La storia delle emozioni: “Gli antichi Greci categorizzavano l’amore in modo diverso, suddividendolo in vari tipi, dall’agápe all’éros, passando per la philía e per altri ancora. Le emozioni possono anche cambiare in base al periodo storico. Per Aristotele, l’ira era una reazione di chi vedeva il proprio status personale sminuito. Secondo la sua definizione, dunque, gli schiavi non potevano adirarsi, avendo uno status troppo basso per essere oltraggiato. Oggi abbiamo una definizione diversa dell’ira, che non si limita agli insulti rivolti allo status. Di conseguenza, riteniamo che possa essere provata da tutti.”
Il senso del ripiego: “Se non potevamo controllare il presente, non ci rimaneva che controllare come il presente diventava passato. Ma ben presto abbiamo scoperto che controllare la storia – e il passato – non è così facile. Alcuni si sono rivolti a leader che promettevano di soddisfare il loro disperato bisogno di significato. Scaricando la colpa della crisi di significato su vari capri espiatori, dalle persone immigrate alle politiche identitarie, queste figure sostenevano che un senso poteva essere garantito solo tornando indietro a prima che la storia accelerasse in un presente perpetuo e andasse in pezzi. Si trattava di appelli palesemente nostalgici”.
Un’emozione sul mercato: “Controllando il tempo e lo spazio, il capitalismo globale mantiene molte persone in tutto il mondo in un perenne stato di nostalgia. Molti sono stati dislocati dal capitale e vagano alla ricerca di case e del tempo perduto. Ma il capitalismo e la nostalgia sono in realtà reciprocamente costitutivi, come scrive Alastair Bonnett: «Il capitalismo produce […] nostalgia, ma la nostalgia offre una compensazione per il capitalismo, o un rifugio da esso». Costituiscono un circolo vizioso, e con il peggioramento delle condizioni del capitalismo si è aggravata anche la nostalgia”.
È in libreria Nostalgoritmo Politica della nostalgia di Grafton Tanner (Edizioni Tlon, pp. 350, € 18,00 tradotto da Marco Carassai).
Grafton Tanner (1990) insegna nel dipartimento di Communication Studies all’Università della Georgia ed è autore di vari saggi che esplorano le intersezioni tra nostalgia, tecnologia e retorica neoliberista. Ha scritto per testate come The Nation, Los Angeles Review of Books, Jacobin e Real Life. Nostalgoritmo Politica della nostalgia è il suo primo libro tradotto in italiano.
Che cosa accomuna lo slogan «Make America Great Again», le pubblicità della nostra infanzia su YouTube e i dinosauri di Jurassic Park? La nostalgia, quell’emozione che Grafton Tanner esplora come una potente forza sociale, culturale e politica.
La nostalgia è uno degli impulsi più distintivi della nostra epoca, e questo libro ci invita a prenderla sul serio: le aziende tingono i loro prodotti di un velo nostalgico per stimolare i consumi, mentre i politici la sfruttano per incanalare il consenso, evocando un passato idealizzato. Nel frattempo, cinema e piattaforme digitali sono inondati da remake e reboot di vecchi film e serie. Ma chi è il regista dietro questo desiderio collettivo di rifugiarsi nel passato? È davvero necessario liberarci della nostalgia, o dovremmo imparare a coltivarla in modo più consapevole?
Grafton Tanner traccia l’evoluzione della nostalgia nel XXI secolo, ne svela i meccanismi e ci invita a riflettere su come questa emozione venga manipolata dal marketing, dall’industria culturale e dalla politica, in risposta all’incertezza del nostro presente.
Quando il futuro appare incerto, la nostalgia diventa un rifugio confortevole ma può anche rivelarsi un pericoloso strumento di controllo.
È un libro da leggere, che ci parla di quanto le emozioni governino le nostre vite e di come si possa sfruttarle per influenzare le nostre scelte.
Carlo Tortarolo
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Il 10 settembre 2011 ABC News ha trasmesso The Way We Were, uno speciale sull’11 settembre 2001 che ripercorreva le principali notizie di cronaca uscite poco prima che «il mondo cambiasse per sempre». Per commemorare il decimo anniversario degli attacchi terroristici, lo speciale passava in rassegna i titoli più importanti del 10 settembre: Michael Jackson stava pensando a un ritorno sulle scene, Barry Bonds aveva battuto diversi fuoricampo e Donald Rumsfeld aveva dichiarato guerra agli sprechi burocratici (non sarebbe stata la sua unica dichia- razione di guerra a un concetto). I social media non esistevano e nemmeno gli smartphone. «Non c’erano ordigni esplosivi improvvisati, nessuna antrace, nessun livello di minaccia, nes- sun Dipartimento della sicurezza interna», ha ricordato John Berman, della ABC. «Era l’ultimo giorno di allora, prima dell’avvento dell’oggi».11 Nel 2011 molti erano ormai così stanchi del XXI secolo da rimpiangere i tempi pre-11 settembre – a volte proprio il giorno prima. Nell’aria c’era la sensazione che qualcosa fosse cambia- to per sempre. Servizi commemorativi come The Way We Were hanno dato al pubblico ciò che voleva: un passato conservato nell’ambra, una registrazione dei giorni precedenti l’11 settembre da guardare e riguardare, e una piccola dose di nostalgia per la vita com’era prima del trauma paralizzante del nuovo secolo. Incapace di recuperare il tempo perduto, chi ricordava il passato lo scrutava attraverso le sbarre della prigione del presente, sotto la maledizione di una grande e terribile verità: ricordare l’11 settembre significa non dimenticarlo mai.
