Ci vuole un bel po’ di coraggio per scrivere una storia familiare, raccontare la gravidanza della tua compagna e la paura per la morte di mamma che potrebbe annunciarsi negli stessi giorni del parto. Sono argomenti da maneggiare con cura, troppo scivolosi per non impedirti di rimanere invischiato in certe commedie rosa come quelle di, come si chiama, quell’autrice col doppio cognome e la cofana, o in certe nonfiction che vengono presentate nei talkshow pomeridiani e nei circoli per sole donne. Sono quasi pronto, il nuovo romanzo di Giorgio Biferali (edito da Ponte alle grazie) poteva assomigliare a qualcosa del genere, la bella foto sulla cover col faccino della bambina impiastricciata di pennarelli forse ne sarebbe stato un indizio; e invece no, parliamo di tutt’altra roba. Comincio dalla fine: Biferali sa scrivere. Non è scontato. Intendo dire che sa scrivere come uno scrittore vero e non come quei romanzieri allevati in batteria in questa o quella scuola di scrittura (non so se Giorgio ne abbia frequentata una, ma non è questo il punto), narcisi, senza nerbo, mosci, ecco: l’aggettivo giusto è mosci.
Biferali non ha mutuato la sua storia da un format, il racconto è autentico, fluido e non indulge alla retorica delle relazioni e dei conflitti: marito/moglie – padre/figlio – madre/figlio – madre/padre. Non sono ancora pronto è la confessione di un trentenne che esplora la vita adulta con la tara dell’adolescenza. Quand’è che si diventa uomini? “Ho cominciato a rendermi davvero conto che sarei diventato padre quando l’hanno saputo anche gli altri”. Qualcuno deve aver detto che non si smette di essere figli finché non si diventa genitori. È una citazione che ho fatto mia non avendo io dei figli ma, per fortuna, ancora un padre e una madre. Dicevo della scrittura. La prima cosa che colpisce del romanzo è proprio la prosa massimalistico argomentativa con la quale Biferali vomita la sua quotidianità, quel procedere per espansione, agli antipodi del precisionismo di Carver, che una quarantina di anni fa ruppe l’incanto del Brat Pack di Jay McInerney e Tama Janowitz per esplodere con autori come Rick Moody, David Foster Wallace, Zadie Smith. Sulla quarta di copertina Tiziano Scarpa paragona Biferali al Franzen de Le Correzioni, il libro si apre proprio con una frase di Franzen. A me Sono quasi pronto ha ricordato invece il romanzo di esordio di un altro autore americano: L’opera struggente di un formidabile genio di Dave Eggers.
Come il protagonista di quella storia, autobiografica alla maniera di questa “Memoir o romanzo è uguale… Sono i memoir i veri romanzi… Nei memoir non c’è nulla di vero… Non c’è niente di più inaffidabile della memoria…”, il giovane padre – nel libro di Eggers il padre in verità è un fratello maggiore che si prende cura del più piccolo di otto anni – deve districarsi in una giungla di nuove incombenze, ricodificare la grammatica degli affetti, non farsi prendere dal panico davanti alle sfide che lo attendono. Non basta pensare che prima di te è toccato ad altri, che quella storia appartiene a ciascuno di noi. No, il giovane uomo pensa che tutto questo stia capitando a lui, alla “sua” vita, e che di fronte a certe scelte siamo “tutti terribilmente, terribilmente soli”. E allora assistiamo alla gravidanza di Bianca con il corso preparto tenuto dal ginecologo Augusto (Minzolini); alle solite menate dei tempi moderni come la musica che aiuta il feto, meglio se di Mozart perché quella di Mozart lo calma; alla corsa nella Roma deserta per la prima ecografia; al progetto di una nuova casa con i mobili di Ikea; alla preoccupazione per il nuovo romanzo, “scrivilo sugli ospedali” suggerisce Bianca; alle serate giocando alla Playstation; alle lezioni a scuola; agli scontri col padre che fuma troppo, e alla malattia che potrebbe portarsi via mamma proprio quando Matilde sta prendendo forma nella pancia di Bianca. Voglia di tenerezza. Le scene da una gravidanza di Biferali sono pezzi di vita vera, cumuli di emozioni che stressano, annebbiano la vista, o che scaldano il cuore, dipende dai casi. Sono quasi pronto è un romanzo sul cambiamento e sulle aspettative. Una storia d’amore e di cedimenti, originale con tutti i suoi stereotipi e i già visto. La vita che fa il suo corso. La cosa più difficile è essere normali, cantava Lucio Dalla. Tutto sommato, i personaggi di Biferali non fanno nulla di speciale, direbbe Bret Easton Ellis; i personaggi di Biferali esistono, ed già tanto.