«La prima bozza di qualsiasi cosa è spazzatura», affermava Ernest Hemingway. E Jennifer Egan aggiunge: «Puoi scrivere con costanza solo se accetti di farlo male». Scrivere non è un talento innato, ma un processo che si costruisce nel tempo, imparando a sospendere il giudizio su quella prima, imperfetta versione di un romanzo, simile a un cantiere ancora pieno di detriti.
Nel suo libro L’arte di scrivere male (per poi scrivere meglio), Francesco Trento ci guida a superare l’idea del “talento” innato, invitandoci a coltivare quindici qualità fondamentali per il successo di ogni scrittore.
Con un approccio che intreccia letteratura, sport e cinema, Trento ci mostra come il cambiamento e la perseveranza siano le vere chiavi per diventare autori di successo, riprendendo le parole di Gustave Flaubert: «Il talento è una lunga pazienza».
Ne parliamo con Francesco Trento, autore del volume.
#
Buongiorno Francesco e benvenuto, puoi dirci brevemente com’è nata l’idea alla base di questo libro?
Buongiorno a voi! L’idea in realtà è nata dai miei fantastici editori, che mi hanno chiesto di raccontare l’esperienza maturata in questi anni con Come si scrive una grande storia. Poi abbiamo parlato insieme di che tipo di libro proporre: a me non interessava scrivere un manuale di scrittura, ma più un “manuale” su come sopravvivere, a lungo e con felicità, in quel mondo complesso e a volte fin troppo solitario che è il mestiere di scrivere. Dare qualche coordinata su cosa aspettarsi nei prossimi anni se decidi di scrivere professionalmente, o quasi, e rassicurare chi volesse farlo su una cosa: all’inizio, è garantito, scriverai male. Questo però non vuol dire che non potrai scrivere bene in seguito, anzi è il passaggio necessario per poterlo fare.
Nel libro parli di liberarsi dalla “mistica del talento” per concentrarsi su quindici qualità che aiutano a costruire una carriera di successo. Puoi approfondire quali sono queste qualità e come hai scelto di metterle al centro del tuo approccio?
Certo. Io detesto quell’idea molto diffusa in Italia per cui la scrittura è un dono che si eredita alla nascita, come se la capacità di scrivere buoni dialoghi o costruire una buona trama fosse contenuta nella placenta delle nostre mamme e infusa in noi al momento del parto. Di fatto, detesto chiunque dica a un’aspirante scrittrice o a un aspirante scrittore (ma anche ad aspiranti pianiste e pianisti, attrici e attori, eccetera): tu non hai la stoffa, non sei portato. Nessuno è portato, e il talento puro, se esiste – e ne dubito – si manifesta in una persona su un miliardo, quindi è inutile preoccuparci di Maradona, quando persone con i piedi non fatati possono vincere un mondiale, come è accaduto a Cannavaro, Gattuso e Materazzi, per esempio. Spesso si pensa “ah, ho scritto una brutta scena, questo personaggio è piatto, allora vuol dire che la scrittura non fa per me”. Che è come entrare in una palestra di kung fu, fare tre allenamenti, poi guardare Bruce Lee e dire ah, non fa per me, lui è più bravo. Certo che è più bravo, si è allenato ogni giorno per decenni e tu a malapena hai impegnato tre o quattro ore del tuo tempo in questa cosa e ti stai già giudicando.
Joe Fassler ha intervistato 150 tra i maggiori scrittori e le maggiori scrittrici del mondo, e ha detto che avevano un’unica cosa in comune: aver accettato che scrivere, per la maggior parte del tempo, è scrivere male. Io ho avuto ospiti delle lezioni gratuite più o meno 200 scrittori e scrittrici, e sia in loro che nelle persone che hanno studiato con me e poi hanno avuto un qualche tipo di successo ho notato le stesse qualità: fiducia nel processo (e quindi capacità di sospendere il giudizio), capacità di pianificare il lavoro e presentarsi ogni giorno all’appuntamento con la pagina, apertura mentale (che significa saper accettare e mettere a frutto le critiche, anche quelle non proprio centrate), disponibilità al cambiamento e tante altre qualità che non hanno a che fare col talento, e al contrario del talento sono allenabili, non sono date, ma modificabili. E poi c’è la mia preferita: la disponibilità all’ascolto profondo. Se vuoi scrivere, devi fare prima di tutto una cosa: tacere. Se vai nei posti a manifestare il tuo ego e dici sempre io, io, io, le storie non ti incontrano, e finisci col non avere nulla da raccontare.
