Quando, nell’ottobre del 1940, scrisse questa nota nel suo diario nel suo diario, André Gide stava vivendo un periodo storico caotico. Titano della letteratura francese, noto per opere penetranti come L’immoralista e I falsari, Gide si trovava alle prese con il profondo impatto che la Seconda guerra mondiale e l’occupazione della Francia avevano sulla cultura e sui sentimenti dei francesi. Sette anni dopo la stesura di questo articolo, Gide ricevette il Premio Nobel per la Letteratura “per i suoi scritti esaurienti e artisticamente significativi, in cui i problemi e le condizioni umane sono stati presentati con un impavido amore per la verità e un acuto intuito psicologico”.
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12 ottobre
L’arte abita regioni temperate. E senza dubbio il danno maggiore che questa guerra sta facendo alla cultura è quello di creare una profusione di passioni estreme che, per una sorta di inflazione, porta a una svalutazione di tutti i sentimenti moderati. L’angoscia morente di Rolando o l’angoscia di un Lear privato del potere ci commuove per la sua qualità eccezionale, ma perde la sua speciale eloquenza quando viene riprodotta simultaneamente in diverse migliaia di copie. Isolata, è una vetta di sofferenza; in una raccolta, diventa un altopiano. Comprendo l’individuo; nella moltitudine rimango sconcertato. Lo squisito diventa banale, comune. L’artista non sa da che parte girarsi, né intellettualmente né emotivamente. Sollecitato da tutte le parti e incapace di rispondere a tutti gli appelli, si arrende, in perdita. Non gli resta che rifugiarsi in se stesso o in Dio. Ecco perché la guerra offre alla religione facili conquiste.