In attesa dell’arrivo, nelle sale cinematografiche italiane oggi 5 settembre, di Limonov del regista russo Kirill Serebennikov, film in gara per il conseguimento della Palma d’Oro a Cannes 2024 e ritenendo sia d’uopo presentarsi preparati nei cinema di tutto lo Stivale, ma altresì con la consapevolezza che quanto riportato in celluloide non sia la versione ufficiale (o, perlomeno, non l’unica) delle vicende narrate, questo documentatissimo saggio autopubblicato (ed acquistabile esclusivamente al link seguente: https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/) può fare decisamente al caso nostro.
A leggere quanto scrive Luca Bagatin, pare quasi di trovarsi faccia a faccia con coloro di cui tratta, siano eroi o perdenti (anche se spesso queste qualifiche possono collimare), leader politici o scrittori (e anche qui…), personaggi a noi contemporanei o passati “oltre il velo della materia”, come piace dire a Luca, da più o meno tempo.
Dopo un saggio sull’universo massonico (il titolo è proprio Universo Massonico, Bastogi Editrice, 2012), uno su quello femminile (Ritratti di Donna, Ipertesto Edizioni, 2014) e un manifesto (anti)politico e (contro)culturale (Amore e Libertà: Manifesto per la Civiltà dell’Amore, autopubblicato nel 2019), precedentemente all’uscita del suo ultimo saggio, dall’argomento squisitamente politico (sempre in autopubblicazione e la cui recensione è mia intenzione proporre prossimamente fra queste colonne: Ritratti del Socialismo, 2023), l’Autore si era già misurato con la trattazione di un argomento sembrerebbe di primo acchito sempre pienamente politico, ma anche esoterismo ed erotismo, antipolitica e controcultura trovano ampio spazio nel saggio di cui mi sto occupando tra queste righe.
Sì, perché per trattare di Eduard Limonov, al secolo Eduard Veniaminovic Savenko, non basta citare qualche titolo di sue opere, o dirlo fondatore del Partito NazionalBolscevico russo; è necessario aggiungere una quantità inimmaginabile di carne al fuoco.
Appassionatosi al personaggio nel 2011, allorquando un amico d’infanzia gli suggerì la lettura della biografia romanzata Limonov di Emmanuel Carrère (edita in Italia da Adelphi e sulla quale si basa principalmente il film di Serebennikov ma che Eduard Limonov non accolse con poi molto entusiasmo: ecco il perché di quella precisazione in principio di recensione) sostenendo che il protagonista gli somigliasse parecchio caratterialmente, per attitudini socio-politiche e anche un po’ fisicamente, Luca Bagatin – prima di impegnarsi nella stesura del presente saggio – ha scritto numerosi articoli su colui che, con una minima forzatura, potremmo definire “il d’Annunzio russo”. Articoli pubblicati su numerose testate giornalistiche indipendenti italiane (LiberalCafé ed Electomagazine su tutte) ed estere (articoli di Bagatin su Limonov sono stati tradotti e pubblicati su riviste francesi, belghe, brasiliane e serbe – in particolare la rivista Iskra.co, diretta dal celebre regista Emir Kusturica, con traduzioni di Vladimir Kolaric, intellettuale serbo ancora troppo poco conosciuto nel nostro Paese). Il libro che vi ritroverete fra le mani è un insieme di questi e altro ancora, con interviste esclusive a collaboratori e amici di Limonov (oltre che una a Limonov stesso).
A corollario della notevole mole documentaria, l’autore principia il saggio con un’introduzione sul concetto di nazionalbolscevismo lungo un intero secolo (1920 – 2020) e lo termina con un’appendice (non l’unica, però) intitolata “Cronologia degli eventi salienti della Russia pre e post-sovietica”.
Eduard Limonov è stato dissidente antisovietico quando c’era l’URSS, da cui si farà volutamente espellere a principio degli anni ’70, gravitando quindi soprattutto tra Francia e USA, tra jet-set e vita da senzatetto, poi nostalgico a Unione Sovietica caduta, una volta compreso il fatto che il liberismo selvaggio è tragicamente peggio del collettivismo; è stato soldato, combattente nella ex Jugoslavia dalla parte dei serbi e in Transnistria tra gli ultimi romantici che non volevano arrendersi alla dissoluzione dell’URSS.
All’autore piace focalizzarsi soprattutto su un punto, che era poi lo stesso sul quale Limonov insisteva: il suo partito, fondato ufficiosamente nel 1992, ufficialmente l’anno dopo, non era per “politici di professione”. Era per artisti, lo fossero davvero o soltanto nella propria testa, giovani punk che prima sbraitavano contro il comunismo, ma presto resisi conto che dall’Occidente tutto poteva giungere fuorché la libertà, filosofi e musicisti, modelle e maghi. Del Partito NazionalBolscevico, infatti – posto fuori legge, unico partito ad aver subito tale sorte, dalla Corte Suprema della Federazione Russa nel 2007 –, più che i congressi sono degne di nota le performance, improvvisate o studiate a tavolino.
