Asor Rosa riflette sulla critica e sulla produzione letteraria italiana. “Il critico, ovvero ‘lettore di professione’ che dir si voglia, deve oggi fronteggiare una vera e propria valanga di proposte editoriali, prevalentemente concentrate proprio nel settore della narrativa. Quanto più il mercato allarga la sua universale tendenza produttiva e la sua onnivora moltiplicazione di testi diversi, tanto più la risposta critica diviene eminentemente individuale, e necessariamente solitaria”.
“Alla forsennata moltiplicazione della produzione libraria s´è accompagnata la diffusione a macchia d´olio della letteratura su di un´infinità di mezzi di espressione e comunicazione: stampa, televisione, pubblicità, discipline sociali e storiche, musica e canzoni, disegno e pittura, fumetti, comics”.
“Ci sono romanzi e racconti veri e propri, ma anche indagini sociologiche, divertissements filosofico-letterari, racconti disegnati invece che narrati. Che vuol dire? Vuol dire che oggi la letteratura, soprattutto nella sua forma specificamente narrativa, è dappertutto”.
“Quand´è che la narrazione, – anzi, ‘affabulazione’ pura e semplice, estesa a dismisura, e perciò straniata e inconsapevole, – diviene racconto?
Diviene racconto quando non si limita a tentare di “riprodurre” la vita, ma cerca di coglierne il senso. Non la vita, ma il senso della vita è (è sempre stato e, secondo me, dovrebbe sempre essere) l´oggetto della grande narrazione. Trovo intollerabili i giovani scrittori che si sforzano di riprodurre il bla-bla dell´esistenza”.
(Alberto Asor Rosa, pag.48, la Repubblica, 13-1-12)