi. Ma di più non mi è lecito dire… Piuttosto, bisogna dire che questo aitante premier di destra nacque dalla gestazione per altri per volontà di un padre, Ruggero, che fu senatore progressista militante per i diritti civili, soprattutto dei gay, e che gli è alleata indomita una moglie volitiva, ambiziosa quanto lui: Barbara. A chiudere questa carrellata di personaggi, ecco due figure piuttosto inquietanti, anzi tre. La prima l’hai subito chiamata in causa tu: è Ulrica Neumond, potente e raffinata maga tedesca, inflessibile wagneriana, che di Anselmo è consigliera. La seconda è l’intellettuale sprezzante e luciferino (aggettivo che non uso a caso) Fosco Nunziante: in lui ho voluto rappresentare il tormento dell’uomo di cultura nella sua solitudine che cerca, se ha un’anima, sempre e comunque una forma di definitiva redenzione, in questo mondo e nell’altro. E infine: il drago. Del quale nulla possiamo dire qui, se non che apprezza Borges, riconosce i testi delle mistiche, e subisce gli effetti della storia di Parsifal…
Temi profondissimi come la genitorialità, la fecondazione assistita, le scelte legate alla cristianità, gli affetti e la cura, e la libertà di coscienza, già presenti negli ultimi saggi narrativi, tornano, con una commistione di generi e tra scenari complessi e visionari, in questa narrazione modernissima. Ci vogliamo soffermare sulla scelta formale e quindi sulla ricerca e lo studio del linguaggio per rendere ritmato ma soprattutto credibile tutto quanto?
Mentre la storia mi si andava chiarendo – ci pensavo e ripensavo, abbozzavo scene, prendevo appunti ecc. -, avevo chiare due linee direttrici concettuali. In ognuna delle tante storie riversate dentro il romanzo, luce e tenebra, erba buona e zizzania, ambizioni malvagie e desiderio di bene dovevano coesistere, anzi, più che coesistere, cooperare, mescolandosi, sovrapponendosi, intrecciandosi. L’idea, attinta in parte dal Faust goethiano, che Mefistofele/Lucifero, volendo far male, produce involontariamente bene, insomma. L’altra linea discende dalla mia ormai annosa meditazione sul potere, sul potere e la paura, da un lato, e sulla dimensione della fede come assenza di paura, affidamento, avvertire l’essenza di figli di un Padre (il Macbeth di Shakespeare e di Verdi, e alcuni passaggi di San Paolo mi hanno guidato costantemente). E questa contrapposizione potere/paura, amore/coraggio non era mai stata al centro di un mio romanzo. Credo che, in questo, la mia vita di magistrato da quasi vent’anni abbia avuto un peso specifico. Ma queste due linee di pensiero, per così dire, per me dovevano portare a relativizzare tutto, quasi tutto, fuorché la Sapienza dell’Amore. La relativizzazione del reale così come lo percepiamo nella nostra vita di tutti i giorni si è attuata, in questo romanzo, con continue presenze fantastiche, che però volevo integrate perfettamente nel ‘reale razionale’ in cui agiamo come bravi animali razionali. Per il dosaggio di tutto questo (che non so se sia riuscito, o totalmente riuscito), ho voluto continuamente scivolare di genere in genere, e certamente il melodramma, soprattutto il dramma wagneriano (ivi compresi I maestri cantori di Norimberga) ha costituito la forma del mio immaginario, quell’intreccio di piani tematico-formali che richiede un’immersione totale del lettore fino all’ultimo rigo dell’ultima pagina. Mi è stato via via sempre più chiaro, mentre scrivevo, che per accogliere il lettore nella storia delle Madri, nei tanti temi, richiami, luoghi, memorie che l’abitano, ci volesse, mai come in questo caso, una lingua trasparente, precisa, scorrevole: un torrentello leggero che dai monti scende a valle, un po’ metafisico e un po’ sensuale, un po’ inafferrabile e un po’, anche, corroborante.
Buona Lettura de Le Madri della Sapienza di Eduardo Savarese.