Silvano Scaruffi, Romanzo di crinale, Neo edizioni, 2024.
Romanzo di crinale di Silvano Scaruffi, edito nel 2024 per Neo edizioni, è un romanzo dei bordi che sborda la lingua vivificandola, la scritturavoce di Scaruffi si mantiene nel transito che porta le parole a creare mondi e soggetti reali, superfici e profondità si richiamano perché oltre la sogliafinestra dell’inconscio linguistico c’è il desiderio di portare fuori la parola scritta e farla di nuovo orale, il romanzo diventa l’uscita: «Uno scritto il cui unico desiderio è quello di saltare fuori da qua, scavallare.» Se per l’autore scrivere è tribolare, per chi legge, invece, si apre un mondo che cattura e trascina, nel remoto Appennino, periferia globale che racconta del rizoma della linguanatura quando diventa «logistica d’assalto ecorivoluzionaria, qualcosa che odora di millepiedi strinati, qualcosa di post punk, appenninico, sfrantumato». I dialoghi, parlando muovono i personaggi, le cose/oggetti che appaiono allo sguardo narrante, sono «l’essenza termale dello scrivere», sono dialettica mondoculturale ↔ mondonaturale. E se il circolo virtuoso delle alternanze gerarchiche tra uomo e natura genera il fertile mondo del racconto, in una sorta di minimalismo musicale dalla struttura rapsodicarotta e frattalicapunk, è anche un ostacolo da assorbire e trasformare nella lingua che ci è propria, nel desiderante che ci abita e in questo senso «la censura, per me, è che se uno scritto non ha tutti i crismi ‘commerciali’ non viene considerato, preso per buono, diffuso.» La scrittura si Scaruffi è sempre fuori bordo come lo è la linea frastagliata dell’Appennino, e quando il desiderio, che scrive chi scrive, si perverte in status quo «allora sarebbe giusto che chi vede oltre il bordo, della pagina, smetta di scrivere»…
Gianluca Garrapa
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Genesi e desiderio del tuo libro.
Credo sia uno scritto generato dal guardare fuori dalla finestra, di un piccolo paese, circondato da vette a strapiombo e boschi esagitati come morbo vegetale. Uno scritto il cui unico desiderio è quello di saltare fuori da qua, scavallare.
Quando scrivi, godi?
Quando scrivo, tribolo. Quando godo, non scrivo
Un estratto dal libro che è risultato più difficile o particolarmente importante: perché? Lo puoi trascrivere qui’
Ci sono parti, del romanzo, nelle quali due personaggi, Romma e Burasca, parlano, e basta. E io ho scritto solo dialoghi, senza descrizioni, fronzoli o orpelli. Se quelle parti funzionano, funziona anche tutto il resto del romanzo. Credo che i dialoghi, siano l’essenza termale dello scrivere.
Romma e Burasca si incontrano un mattino al bar dopo una nottata che mai
“Oh, Burasca. Allora?”
“Allora na merda. C’ho la bocca che sembra la cuccia di un cane.”
“Dai, dai. Lascia fare. Facci due cocktailini aperitivi corretti con tanto limone.”
“Sicuro?”
“Burasca, te mi devi dare a retta a me, quel cocktail lì l’ho inventato io. Per il mattino dopo
la matana. Che ti rimette in bolla.”
“Sicuro?”
“Sicuro sì. Dai, bevi su.”
“Fa schifo.”
“Ti sembra a te. Fidati di Romma. Bevi bevi, che ti passa.”
“Mi viene da vomitare.”
“Ah! E’ una buona cosa. Non farlo mica qua però! Ma se lo tieni e lo ingoli giù vedrai che
poi ti assesti.”
“A me mi sa che a fare così ci disintegriamo un’altra volta.”
“Ah, bè. Quello è sicuro.”
Se non fosse scrittura, cosa potrebbe essere il tuo libro?
Credo che se non fosse scrittura, potrebbe essere logistica d’assalto ecorivoluzionaria, qualcosa che odora di millepiedi strinati, qualcosa di post punk, appenninico, sfrantumato.
Che rapporto hai con la censura?
La censura, per me, è che se uno scritto non ha tutti i crismi ‘commerciali’ non viene considerato, preso per buono, diffuso. Perciò, tutti coloro che non scrivono a quel modo, da un certo punto di vista si potrebbero considerare azzoppati. Ma la fortuna sta nel fatto che esistono case editrici come Neo Edizioni……
Per te scrivere è un mestiere o un modo di contestare lo status quo?
Il rischio dello scrivere è che diventi un mestiere. E che chi scrive diventi un mestierante. Uno che scrive perché deve farlo. Se lo scrivere diventa lo ‘status quo’, di una persona, di una società, allora sarebbe giusto che chi vede oltre il bordo, della pagina, smetta di scrivere. Che a oggi, smettere di scrivere, è l’unico modo per contestare lo status quo, se uno lo vuole contestare, ché non è mica obbligatorio contestare, lo status quo, si possono contestare anche delle atre cose. La plastica, i parabeni, le scie chimiche, le blatte, le ruspe, gli hamburger, i detersivi, le potature, le capitozzature, i tagli di capelli, la radio, la televisione, i bambini e i cellulari, gli adulti e i cellulari, il brusio dell’inizio, il festival, i dietrologi, i fungologi, il grido della fine.