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Hilda Doolittle

Rosa di mare, ruvida, sciupata, scarna, sottile, più preziosa di una rosa umida, sola, su un unico stelo, sei colta nella corrente…

Aridità. Tormento. Spezzata. Logorata. In frantumi.

Con queste parole, che sono le più ricorrenti nelle sue composizioni, si può riassumere la poesia di Hilda Doolittle, ribattezzata H.D. da Ezra Pound, suo coetaneo, conosciuto all’università di Pennsylvania, che divenne la sua grande guida poetica e l’uomo che amò di un amore tormentato e intenso per tutta la vita, nonostante le sue altre relazioni amorose.

Ed è in questa antologia poetica, pubblicata da Interno Poesia e curata dalla traduttrice Giorgia Sensi, che le sue poesie più penetranti, tratte dalle opere Sea Garden e The God, vengono raccolte come un mazzo di fiori, fiori aridi, scarni, meravigliosamente belli nella loro fragilità, nella loro febbre.

I pensieri mi lacerano, temo la loro tosse. Sono dispersa nel suo vortice. Sono dispersa come i semi caldi rinsecchiti.

Le sue poesie seguono perfettamente i canoni dell’Imagismo, movimento letterario fondato da Ezra Pound nei primi anni del Novecento.

Le regole sono poche e semplici: niente astrazione, niente metrica tradizionale, nessuna parola superflua; la poesia imagista deve essere una poesia che ricerchi l’Immagine concreta, capace di evocare un universo di emozioni e movimenti dell’anima, una poesia che abbia una musica libera, ma una musica vera.

Noi non dormiamo più nel vento, appena svegliati, siamo fuggiti dalle porte della città. Strappa, strappa un altare per noi, trascina le rocce della scogliera, ammassale con le pietre grezze, noi non dormiamo più nel vento. […] Un’ombra dardeggia dalle radici, scivola nera, ogni foglia ne taglia un’altra sull’erba, ombra cerca ombra, poi foglia e ombra sono perdute.

Nelle poesie all’interno dell’opera Sea Garden, le immagini concrete, ruvide della natura e della città si mescolano al movimento, al fantasma dell’amato che tormenta la poetessa, che la poetessa continuamente cerca, nonostante lui le sfugga via dalle mani.


Ti sei avvinghiato, col fiato corto e hai balbettato: i demoni del bosco concedono vita, danno vita, sono quasi perduto.Poiché un demone del bosco ha illuminato i tuoi passi, non trovo tracce di te nelle pigne del larice e nel sottobosco. […] Devo seguirti per sempre, e per sempre tra le pietre?

La città è popolata di spiriti, non di fantasmi, amore mio: benché si siano infilati numerosi e abbiano usurpato il bacio della mia bocca, il loro fiato era il tuo dono, la loro bellezza, la tua vita.

In The God, invece, H.D. non parla di sé, ma si immedesima nei personaggi del mito classico che descrive, dipingendo il loro vissuto, paure, sogni con cascate, vortici di immagini vive, come nella poesia dedicata ad Euridice: “lo zafferano del margine della terra, zafferano selvatico che si è piegato sull’aguzzo margine della terra, tutti i fiori che attraversano la terra, tutti, tutti i fiori sono perduti.

Nell’antologia, caratterizzata da una traduzione splendida, attenta nello scegliere ogni singola parola, una traduzione dalle sonorità taglienti e ruvide come la musica delle poesie in lingua originale, la poesia di Hilda Doolittle rivive e ritorna a dipingere con le sue immagini vere e palpabili il suo mondo interiore, la sua anima tormentata, mostrandoci senza timore, senza una parola di troppo, il suo giardino di fiori spezzati.

Arianna Galli 

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