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James Lee Burke anteprima. Clete

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Uno stile pungente: “La ballerina era uscita su cauzione ma poi non si era presentata all’udienza in tribunale, il che l’aveva fatta risbattere dentro. A quel punto ero entrato in gioco io. Lei si chiamava Gracie Lamar e veniva da un buco di merda dell’Alabama che ti faceva essere contento che il Sud avesse perso la Guerra Civile.”

Una dinamica spietata: “Quello che sto cercando di dire è che se si viene risucchiati nel mondo del crimine, si potrebbe scoprire di essere soli. Sto parlando di vittime di stupri, rapine e pestaggi sadici, persone che si ritrovano inermi e confuse e non sono più in grado di lavorare e sostenere le proprie famiglie. Persone che non sanno nulla dell’incompetenza del sistema, un sistema che rimette in strada un colpevole senza avvisare i testimoni o le vittime che possono mandarlo in galera per decenni.”

Un pensiero iconico: “Come diceva Waylon Jennings, “Sono sempre stato pazzo, ma questo mi ha impedito di impazzire”.”

I residui del sogno americano: “«Non mi basta. Non voglio essere coinvolta in nessuno schifo di questa città. Credevo che l’Alabama fosse brutta. I detenuti della prigione in cui sono stata dovrebbero portare tute antiradiazioni o preservativi integrali. L’ho detto alla guardia e lui mi ha risposto che avrei dovuto vedere le cucine».”

È in libreria da venerdì 18 ottobre 2024 Clete di James Lee Burke (Jimenez Edizioni 2024, pp. 324, € 22 con traduzione di Gianluca Testani).

James Lee Burke, nato a Houston nel dicembre 1936, è considerato uno dei più grandi scrittori americani contemporanei. Con all’attivo oltre 40 romanzi, circa la metà dei quali vede come protagonista il detective Dave Robicheaux, Burke ha ottenuto per tre volte l’ambito Edgar Award, riconoscimento per il miglior romanzo giallo dell’anno, assegnato in passato ad autori del calibro di Raymond Chandler, Ken Follett, John Le Carré, Joe Lansdale e Stephen King. Attualmente, Burke divide il suo tempo tra il Montana e la Louisiana.

Clete Purcel, investigatore privato ed ex agente della polizia di New Orleans, con un passato da veterano di guerra, è un uomo dalla corazza dura e con poche debolezze. Amico e collaboratore di lunga data di Dave Robicheaux, Clete si ritrova coinvolto in una nuova indagine quando la sua Cadillac Eldorado del ’59 viene vandalizzata da una banda legata al traffico di droga. Questo episodio risveglia in lui ferite profonde: la tragica morte della nipote per un’overdose di fentanyl riaccende la sua sete di giustizia. Deciso a trovare chi ha fornito la droga letale, Purcel comincia a seguire una pista pericolosa.

Contemporaneamente, una donna enigmatica lo ingaggia per indagare sul suo ex marito, e nel frattempo una serie di omicidi brutali, legati a un uomo misterioso e tatuato, sconvolge la città. Tra allucinazioni inquietanti e crescenti sospetti sulle vere intenzioni della donna che lo ha assunto, Clete e Dave iniziano a raccogliere informazioni su una sostanza letale che minaccia di scatenare il caos. Ciò che sembrava una semplice vendetta per la sua auto distrutta si rivela parte di un piano sinistro, malvagio e complesso.

Intrigante, crudo e pieno dell’umorismo nero tipico di Clete, questa nuova avventura porta un tocco di novità in una serie che è già leggenda.

Carlo Tortarolo

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Questa storia della Louisiana è accaduta alla fine degli anni Novanta, prima di Katrina e prima delle Torri, quando io e il mio amico Dave Robicheaux ci dividevamo tra New Orleans e New Iberia, in pieno Golfo, nel cuore del Dixie, dove il giorno di Natale ci sono venti gradi e più.

La Louisiana meridionale è il paradiso, a patto che si chiuda un occhio e non ci si soffermi sulla corruzione, che qui è uno stile di vita. La Louisiana è uno stato mentale, un po’ come le Terme di Caracalla ma senza inibizioni morali. Un nostro politico ha detto che dovremmo issare la bandiera della Exxon sul Campidoglio.