La sensazione di essere bloccati nel presente non è più sparita. Si è semplicemente intensificata con ogni nuovo trauma: la crisi climatica, l’ascesa dell’autoritarismo, i crolli finanziari, le guerre infinite. Siamo ormai consapevoli del nostro posto nella storia, sballottati da forze globali come barche in un mare in tempesta. Alla deriva e indifesi nel presente, molti si aggrappano al passato e alla sua stabilità.
La nostalgia, questa dolente fame di passato, è l’emozione che definisce il nostro tempo. Su Internet c’è rabbia da vendere, l’angoscia è ovunque e la paura alimenta la politica, ma la nostalgia le eclissa tutte. I leader politici non fanno che promettere un ritorno al passato, quando le cose erano più semplici, meno instabili. Le aziende che operano nel settore dei media invadono le piattaforme di streaming con remake e reboot. Stili obsoleti vengono costantemente riconfezionati, reinventati e riadattati per soddisfare le esigenze del presente. Più ci addentriamo nel futuro, più la nostalgia sembra crescere.
Sul finire del XVII secolo, lo studente di Medicina svizzero Johannes Hofer ha coniato il termine “nostalgia” per indica- re un intenso desiderio patologico rivolto alla propria patria. Mentre oggi pensiamo alla nostalgia come a un’emozione, Hofer la considerava una malattia. Tuttavia, senza cure in vista, si è poi gradualmente mescolata alla tavolozza delle emozioni umane. Lasciando l’ambito clinico, la nostalgia non era più una condizione fatale ma un qualcosa di essenzialmente umano: può essere provata da chiunque, in qualsiasi momento. Nel XX secolo, basandosi sulle più recenti ricerche psicologiche, inserzionisti e aziende hanno preso atto della sua efficacia nella vendita di prodotti e l’hanno indotta attraverso le proprie campagne di marketing. Il potere della nostalgia è stato sfruttato anche dai politici, che hanno fatto appello al passato per rafforzare le proprie campagne, così come dall’industria culturale, che ha guadagnato una fortuna facendo leva sulla nostalgia provata dalle persone per diverse epoche ormai perdute: la società preindustriale, il Sud anteguerra, la vecchia Hollywood, gli anni Cinquanta e, da ultimo, i giorni che hanno preceduto l’11 settembre e l’era digitale. La nostalgia, operando nei canali di comunicazione, influenza la vita delle persone a tutti i livelli della società occidentale.2 Per il pubblico è diventato quasi impossibile non desiderare un tempo più semplice nel passato.
Ormai la nostalgia è ineluttabile. È molto probabile che la sentiate questa settimana, forse anche oggi, quando andate al lavoro o mentre leggete questo libro. Probabilmente la vedrete all’opera in un discorso o su uno schermo. Ovunque rivolgerete lo sguardo, la troverete… e la sentirete.
Le ragioni per cui non possiamo semplicemente scrollarci di dosso questa emozione e abbracciare una fede cieca nel futuro sono molte, e questo libro farà luce su alcune di esse. Ma il motivo principale per cui la nostalgia ha dilagato in tutto il mondo è il seguente: in molti oggi stanno soffrendo e il futuro appare ogni anno più cupo. Con poca fiducia in un avvenire caratterizzato dal riscaldamento globale e dall’ansia economica, molte persone si rivolgono alla nostalgia per superare il presente, mentre le potenti élite sfruttano il fenomeno per il proprio tornaconto.
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1 1 ABC News, “Remembering September 10th”, www.youtube.it, 10 settembre 2011. Dove non diversamente specificato, le traduzioni in italiano delle citazioni sono a cura del traduttore [N.d.R.].
2 2 La nostalgia non è un’emozione soltanto occidentale o moderna. In questo libro, tuttavia, mi concentrerò principalmente sulla circolazione della nostalgia negli Stati Uniti e in Europa. Per degli studi sulla nostalgia all’infuori dell’Occi- dente si vedano A. Bonnett, The Geography of Nostalgia. Global and Local Perspectives on Modernity and Loss, Routledge, London-New York 2015; S. Boym, The Future of Nostalgia, Basic Books, New York 2002; Z. Saleh, Return to Ruin. Iraqi Narratives of Exile and Nostalgia, Stanford University Press, Stanford 2020; M. Hakan Yavuz, Nostalgia for the Empire. The Politics of Neo-Ottomanism, Oxford University Press, Oxford 2020.
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