La tua esperienza con la scuola di scrittura solidale “Come si scrive una grande storia” ha avuto un impatto significativo, non solo dal punto di vista creativo ma anche solidale. In che modo queste lezioni ti hanno influenzato come autore e come insegnante di scrittura?
Sì, l’impatto è stato anche superiore alle aspettative. In 4 anni abbiamo generato più di 178.000 euro di donazioni dirette a decine di cause non profit, e anche i diritti di questo libro andranno interamente in beneficenza. Quello che ho imparato come autore e come insegnante lo trovate in parte nel libro, coi consigli di grandi scrittori e scrittrici. Ma ho imparato molto anche come essere umano. Forse la cosa più importante è aver capito che i social (noi abbiamo una community molto attiva su Facebook, con un gruppo che comprende più di 8900 persone) non sono solo un luogo marcio che genera circoli viziosi di rabbia e risentimento. Dipende da come li usi. Noi li abbiamo usati per iniziative solidali, anche al di là delle donazioni. Chi non può pagare un corso può prenderlo gratis e restituire il favore al pianeta sotto forma di volontariato, per lo stesso numero di ore. E spesso basta scrivere sul gruppo: “servono computer usati per studenti in difficoltà, potete portarli a XY”, e in mezza giornata si arrivano decine di persone, a volte centinaia. Prima passavo un sacco di tempo sui social a litigare con nazisti, razzisti e maschilisti, in un tremendo scialo delle ore a mia disposizione. Con la scuola e le lezioni gratuite ho capito che quel tempo può essere utilizzato meglio, per generare circoli virtuosi. Anche perché la gente è molto più disposta ad aiutare di quel che si pensi. Deve solo trovare la “famiglia” giusta in cui fiorire ed esprimere il meglio di sé.
Hai definito il tuo libro come “un manuale su come sopravvivere nel mestiere di scrivere”. Quali sono le sfide più grandi che hai riscontrato nella tua carriera e come queste esperienze si riflettono nei consigli che dai ai tuoi lettori?
Beh, per uno sostanzialmente pigro come me la sfida più grande è stata battere la procrastinazione. Pur essendo uno sportivo da sempre, allo stato brado io potrei passare tutta la vita in poltrona o su un’amaca a leggere libri, e non mi prenderei nemmeno la briga di scriverli. Forse la sfida più grande, che è diventato un consiglio per le mie allieve e i miei allievi, è stato capire che spesso quando procrastiniamo stiamo semplicemente mettendo in atto delle strategie anti-angoscia, anti-sindrome dell’impostore, anti-ansia da prestazione. Cadiamo preda di mille tranelli e di mille distrazioni e ci raccontiamo un sacco di meravigliosi alibi sul perché non stiamo scrivendo (o suonando, o recitando, o qualsiasi altra attività in cui vorremmo cimentarci e in cui abbiamo paura di non essere abbastanza bravi), e intanto viviamo una vita di scorta, a volte per anni. Accettare di scrivere male (o suonare male, o recitare male, o giocare male a tennis) è il primo passo per permetterci di esercitarci ogni giorno, e fare quindi il lavoro che va fatto per migliorarci. A forza di insegnarlo, sono diventato un po’ più bravo anche io a fare questa cosa, credo. Quindi adesso quando mi viene da procrastinare l’appuntamento con la scrittura faccio un bel respiro e mi dico: ok, farà schifo per 3-400 ore, e poi come sempre alla fine sarà accettabile, a volte persino buono. Su questo nel libro ho consigliato un trucco, sarebbe lungo riportarlo qui, ma riassumiamolo così: non giudicare mai quello che stai facendo prima di aver lavorato duro per almeno due terzi delle ore che ci vogliono a fare quella cosa. Detto così è un po’ semplicistico, ma giuro che funziona. E, mi raccomando, non cliccare mai quei video con scritto “bracco ungherese incontra i palloncini per la prima volta. La sua reazione vi sorprenderà” o “Scherzo incredibile a Cristiano Ronaldo. La sua reazione vi sorprenderà”. Innanzitutto spoiler: non c’è mai nulla di sorprendente. Ma soprattutto: sono minuti della tua vita che nessuno ti darà indietro. Tienili e investili nei tuoi sogni, nei tuoi obiettivi, nel duro ma meraviglioso lavoro di migliorarti.
Nel libro citi esempi che vanno oltre la letteratura, come lo sport e il cinema. Perché hai scelto di includere questi mondi e che tipo di paralleli trovi tra l’arte della scrittura e queste altre discipline?