Non conosco una sola persona che lo ritenga irragionevole. I nostri politici sono modellati più sui leader del Guatemala che su Thomas Jefferson. Dave Robicheaux sostiene che avere una storia sentimentale con la Louisiana è un po’ come innamorarsi della Grande Prostituta di Babilonia. E io dico, certo, ma che festa.

Dave non gradisce assolutamente un’osservazione di questo tipo, la considera rozza e semplicistica. Dave avrebbe dovuto fare il prete invece che il poliziotto, e il risultato è che ha fatto della sua vita un casino, e quelli come me hanno dovuto proteggerlo da se stesso.

Ma non importa. Amo Dave e non mi interessa che si sappia. Siamo stati entrambi a Shitsville e siamo entrati nel New Orleans Police Department nello stesso periodo; da reclute pattugliavamo Canal Street e il Quartiere Francese, battendo i manganelli sui  marciapiedi, con l’odore caldo del lago Pontchartrain portato dal vento e le nuvole rosa come fenicotteri in un cielo azzurro. Alle dieci di sera ci rintanavamo al Café Du Monde, di fronte a Jackson Square; bevevamo café au lait e mangiavamo beignet, e non parlavamo mai di Shitsville.

Non ce n’era bisogno. Avevamo gli stessi incubi. Quando torni a casa da una guerra, non te la passi bene. Le immagini si nascondono nella tua testa finché non vai a dormire. Ecco la pellicola che ti scorre dietro le palpebre: una colonna di soldati in fila su un sentiero notturno, la pioggia che picchia sul poncho e sull’elmetto di tutti, il fogliame che gocciola, verde e scuro e caldo, i lampi di calore che fendono le nuvole senza emettere suoni, poi qualcuno in testa alla fila fa scattare un detonatore e fa esplodere una bomba da 105. L’esplosione è come una scheggia di vetro che ti entra nel timpano. Qualcuno strilla come un pazzo riverso a terra e qualcun altro urla di chiamare un paramedico. Poi senti il ronzio degli elicotteri o il ronzio malarico delle zanzare nel sangue o le Gatling che sferragliano o un mitragliere che sventaglia una risaia in una zona di fuoco libero, tutte queste cose insieme, tutti rumori intercambiabili, e quando ti svegli vai di corsa al frigorifero e hai la mano che ti trema quando afferri la prima bottiglia che trovi.

Ma basta con Sir Charles e i nordvietnamiti e i ricordi di Shitsville. La mia storia e quella di Dave al Nopd sono state radicalmente diverse. Dave non ha mai disonorato il suo distintivo, io invece sì. Ho preso incarichi dalla mafia e ho fatto fuori per sbaglio un testimone federale e ho dovuto svignarmela da Big Sleazy e mi sono unito ai militanti disinistra a El Salvador. Ho anche lavorato peri mafiosi italiani a Las Vegas, a Reno e nel Montana, dove hanno provato a costruire un paio di casinò in stile Nevada sul lago Flathead che avrebbero trasformato il loro stato in un cesso.

Riguardo a quest’ultima cosa, un aereo pieno di mafiosi si è schiantato sul fianco di una montagna non lontano dal lago.I Loro resti sono stati recuperati dagli alberi con dei rastrelli da giardinaggio. Poi qualcuno ha messo in giro la voce che c’era della sabbia nei serbatoi. A quel punto ho pensato che fosse il momento  giusto per fare una crociera in Alaska e magari più avanti aprire un’attività di investigazioni private a Big Sleazy.

Ed è quello che ho fatto. Ma mentre scrivo queste parole, voglio che capiate bene una cosa. L’ambiente delle forze dell’ordine, della libertà vigilata e condizionata, dei garanti per le cauzioni, degli avvocati senza scrupoli e degli investigatori privati è una fogna in cui i pervertiti sono ben più numerosi dei normali. Anche se a dire il vero non so se i normali esistono. Io vivo con un manganello, una .38 Special e un porta distintivo sul bancone della cucina. Questo significa che ho mandato all’aria la mia carriera di poliziotto e sono diventato un bevitore e ho sviluppato delle ulcere e un fegato che probabilmente somiglia a una melanzana. Ho anche lavorato per gente che mi faceva rivoltare lo stomaco. Ho anche avuto rapporti difficili con i poliziotti che una volta chiamavo amici al Nopd. Non potevo biasimarli, ma devo dire che ci stavo male.

Questa storia inizia in un autolavaggio. Vi pare?

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