Le parole sono importanti.
E quando sono tali penetrano in profondità nella mente scavando profondi solchi nella memoria.
Le parole provocano dolore perché scavano, scavano e scavano obbligandomi, attraverso la persistenza di quello stesso dolore, a sentirle anche quando non vorrei.
Quante cose mi hanno insegnato le parole… quanti nuovi pensieri e quante nuove emozioni.
Quante nuove…
Ogni parola mi ha spalancato ad un mondo e quel mondo mi ha fatto incontrare altre parole le quali hanno aperto la porta ad altri mondi ancora.
Quante sono le parole che avrei dovuto dire e non ho ancora pronunciato?
Rivolte alle persone che ho amato, che ho odiato, ai miei amici, ai miei nemici, alle persone che amo ed a quelle che odio…
A volte penso a tutto quell’oceano di silenzio e risentimento, a tutti quei momenti in cui la parola è mancata.
Era necessario che mancasse?
Era necessario che mancasse per farmi soffrire nella carne la mia inadeguatezza davanti alla dimensione inimmaginabile del mio stesso sentire?
La parola che possedevo e possiedo non è mai stata sufficiente; non quella parola che per ignoranza non conosco, ma anche la parola perfetta, la parola che dovrebbe contenere il senso di quella dimensione.
La parola è un contenitore, può solo avvicinare al sentire o al sapere, ma l’essere umano non può essere contenuto, l’essere umano non ha confini.
Io non ho confini…
Forse è per questo motivo che è nata la poesia, per “portare verso”.
Con un insieme di parole, vuoti, associazioni, “portare verso”.
Vorrei poter scrivere “portare verso la comprensione”, ma la comprensione è un altro limite di chi non ha intuìto la vastità.
Poesia e arte…
L’arte nasce sulle ceneri della parola, nasce dalla necessità di esprimere quel che le parole non possono.
Nasce dalla necessità di sentire nel creare la dimensione dell’inimmaginabile e dell’incontenibile, nasce per poter dare e dire qualcosa che non potrei altrimenti.
Io non potrei altrimenti…
Nell’arte vedo tutto di me, i miei sogni, i miei desideri, i miei amori, i miei disamori, la mia sofferenza. A volte spero di essere l’unico a vedere, e probabilmente così è… forse complice del fatto che le persone non hanno più tempo per soffermarsi a guardare.
Conosco poco dell’arte, conosco così poco ancora…
Quante sono le parole che non ho mai detto?
E quante quelle che non dirò mai?
Le sento risuonare, le voglio custodire.
Per sempre, dentro.
Che rimangono nel profondo della mia mente, o del mio cuore. Scavando, scavando e scavando. Perché lì son grandi, vere, sincere. Fuori sarebbero… poco.
E non voglio che siano così poco.
Forse, non averle mai pronunciate, è quel che rende la vita così struggente.
I ricordi, gli sguardi, il cielo d’inverno…
Alzo lo sguardo e vedo le nuvole muoversi: una linea dritta sopra il mare. Come potrei mai descrivere tale vastità?
Ecco il perché dell’arte… per tutte le parole che non ho mai detto, per tutte le parole che non dirò mai.
Paolo Maggis