È l’angolo estremo del continente americano, in alto, a ovest, guardando la mappa. Uno Stato americano che non confina con nessun altro Stato americano. Nel 1956, quando ha inizio questa storia, l’Alaska non è neppure uno Stato ma una terra di nessuno, con poche strade, poche case. Insomma, un posto selvaggio, inospitale, per quanto anche adesso…
Melinda Moustakis è cresciuta in California ma è nata lì. Una quindicina d’anni fa, la sua raccolta di racconti Bear Down, Bear North vinse premi prestigiosi come il Flannery O’Connor Award. Con 150 Acri, il suo primo romanzo, in Italia edito da Atlantide con la traduzione di Ilaria Oddenino e Marco Bianco (bellissima la cover di Andrey Osadchikh), Moustakis ci porta nella sua terra di origine per raccontarci una vicenda familiare di sfide coraggiose, dura e lirica come certi classici della letteratura Western. Quando parte dal Texas per fare visita alla sorella maggiore Sheila, che vive col marito ad Anchorage, una cittadina sulla baia di Cook, Marie è poco più di un’adolescente. L’incontro casuale con Lawrence è un gioco di sguardi e nessuna conversazione.
Lawrence è arrivato dal Minnesota per costruirsi una casa su una terra concessa, e per mettere su famiglia “La prima donna che gli sembri in grado di resistere a un inverno nella casa di legno, Lawrence le chiederà di sposarlo”. È un uomo di poche parole, burbero. Dorme su un divano in un vecchio scuolabus, e intanto sogna la sua casa di legno e una dozzina di figli. A Marie, Lawrence non chiede nulla. Su un biglietto scrive 150 acri. Una promessa. Un invito. Una provocazione. Dopo pochi giorni sono già sposati. Il romanzo parte da qui. Il matrimonio tra Lawrence e Marie è un salto nel buio: i due non si conoscono, non c’è nulla che li lega se non quel coraggio, forse incoscienza, di sfidare l’ignoto. La storia è il lungo diario di una coppia che vive un apprendistato lento e difficile. Costruire è la prima parola chiave. Costruire la casa, costruire la famiglia, costruire il futuro “il matrimonio è uno strumento per avere figli”. Destino è la seconda. Esserne parte, assecondarlo contro la malasorte. E poi sacrificio, tolleranza. Preservare. Ma prima di tutto la grammatica dei luoghi: sterpaglie, fango, paludi, melma, tronchi, neve, orsi. Il paesaggio domina. I personaggi sono pochi come gli abitanti. Oltre Lawrence e Marie, c’è l’altra coppia: Sheila e Sly, e poi Joseph, il padre di Lawrence, che nella parte centrale del racconto avrà un ruolo importante: aiutare figlio e nuora a costruire la casa e salvare il loro matrimonio da una serie di incomprensioni e da un dramma che rischia di azzerare ogni piano. Passano i giorni, i mesi, la routine di Lawrence e Marie è una sequenza di gesti e di procedure faticosi. Lawrence ha un passato di cui non va fiero. Il suo lato oscuro è uno dei temi del libro. Ma di argomenti ce ne sono diversi: il senso e il significato dell’appartenenza, l’identità, la noia, la sopportazione del dolore e la sua condivisione.
150 Acri è una parabola biblica, uno straordinario romanzo di frontiera, una storia d’amore e di fede che fa pensare ad autori come Jack London e Ron Rash, ma anche al Pennacchi di Canale Mussolini.