A partire dall’età di ventuno anni, Joyce Carol Oates – scrittrice con più di cinquanta romanzi e numerosi premi letterari al suo attivo – ha tenuto una sorta di diario, ma è stato nel 1973, all’età di trentacinque anni, che ha iniziato le cinquemila pagine ora conservate presso l’Archivio Joyce Carol Oates della Biblioteca della Syracuse University.
Quando, nel 1981, scrisse la seguente annotazione, la Oates era nel bel mezzo della stesura di The Crosswicks Horror, un nuovo romanzo della sua serie gotica iniziata un anno prima con l’uscita di Bellefleur. Si dà il caso che questo nuovo capitolo non sia stato pubblicato per altri trentadue anni e, quando è apparso, portava un nuovo nome: The Accursed.
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8 giugno 1981
La mattina presto, lampi di immagini nel cervello: e cos’è la scrittura, allora, se non il piacevole compito di adattare le parole ai ritmi. . . . Il mio abile narratore: lo strato che lo divide da me e dai personaggi del romanzo; i personaggi stessi nei loro mondi separati e fantasmatici. . . .
Il mondo subacqueo dell’immaginazione in cui bisogna entrare, ma anche resistere, perché vi si può annegare.
. . . Ora dopo ora, l’elemento “subacqueo”! A volte mi sembra di poter scrivere all’infinito, a malapena risalendo in superficie per mangiare o anche solo per respirare. Un’immagine, inseguita, esaurita, ne genera un’altra. . . . Il mio narratore, ossessionato dalle parole (parole lunghe e “impressionanti” del XIX secolo!) e dai ritmi delle parole, è il mio compagno perfetto. In ogni caso, l’orrore di Crosswicks lo ha fatto impazzire, come farebbe impazzire chiunque di noi, se ne avesse la forza morale.