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Sara Bini. Cristalli

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La silloge Cristalli, uscita nel giugno 2024 per Interno Libri Edizioni, è la quarta pubblicazione poetica della scrittrice e cantautrice Sara Bini. La maggioranza delle liriche contenute nell’opera ha preso forma e vita tra il 2020 e il 2023: tre anni a dir poco cruciali per l’intera umanità e che tutt’ora riverberano nella loro sconvolgente potenza distruttiva e, ci auguriamo, anche rigenerativa.

Essendo Sara laureata in Germanistica, non possiamo non pensare Paul Celan, il poeta di origine ebraica e lingua tedesca che, scampato all’olocausto, definisce la parola poetica un Atemkristall’ cioè un ‘cristallo di respiro’ e un’‘irrevocabile testimonianza’.

In “Cristalli”, infatti, ciò che è più libero, rarefatto e puro, la luce, per amore s’imprigiona e si riflette in ciò che è più pesante, denso e refrattario, la pietra. “Cristalli” è dunque la testimonianza del nostro essere qui, in un’epoca controversa, materialistica e difficile, che noi siamo comunque chiamati a far risplendere.

Questo è il filo conduttore dell’intera silloge, scandita in tre parti. In apertura, troviamo la ‘sezione giapponese’, composta di haiku e tanka, forme tradizionali della lirica nipponica. Gli haiku, forse più conosciuti anche perché calcati da molto poeti occidentali, sono componimenti di 17 sillabe, distribuite secondo lo schema 5-7-5. Tradizionalmente non avevano titolo e dovevano contenere un “kigo”, ossia un riferimento, anche molto obliquo, a un momento dell’anno. Sono famosi gli haiku dei maestri zen, che sceglievano tali forme concentrate per comunicare l’esperienza essenzialmente incomunicabile del satori, cioè dell’illuminazione, o di epifanie minori nel quotidiano.

Sara usa queste strutture in modo personale, dando loro una numerazione e un titolo, trasformandoli in cristalli iridescenti di un pensiero affilato o di un’emozione viva più che in quadretti paesaggistici o vaghi stati d’animo. Un esempio potrebbe essere l’

HAIKU #7 – alchemico

Dai miei contrasti

come rugiada emergo

filo di perla

Qui si può notare il linguaggio estremamente preciso e distillato che vuole farsi correlativo oggettivo di un processo intrinsecamente ineffabile come la trasmutazione interiore. I sentimenti ambivalenti e le emozioni contrastanti si combinano in un nuovo composto, la ‘rugiada’, rispettando la regola dell’elemento naturale connesso a un determinato momento del giorno. L’ultimo quinario, invece, pur riprendendo ancora la metafora naturale, allude indirettamente al duro lavoro dell’ostrica che produce una perla preziosa dalle impurità ingerite.

I tanka, che possiamo tradurre come ‘poesie brevi’, sono ancora forme della poesia giapponese composte da un haiku più due settenari. Data la loro concisione, erano usati per trasmettere messaggi in codice tra amanti e potevano velare dettagli piccanti attraverso raffinate figure di stile. In questa forma, l’autrice si racconta un po’ di più, aprendoci uno spaccato sul suo paesaggio interiore, spesso legato all’amarezza di un amore poco vissuto e carente di presenza. Un esempio è il

TANKA #12 – dell’amor s-cortese

A lungo ho atteso

fiorisse il biancospino:

invano, invano.

Un germoglio sopito

questo amore mai nato.

Fin dal titolo si evincono i richiami al mondo cavalleresco e ai trovatori provenzali, che si innestano sulla forma metrica giapponese in un intrigante ed elegante connubio tra Oriente e Occidente. Il riferimento è la lirica “Come il ramo del biancospino” di Guglielmo d’Aquitania, in cui il poeta attende tremante notizie dell’amata. In questo tanka l’autrice va oltre, dichiarando che, nel suo caso, l’attesa è stata delusa e il germoglio dell’amore non ha visto la luce del sole.

La seconda parte della silloge invece, è composta dalle poesie ‘cristalline’: esse tracciano la parabola del progressivo oscuramento dello Spirito che si immerge nella Materia fino alla sua finale rinascita in un compimento superiore. Sono testi che si aprono ad una lettura intertestuale, richiamata dalle citazioni che introducono ogni lirica. In questa “corrispondenza d’amorosi sensi” con grandi spiriti del presente e del passato, Sara passa da una percezione di sofferenza, isolamento e dolore, a un’apertura e una rinascita cosmica e interstellare, come testimonia la poesia “Madre”:

MADRE

Tu non sei più vicina a Dio

di noi; siamo lontani

tutti. Ma tu hai stupende

benedette le mani.

– Du bist nicht näher an Gott als wir;

wir sind ihm alle weit.

Aber wunderbar sind dir

die Hände benedeit(Rilke, Verkündigung’)

.

Geometrica quiete

di chiara annunciazione:

redimi ogni colore.

Uno strascico di voci

e pianti, e canti

e diamanti in cattedrale:

redimi ogni rumore

Luce ammutolita,

sonorità arrestata e,

nel contempo,

riverbero di vento

Sfogli petali di pietre

sui gradini della pieve:

redimi il sentimento

in galassie, madre

Nella parte conclusiva di questa sezione, è come se il dolore e le ferite acquistassero un senso e potessero essere definitivamente guarite solo su di un altro piano rispetto a quello della personalità. Si tratta della dimensione transpersonale, quella dell’essenza, dell’Anima Mundi che redime e benedice ogni cosa. Tutto ciò è possibile soltanto attraverso un percorso individuale di passione e resurrezione, dove il perdono e la comprensione di sé e dell’altro giocano un ruolo fondamentale.

Infine, ‘Cristalli’ ci congeda con alcune poesie-canzoni, dal momento che l’autrice è anche cantautrice. La struttura stessa della canzone permette un ductus più discorsivo e narrativo, che sembra bilanciare la brevità oracolare della sezione giapponese. La lirica finale, ‘Ultrafania’, è un appassionato slancio di ricongiunzione con l’Assoluto. In tale anelito di eterno, tuttavia, Sara esprime la sua visione della poesia che, ‘in questo viaggio d’inverno tra lacrime e pianto’ resta una possibilità di luce e di amore per ogni mente elevata e cuore nobile.

Francesca Mezzadri

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