Per il motivo che dicevo prima: le persone spesso non hanno problemi a capire che per diventare un grande tennista, una grande tuffatrice, devi passare tantissime ore a perfezionare il gesto tecnico, allenare ogni specifico parametro atletico, curare ogni minimo dettaglio della tua futura prestazione. Mentre per la scrittura diciamo ah, che talento purissimo! E ignoriamo per esempio che Harry Potter è stato rifiutato 10 volte, che sono state rifiutate Mad Men, Breaking Bad, Stranger Things, che come ci ha raccontato Glenn Cooper in una sua lezione il suo primo libro ha ricevuto il no di 65 agenzie letterarie, ma lui l’ha mandato a una sessantaseiesima, e quindi finalmente è stato pubblicato, si chiama La biblioteca dei morti e ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Mi piace quindi spiegare che nella scrittura, come nello sport, il successo è il frutto non di un inarrivabile talento, ma di aver fatto decine, centinaia di scelte giuste, un giorno dopo l’altro, di aver accettato i No non come uno schiacciante e definitivo no alla totalità della tua persona, ma come uno specifico no di una specifica casa editrice a un tuo specifico lavoro. Di aver individuato cento, duecento, trecento parametri da migliorare e aver messo in fila tutte le ore di lavoro necessarie per crescere e, alla fine, togliersi delle belle soddisfazioni.
Noi alle Olimpiadi vediamo un’atleta compiere un tuffo perfetto, con 4 avvitamenti, ed entrare in acqua senza uno schizzo. Ma dietro quel singolo tuffo ci sono anni e anni di schienate, panciate, dita slogate, allenamenti in palestra. Non è talento, è lavoro. Lesley Paterson, una campionessa di triathlon che proprio grazie al triathlon è stata candidata all’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale (anche questa storia l’ho raccontata meglio in quattro o cinque pagine, eh) dice: “non ho particolari talenti, ma I can outsuffer anyone”, sono disposta a soffrire più di qualunque altro. Se leggerete la sua storia vi darà una incredibile forza (poi, sia chiaro: nessuna e nessuno di noi ha l’abnegazione e la perseveranza di Paterson e probabilmente non l’avremo mai. Però possiamo lavorare per migliorare un pochino le nostre).
Nel libro offri un corso gratuito di scrittura. Qual è il principale insegnamento che speri che gli aspiranti scrittori possano trarre da questo percorso e in che modo il corso integra i temi del libro?
Il corso gratuito è una cosa che facciamo ogni anno, a Natale. Regaliamo dieci ore estratte dai nostri seminari, che poi cambiamo e integriamo a ogni occasione, e in cambio chiediamo alle persone, se vogliono, di fare un regalo a loro volta a qualcuno, o di fare una qualsiasi cosa bella per il pianeta.
In questo corso pensato per le persone che leggeranno il libro abbiamo deciso di offrire una panoramica su alcuni aspetti della scrittura che nel libro non erano trattati, o su cui magari c’erano solo un paio di buoni consigli, come la Trama, i Dialoghi, lo sviluppo dei personaggi. Sono varie lezioni con più docenti della nostra scuola, ovviamente ci sono anche io. Spero possa essere utile a chi parte da zero come a chi invece scrive già regolarmente. E per chi ha bisogno di motivazione, di sconfiggere il famigerato “blocco”, abbiamo inserito un video tratto dalle nostre Writing Challenge, un workshop in cui facciamo scrivere 20 miniracconti in 20 giorni. Poi, se volete provarne una integrale, potete scriverci a scrivereunagrandestoria@gmail.com (leggo e rispondo io personalmente).
Stefano Bonazzi
Francesco Trento ha pubblicato saggi e romanzi con alcune delle maggiori case editrici italiane, ed è autore di vari film tra cui 20 sigarette e Crazy for football. Ha fondato la scuola di scrittura solidale Come si scrive una grande storia, che con le lezioni gratuite di più di duecento autori e autrici da tutto il mondo ha generato donazioni per più di 175.000 euro. Anche i diritti d’autore di questo libro saranno interamente devoluti in beneficenza.
Sito ufficiale dell’editore — https://shop.tlon.it/
Sito della scuola di scrittura : comesiscriveunagrandestoria.it
Francesco Trento – L’arte di scrivere male (per poi scrivere meglio) / Pagina del libro — https://shop.tlon.it/prodotto/l-arte-di-scrivere-male-per-poi-scrivere-meglio-francesco-trento/