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Esce "The Doors: A Lifetime of Listening to Five Mean Years" di Greil Marcus.

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Faber & Faber pubblica la biografia dei Doors (210pp. £14.99) scritta dal famoso critico Greil Marcus.
E’ difficile approcciare i Doors, senza schiantarsi nel mito di Jim Morrison, ma se c’è qualcuno che può farsi strada attraverso mito e leggenda che circondano lo sciamano maledetto di questa band, costui è Greil Marcus. Dopo tutto, una volta affrontate le labirintiche connessioni tra punk, avant-garde e cultura occidentale nel suo classico “Lipstick Traces”, egli può permettersi questo e altro.
Jim Morrison era l’anti-hippie: un poeta-popstar che ha trascinato lo sguardo del suo pubblico lontano dal sole e nei più reconditi recessi dell’anima, dove c’era da vedere qualcosa di molto più interessante. I Doors hanno rappresentato la paranoia, il caos e l’incertezza di una generazione in guerra con l’autorità, con i vecchi valori, e con se stessa. Non c’era posto a Woodstock per i Doors, né a Monterey, la loro musica era una marcia funebre per il sogno hippie. Non c’è da meravigliarsi che Francis Ford Coppola utilizzò un loro brano, “The End”, come colonna sonora per Apocalypse Now. Greil Marcus è stato un fan dei Doors fin dai primi giorni della band, e andò regolarmente a vederli al Fillmore Auditorium e all’Avalon Ballroom, quindi è ben preparato per riportarci ai tempi in cui i Doors erano freschi, nuovi e scioccanti, prima che divenissero dei classici logorati dal tempo.
(Kevin Courtney, The Irish Times, 12 gennaio 2012)

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