Due, a modesto giudizio di chi scrive, le più degne di nota: le mostre–azione “Spirito e Suolo” del 1994 e “PENTAGRAM: dall’arte e dalla politica alla magia operativa” del ’96 (alle quali è dedicato ampio spazio nel saggio, con tanto di interviste e documenti ufficiali dell’epoca che l’autore ha ricevuto, in esclusiva, da Mikhail Roshnyak, scenografo di molti degli eventi allora organizzati da Limonov e dai suoi Nazbol); ma diverse altre ne sono state organizzate e attuate, sull’estremismo e sull’erotismo, sull’intelligencija e sulla russofobia. Un partito che definire sui generis sarebbe riduttivo, ma che mai ha mancato di dedicarsi anche alla politica “di tutti i giorni”, battendosi per la libertà di parola ed espressione, per il ritorno alla Russia di tutti i Paesi dello spazio ex sovietico, contro l’oligarchia liberale e per il socialismo autentico.
Luca Bagatin ci serve gli argomenti di cui tratta in uno stato d’animo che è a metà tra la simpatia e l’identificazione nel personaggio stesso (perché sì, Eduard Limonov è stato autore di libri ma anche figura degnissima di esserci finita dentro, ai medesimi), dovuto in parte alla già citata somiglianza fisica fra i due e in parte a simili esperienze controculturali e artistico-politiche vissute, oltre che a simili sofferenze patite in ambito sentimentale in gioventù, le quali hanno inevitabilmente influenzato il percorso letterario e artistico, oltre che le scelte di vita ed il carattere (molto simile) di entrambi.
Bagatin ci accompagna, infatti, tra le sofferenze dell’uomo, per amori terminati o mai iniziati, per la morte di amici e compagni e del proprio animale domestico (un ratto femmina di nome Krys); tristezze per divergenze di vedute con ex membri di spicco del partito e una malattia al cervello (quella stessa che se l’è portato via il 17 marzo 2020), la causa della quale egli vedeva in un tentato avvelenamento ai suoi danni.
Ma anche le gioie: due figli avuti in tarda età, la ricostituzione del partito col nome de “L’Altra Russia” (ora, in suo onore, ha ulteriormente modificato denominazione in “L’Altra Russia di Eduard Limonov”); di tutti i giovani che lo componevano e compongono, dalla base ai vertici, lui – classe 1943 – sarebbe potuto essere addirittura il nonno, eppure era anche, contemporaneamente, il più giovane di tutti.
Carattere spigoloso – lui stesso non mancava di definirsi “un piantagrane”, lo disse a Luca Bagatin stesso, che ebbe l’onore e l’onere di intervistarlo nell’agosto 2019 – Eduard Limonov concluse la propria spericolatissima esistenza terrena con ben impresse le bellezze della nostra Italia, dalla quale era già velocemente passato nel 1973: per la presentazione degli ultimi suoi due libri tradotti in italiano (lui in vita; infatti, ai due dei quali a brevissimo verrà fatta menzione, è da aggiungersi Grande Ospizio Occidentale, prefato da Alain De Benoist e tradotto e edito postumo, in Italia, da Bietti nel 2023), sintomatici dello stile potente, diretto e alle volte talmente secco da sembrare quasi una presa in giro, cifra essenziale di tutta la sua sterminata produzione, Zona industriale (2018) e Il boia (2019), entrambi Sandro Teti Editore e in viaggio a Capri – organizzatogli dallo stesso Teti, autore della prefazione al presente saggio – per coronare il sogno di visitare i luoghi dove Lenin, Gor’kij e diversi altri rivoluzionari russi trascorsero parte del proprio esilio.
Finemente cesellato da un’ottima scelta di foto originali, in possesso di Luca per il tramite del già citato Mikhail Roshnyak, di ex militanti del Partito NazionalBolscevico e di Sergey Belyak, musicista, compagno di scorribande e – forse proprio per questo – avvocato di Eduard Limonov (le interviste ai quali tutti si possono godere tra le pagine del saggio), il tutto contribuisce alla comprensione di una pagina di Storia (contemporanea e non) forse volutamente sottaciuta nel nostro Paese, ma in fondo, molto più generalmente, in Occidente.
Commovente un’altra delle appendici, “Un pensiero di commiato” scritto da Luca Bagatin a “oltre un anno dal passaggio oltre il velo della materia di Eduard Limonov”, dove l’autore fa esplicito riferimento allo shock che lo prese ricevuta notizia della morte del nostro; ma altresì anche di aver provato, in occasione della scrittura di getto di un articolo in memoria di colui che ormai da anni considera “una sorta di alter-ego”, “come un senso di rinascita. Come se l’Anima di Limonov si fosse trovata con la mia. Come se fosse morta e poi rinata”.
Anche perché, se è con tutta evidenza vero che “solo la morte è più forte del nazionalbolscevismo”, come recitava uno slogan apparso sul secondo numero di Limonka, il giornale organo ufficiale del partito (ma in realtà fu molto di più), lo è altrettanto che “dopo la morte esiste la rinascita. È un ciclo eterno. Un eterno ritorno. Come l’Uroboro, che tale aspetto rappresenta” conclude Bagatin.
Alberto De Marchi
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Luca Bagatin, “L’Altra Russia di Eduard Limonov – I giovani proletari del nazionalbolscevismo” (con prefazione di Sandro Teti), Ilmiolibro/Kataweb, 2022, 150 pagine, 16 euro