Un grande lago coperto di ghiaccio in un inverno gelido e buio. Un uomo di mezza età cammina per ore verso una sponda “che immaginava più vicina”. Insegue una meta imprecisata, invisibile. La prima scena di Romanzo senza umani, l’ultimo libro di Paolo Di Paolo, ci mostra un luogo spettrale e poco rassicurante, con al centro uno sconosciuto venuto da chissà dove. L’uomo di mezza età si chiama Mauro Barbi, fa lo storico; il lago è il lago di Costanza: quattro secoli e mezzo fa, tra il 1572 e il 1573, per un anno intero rimase ghiacciato per effetto di un fenomeno classificato come “Piccola era glaciale”. Mauro, che a quel congelamento ha dedicato degli studi, oggi ritorna sul lago per provare a ricostruire un pezzo della propria vita, una parentesi di qualche lustro che per qualche strana ragione dev’essergli sfuggita. È un uomo assente, distaccato, introverso, distratto. Diciamola tutta: Mauro è un uomo antipatico, un misantropo che per pensare a “quel cazzo di lago” si è perso un sacco di cose perché mentre succedevano lui era altrove. Entrando in un negozio di pc, Mauro si accorge che il commesso è un suo ex allievo, lo riconosce subito, ma il commesso non riconosce lui. Il fatto lo turba: come è possibile che un anno di supplenza non abbia lasciato nessuna traccia? “Cosa ricordano, gli altri, di noi?”. È l’episodio che accende la storia: Mauro capisce che è arrivato il momento di uscire da quella criogenesi virtuale che si è autoimposto e di comprendere le ragioni dello “spopolamento” che è avvenuto (accaduto) nella sua esistenza. Che fine hanno fatto: Fiore, Cardolini, Meri, Arnaldo Cicchese, Ragazza belga di Madrid, Pamela Mangione, Anna & Sofia?
Il misantropo ravveduto parte per Monaco con in testa una lista di nomi e di buoni propositi. Risponde a delle mail che aveva ricevuto quindici anni prima. Prova a riannodare i fili di una vita rimasta in stand-by dentro un limbo insondabile e misterioso, buio come le acque del lago che ha studiato. Il primo ricordo: Susanna. Tra loro una tenera amicizia sul punto di…, l’attimo fuggente, uno dei tanti, che Mauro non ha afferrato “Che ce ne facciamo di una storia d’amore che non abbiamo avuto? Del sesso che non abbiamo fatto? Farlo adesso avrebbe senso?”. E delle canzoni di David Bowie che Meri aveva selezionato per lui su quell’iPod bianco prima che salisse sull’aereo, ha ancora senso ascoltarle oggi? Tra i rimpianti e i sensi di colpa c’è affinità. Romanzo senza umani è una storia pervasa di malinconia. Un romanzo sulla memoria collettiva, che poi è una menzogna anzi una truffa scrive Di Paolo, un romanzo sulla memoria perduta di Barbi, semmai. Mauro è uno stranulato, un uomo fuori posto, come certi protagonisti dei romanzi di Saul Bellow, maestro del romanzo borghese e conversato – questo è un romanzo borghese e conversato. Un uomo proiettato nel passato, incapace di vivere il presente: quando propone una diretta televisiva dal lago, il responsabile del programma gli spiega che la vicenda storica di quattro secoli fa non interessa a nessuno, che la gente vuole sapere se quel gelo potrà ripetersi oggi.
L’Herzog di Di Paolo e il suo lago ghiacciato sono la stessa cosa. Mauro è un uomo solo. In una delle scene più belle – nannimorettiana – del romanzo lo vediamo al telefono a mendicare una improbabile familiarità con Consuelo, la ragazza che lo ha investito in un incidente d’auto. Mauro è la parte lesa, ma Consuelo gli vomita addosso tutto il suo odio perché le hanno ritirato la patente. Gelo/disgelo, assenza/presenza: Mauro è un “Uomo in bilico” tra rimpianto e desiderio, storia e attualità, le sue dicotomie sono al centro di ogni capitolo del libro. Il minimalismo di Di Paolo con la sua prosa rigogliosa ma strozzata in frasi brevi, fa uno strano effetto. Di Paolo è uno scrittore colto che non rinuncia al pop, e le sue storie sono spesso dominate dal fattore tempo, nella accezione più ampia della parola (ricordo, nostalgia ecc). Mentre scrivo queste poche righe Romanzo senza umani viene annunciato tra i dodici finalisti al premio Strega. Cosa aggiungere… in bocca al lupo, Paolo.