Il nome di Leif Enger, scrittore del Minnesota sulla sessantina, è essenzialmente legato alla sua opera prima. Nel 2001 La pace come un fiume, recentemente inserito tra i libri della collana Americana curata da Sandro Veronesi per il Corriere della sera, fu salutato come uno dei primi capolavori del nuovo secolo – il 2001 è anche l’anno de Le correzioni di Jonathan Franzen e di Empire Falls di Richard Russo (che proprio a Franzen soffiò il Pulitzer). Più o meno negli stessi mesi uscirono L’opera struggente di un formidabile genio di Dave Eggers, altra opera prima, e Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay di Michael Chabon. Potrei continuare ma sarà meglio parlare d’altro.
Virgil Wander è datato 2018, dieci anni prima Enger aveva quasi bissato il successo dell’esordio con Così giovane, bello e coraggioso. In Italia il romanzo arriva in questi giorni (23 aprile) con l’editore Fazi, la traduzione di Stefano Tummolini e la cover di Jessica Brilli – la cover è pazzesca. Ancora una volta Enger ci porta nel suo Minnesota, che per quella speciale regola identitaria di cui ho già parlato in un recente articolo, viene più ampiamente denominato Midwest. Ah, questo Midwest! Greenstone è una cittadina di poche migliaia di anime, costeggia il Lago Superiore, un lago enorme, grande come un mare, che tocca più stati americani e a nord il Canada. Non saprei dire se esista per davvero, Greenstone intendo, non il Lago Superiore, ma non credo sia importante saperlo. Leggendo il romanzo l’ho immaginata come la Crosby di Olive Kitteridge, nel Maine di Liz Strout, e la Holt di Kent Haruf, nel Colorado: un posto silenzioso, lontano dalla civiltà metropolitana e dallo showbusiness. Insomma, quell’America di provincia chiusa in sé stessa, ancorata alle vecchie tradizioni e dominata, talvolta sopraffatta, da una natura tanto spettacolare quanto inospitale. In più Greenstone è un posto sfigato, lo dicono tutti e lo pensa anche Bob Dylan per aver bucato due volte le ruote della sua auto mentre attraversava il centro. Virgil Wander un uomo del Midwest “che non ha mai volato troppo in alto, che aspirava giusto alla decenza…”.
Quando alla fine degli anni ’80 arriva a Greenstone, orfano di entrambi i genitori ed ex studente di teologia, Virgil trova una città al tramonto: miniere dismesse, gli impianti della Slake chiusi. Con pochi dollari a Greenstone ci potevi comprare casa e vivere senza stenti. Virgil ne ha comprata una proprio sopra il cinema Empress, l’unico della città. La sera proietta film, di giorno lavora al municipio. Tutto scorre liscio. Poi un giorno la sua Pontiac scassata vola nel lago e Virgil muore. Questo almeno è quello che pensa la gente. E invece no, la verità è che Virgil si salva ma da quel tragico incidente viene fuori un altro uomo, con poca memoria, forse più stupido, con le parole che vanno e vengono, e una vita da ricostruire. La storia di Enger parte da qui, dal secondo tempo di Virgil. Una storia che somiglia a un motore diesel, che chiede al lettore di non avere fretta perché qui il tempo è importante. Lo è per Virgil, lo è per tutti gli altri personaggi che popolano Greenstone e che affiancano il protagonista, uomini e donne alla ricerca di una seconda opportunità. Ecco il tema di questo meraviglioso romanzo sempre giocato sul filo dei ricordi: tutti abbiamo il diritto di sperare.