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Alessandro Garigliano. A ciascuno il suo terrore

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Ho letto il libro di Alessandro Garigliano che s’intitola A ciascuno il suo terrore, pubblicato da TerraRossa Edizioni, e questo mi ha fatto pensare che ognuno di noi ha avuto un episodio di terrore che lo ha cambiato. Può essere un incidente d’auto, un terremoto. Il mio è stato generazionale, un episodio di cui, ancora adesso che scrivo, fatico a parlare. Il 20 luglio del 2001, in Piazza Alimonda, muore Carlo Giuliani. Muore durante una manifestazione, ucciso da un carabiniere. Quattro mesi prima io ero a Napoli. A quel tempo ci sembrava, ingenui come solo i ragazzi a vent’anni, che la Globalizzazione si potesse fermare. Noi, molti di noi, presero parte a questo movimento con il sorriso, senza capirci granché. A Napoli, quel 17 marzo, avevamo i fischietti e ce ne stavamo di lato, rispetto al centro del corteo, in mezzo alle famiglie. Pensavamo: se stiamo vicino ai vecchi, vicino ai bambini, non ci attaccheranno. Rimanemmo seduti sul prato davanti al Maschio Angioino, a mangiare il panino, dietro di noi la ringhiera di ferro che ci salvò la vita perché dopo poco, la polizia cominciò a caricare. Colpivano qualunque cosa non avesse una divisa. Fummo costretti ad accalcarci su quella ringhiera che, per fortuna, non cedette. Saremmo finiti tutti nel fossato, come nelle tragedie medievali. Ci sparpagliammo e io mi salvai correndo verso il porto. Passai ore a camminare per la città, cercando di sfuggire alla polizia. Non avevo fatto niente, ma a niente serviva. Se ti trovano, mi dicevo, ti portano in questura e ti ammazzano di botte, perché questo avvenne a Genova, questo avveniva allora.

Non sapendo cosa fare, mi ricordai che c’era un appartamento in via Mezzocannone dove, anni prima, avevano abitato dei ragazzi che conoscevo. Bussai, qualcuno mi aprii e mi fecero entrare. Rimasi dentro una stanza per ore fino a quando mi sembrò che gli elicotteri avessero smesso di setacciare il cielo. Nessuno, dentro quell’appartamento diceva una parola. Mi ricordo, poi, le adunate davanti ai centri sociali, dove alcuni feriti venivano curati, ricordo le liste della questura dove speravi di non trovare i nomi dei tuoi compagni. Mi ricordo che, a un certo punto, andai verso l’Orientale e li trovai, i miei amici, e fu una gioia enorme, di salvezza. Volevamo solo tornare a casa. Quello che poi successe a Genova non ci ha mai lasciati. Importa ad altri, non a noi, stabilire la dinamica, l’estintore, il volto coperto, la rivolta… importa, a noi, che c’è stato un tempo in cui delle persone si unirono a migliaia per ribellarsi e che questa ribellione fu soffocata nel sangue, un sangue che non si asciuga.

Niente, e l’ho imparato sulla mia pelle, l’ho scoperto restando ore davanti alla tv, niente, dicevo, è più paralizzante del terrore.

Mi ricordo i giorni dopo la strage del Bataclan, i giorni dopo qualunque attentato, tutti, nelle metropolitane, nei pullman, in mezzo alla strada, erano più gentili verso gli sconosciuti, tutti erano più silenziosi.

Garigliano fa un elenco di tutte le stragi avvenute negli ultimi anni e, per chi legge, è uno strano viaggio nel tempo, attraverso episodi di cronaca che credevamo di aver dimenticato e che ci hanno colpito, ci hanno ferito, ci hanno fatto sentire più vulnerabili.

In questo romanzo il protagonista non ha un nome e, anche per questo, potrebbe essere noi.

Una sera va a vedere una partita di calcio, una finale di coppa proiettata in un maxischermo in mezzo a una piazza piena di gente.

L’evento a cui si fa riferimento, pur senza dirlo chiaramente, è la finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Real Madrid dove a Piazza San Carlo un episodio di panico collettivo causò la morte di una donna e quasi duemila feriti…

Da quella sera, il protagonista, si convince che a causare la strage sia stato un terrorista e, dopo aver visionato decine di video, gli sembra persino di averlo individuato. Si mette così alla ricerca di questo presunto terrorista, lo trova, ci diventa amico.

La storia, però, si consuma altrove, fuori da questa dinamica, la storia è lo stato paranoico in cui il protagonista sprofonda, le sue ricerche sulle stragi, le serie televisive che decide di guardare. L’uomo, colpito dal terrore, si radicalizza, muta completamente. La sua causa diventa totalizzante e persino nei confronti della donna che ama, lui cambia.

Garigliano annota molti dettagli: le marche delle cose, il loro colore, fornendoci i confini, quasi, di questa esistenza che lentamente si sgretola.

Ci sono trentatré capitoli, il primo e l’ultimo sono capitoli zero, ovvero dei cerchi che si chiudono con lo stesso gesto cruento. Garigliano chiude il suo cerchio magico dove l’eroe, alla fine del viaggio, torna a essere ciò che forse era sempre stato, un animale.

Pierangelo Consoli

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Alessandro Garigliano, A ciascuno il suo terrore, TerraRossa edizioni 2024, Pp. 182, Euro 16

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