I Balcani stanno scomparendo. Politicamente dimenticati da un’Europa che negli ultimi vent’anni ha preferito aprirsi a Est fino a inglobare gli ex satelliti sovietici, lasciando così un grande vuoto nel proprio cuore geografico e storico.
La scomparsa dei Balcani è un viaggio dentro questi territori, con l’invito a riscoprirli. Perché, per Ronchi, dentro quest’apparente vuoto si agitano invece forze in grado di condizionare il futuro dell’intero continente. Innanzitutto, il ritorno del nazionalismo serbo che scuote Belgrado e altri paesi della regione, soprattutto la Bosnia. E poi il Kosovo e il Montenegro, anch’essi tutt’altro che immuni dal revival nazionalista.
Nell’analisi di Francesco Ronchi emerge chiaramente come l’Europa, o meglio l’Unione Europea si sia quasi completamente dimenticata di paesi quali Serbia, Bosnia, Montenegro, Kosovo, Macedonia del Nord, Albania. Persino Ucraina e Moldova sono candidate a entrare nell’Unione all’interno della quale si discute addirittura di un eventuale allargamento verso la Georgia e le montagne del Caucaso.
Ma la scomparsa dei Balcani è anche una sparizione fisica, un abbandono materiale: molti villaggi sono in rovina e si sgretolano per l’incuria. Ricorda l’autore che, negli ultimi decenni, milioni di donne e uomini, soprattutto giovani e istruiti, hanno abbandonato le loro terre, creando così in vertiginoso vuoto demografico. Questa voragine si somma alle centinaia di migliaia di persone fuggite dai conflitti degli anni Novanta.
Se, nei primi anni Duemila, la regione faceva passi in avanti sul piano della riconciliazione e del superamento degli aspetti più mortiferi del suo passato, nell’ultimo decennio si è invece assistito a un moto contrario che ha in parte annullato i progressi precedenti. Negli ultimi anni nei Balcani la nazione, la terra, i confini, con la loro gravità e solidità, ritornavano a essere elementi imprescindibili della politica e della società.
Ronchi ricorda al lettore che sono proprio i contrasti attorno ai confini e alla terra a determinare la politica nei Balcani, invitandolo a riflettere sugli scambi di territori tra Kosovo e Serbia o al fatto che molte frontiere della regione sono al centro di contese fra stati.
Come un specchio riflettente, i Balcani ricordano ciò che l’Europa è stata nel Novecento, che ora non è più ma potrebbe tornare a essere. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui, secondo l’autore, li abbiamo fatti scomparire dalla nostra visuale. Per paura più che per oblio.
In questo quadro, inoltre, non bisogna sottovalutare i costanti segnali guerreschi, la continua evocazione della guerra e il linguaggio di odio che ancora divide gruppi etnici e nazionalità. Quasi come se il conflitto non possa ritornare nella regione non tanto per una scelta deliberata, per una decisione di principio, maturata nella politica e nella società, ma per una impossibilità pratica, dovuta a una momentanea assenza di risorse economiche, umane e militari. Una pace riluttante, subita più che cercata.
Inoltre, dalla lettura de La scomparsa dei Balcani, emerge chiaro quanto questo vuoto si stia riempendo di forze oscure. Innanzitutto organizzazioni criminali le quali, grazie a corruzione e clientelismo, catturano le strutture stabili e le piegano ai loro interessi.
E Ronchi avverte di non cadere nell’errore di ritenerle mera espressione di un mondo criminoso arcaico. Nei Balcani si sviluppano e testano moderni e sofisticati strumenti criminali.
Nella parte Nord del Kosovo, contesa fra Belgrado e Pristina, dove non sembra imporsi alcuna chiara sovranità, sono sorte miniere di criptovalute, capaci di sfornare bitcoin poi utilizzati anche come strumento di riciclaggio in tutto il mondo.1
Persino i risultati delle elezioni americane hanno in qualche maniera a che vedere coi Balcani. Le basi operative di molti siti web che hanno organizzato e diffuso negli Stati Uniti la disinformazione pro trumpiana si trovano nella regione.
Veles, una piccolissima cittadina nord-macedone, era arrivata a ospitare nella campagna elettorale 2016 migliaia di siti politici che disseminavano fake news a favore di Trump.2
Per cui, sottolinea Ronchi, i Balcani rischiano di diventare sempre più un “buco nero” che si presta a essere utilizzato come retroguardia strategica. E chi la controlla contribuisce a influenzare indirettamente anche i centri di potere globale.
La scomparsa dei Balcani è il risultato di anni di viaggi e incontri fatti da Francesco Ronchi nei luoghi dei Balcani, visitando le capitali certo ma soprattutto i villaggi, le comunità. I luoghi lontani dai grandi flussi e centri. Ricercando i Balcani persino lontano da essi: a Ridgewood per esempio, ai margini di New York, dove gli eredi dei Gottschee, la minoranza tedesca dei Balcani scacciata da Tito nel secolo scorso, ancora si incontrano per parlare il tedesco antico.
In queste periferie di quella grande periferia europea che sono oggi i Balcani, l’autore ha ricercato l’abbandono più della presenza, l’estinzione che si confonde con la persistenza. Perché, spesso, nelle piaghe della storia, nei margini, nelle ombre, nelle finis terrae si colgono inaspettatamente la direzione e il senso della storia globale.
La direzione e il senso del libro di Ronchi rientrano a pieno titolo in quel filone di studi orientato alla creazione di una solida memoria storica e contemporanea dei mali, delle scelte e delle decisioni compiute dal genere umano che bisogna conoscere per modellare correttamente il presente e sperare di crearne uno migliore per il futuro.
Irma Loredana Galgano
#
Francesco Ronchi, La scomparsa dei Balcani. Il richiamo del nazionalismo, le democrazie fragili, il peso del passato, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli – Cz, 2023.
#
1Panic as Kosovo pulls the plug on its energy-guzzling bitcoin miners, in «The Guardian», 16 gennaio 2022
2H. Hughes, I. Waismel-Manor, The Macedonian Fake News Industry and the 2016 US Election, in «PS: Political Science &Politics» LIV, 1, 2021