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Vanessa Roggeri. Il ladro di scarabei

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Cagliari 1928. Costantino Lua, Antino per chi lo conosce, ha quattordici anni ed è un cosiddetto “majolu”, uno dei tanti ragazzini che arrivavano in città per studiare e, per sfuggire alla povertà della campagna, lì cercavano di trovare anche dei piccoli lavori nelle case dei signori, ripagati poi con vitto e alloggio. Una mattina, mentre con una pedata lui veniva gettato malamente in strada da un domestico, incappa nell’ingegnere Italo Dejana che, incuriosito dallo sguardo vispo del ragazzo, dopo avergli fatto qualche domanda e avendo intuito il suo coraggio e l’attitudine allo studio, decide di portarlo con sé nella propria residenza a Villa dei Punici. La villa è costruita su una collina che è in realtà una necropoli etrusca con migliaia di tombe, ma è anche una grande cava di calcare utile per la produzione di calce e cemento: i Dejana possiedono infatti un cementificio e si occupano dell’intero ciclo produttivo.

Dal momento in cui Antino entrerà nella quotidianità della famiglia Dejana avrà nella sua mente un unico obiettivo, una sua persistente fissazione: divenirne il nuovo figlio adottivo. Il nucleo è ora composto dal marito Italo, la moglie Elsa, i figli Agnesa e Leonardo, e da Asmara, loro figlia adottiva,

Antino è un ragazzo molto intelligente che prova piacere nell’approfondire gli argomenti di studio, è arguto e determinato, e con le idee molto chiare sul percorso da intraprendere per poter ottenere il riscatto sociale a cui ambisce, tanto da voler divenire avvocato. Con estrema razionalità, ma utilizzando anche le menzogne, cerca di anticipare ogni situazione per non farsi cogliere impreparato; è inoltre dotato di una notevole perspicacia che gli consente di scovare i lati più nascosti e oscuri delle persone con cui entra in relazione. Una qualità questa che sfrutterà appieno, non in modo sempre lecito o benevolo tanto che, più trascorre il tempo con i Dejana, più diventa un manipolatore con tutti i familiari che tiene sotto controllo a loro insaputa. Profana con affannose ricerche le stanze della villa, anche quelle a lui negate, per estorcerne preziosi segreti, siano essi oggetti privati o documenti. E più agisce con queste modalità più la sua smania di divenire legittimamente un Dejana si impossessa della sua mente e inizia uno scollamento interiore da cui non farà più ritorno, divenendo così la sua peculiare pazzia. Perde totalmente il contatto con la propria interiorità, non avverte più la benché minima emozione, tanto da incontrare dopo anni la madre malata per strada, disperata e che ancora lo stava cercando – mentre lui ha sempre sostenuto di essere orfano – e far finta di non riconoscerla, rifiutando perentoriamente il suo abbraccio. Pagine queste crudeli ma drammaticamente coinvolgenti.

Per come l’autrice sviscera le caratteristiche personali di Antino in una narrazione che accelera vorticosamente nel proprio ritmo perverso, noi leggiamo un romanzo psicologico con richiami al genere thriller. Avvertiamo nitidamente la cadenza del racconto che incalza sempre più e sempre più veniamo assorbiti dai meandri della sua giovane mente, intuendo che le caratteristiche descritte appartengano certamente all’indole di uno psicopatico sull’orlo dell’abisso:

Doveva concludere che, a dispetto dell’apparenza dimessa, Asmara nutriva nel suo animo una tempesta di passioni tanto profonde e travolgenti quanto inaspettate. Passioni che Antino non aveva mai sperimentato in vita sua. Provò a mettersi nei suoi panni, a sentire ciò che sentiva lei, a capirla diventando lei, evocando il suo nome in una sorta di rito interiore che aveva già messo in atto tante volte con altre persone. (..) Con Asmara il suo gioco segreto era fallito. Si premette la mano aperta al centro del petto, ma dentro si sentiva vuoto come i sepolcri del colle, nelle sue stanze c’era spazio soltanto per silenzio e fredda inesorabilità. Fu una verità che lo spaventò.”

Il suo atteggiamento nei confronti di Asmara, poi, è sempre più subdolo, perfido e crudele mentre cercherà di sfruttare la ragazza per raggiungere il suo scopo di adozione in famiglia, senza accorgersi che, colei che ritiene debba avere una personalità insulsa, saprà al contrario dimostrare un’integerrima individualità dai solidi principi morali e di rara e intensa sensibilità. Benché fisicamente fragile, lei apparirà intimamente forte e luminosa, come il prezioso scarabeo che, regalatole dal padre, sempre porta al suo collo:

Su di lei c’era solo una cosa che spiccava come un raggio di sole nel fango: il pendente che portava al collo. Era un lapislazzulo a forma di scarabeo incastonato in un cerchietto d’oro, di un blu violetto talmente brillante e intenso da emanare luce propria”.

Sullo sfondo dell’intera narrazione c’è il ventennio fascista, la Storia che entra prepotentemente nella vita di tutti i personaggi e ne influenza inevitabilmente la azioni: la paura e la tensione che il regime ha creato mette a dura prova l’equilibrio della famiglia Dejana quando vengono fatti loro violenti avvertimenti affinché il capo famiglia si iscriva al partito – lui da sempre uomo liberale e anti fascista che non arriverà mai a tradire i propri consolidati valori.

Il ladro di scarabei è un romanzo potente che sprigiona energia e sollecita pagina dopo pagina il lettore facendolo caracollare, coinvolgendolo senza sosta con la sua trama avvincente e fitta di colpi di scena, in un continuo crescere di tensione emotiva. Sino a confonderlo in un finale del tutto inaspettato e impetuoso al limite del baratro dove l’autrice gli consentirà di tornare alla realtà e di non trattenere più il fiato:

La vita e la morte, da quelle parti, avevano stretto un patto antico e misterioso. Fu una verità che Antino comprese per istinto”.

Chiara Gilardi

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Il ladro di scarabei, Vanessa Roggeri, Rizzoli, pp. 384, euro 18,50, ebook euro 9,99

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