La nube di aggettivi che è venuta a librarsi sopra il candidato repubblicano Mitt Romney da parte della stampa è ormai nota: morbido, elegante, distaccato, disciplinato, tenace, pragmatico, fasullo, attento, cauto, calcolatore. I giornalisti lo hanno descritto come un robot (non diversamente da Al Gore), succube del padre (non diversamente da George W. Bush) e sprezzante di certi modi di fare della politica (non diversamente da Barack Obama).
È stato acclamato per le sue capacità imprenditoriali e attaccato come un avvoltoio capitalista ammazza-lavoro, lodato per la sua abilità nell’ottenere una legislazione sanitaria assistenziale in Massachusetts, e criticato sia dalla sinistra che dalla destra per aver poi preso le distanze da questo risultato. Una nuova biografia, “The Real Romney” (401 pagine. Harper. 27,99 dollari) scritta da due reporter del Boston Globe, Michael Kranish e Scott Helman, non altera sostanzialmente tali percezioni. Il libro ripercorre un terreno familiare a chi ha seguito la corsa alle nomination repubblicane, ma mette insieme un sacco di dettagli in una narrazione che è intrigante e al tempo stesso equanime.
(Michiko Kakutani, The New York Times, 18 gennaio 2012)