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Norberto Bobbio, avversario di ogni assoluto.

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Chi ha conosciuto Norberto Bobbio, o ha letto qualcuno dei suoi libri, sa bene che è sempre stato un razionalista, nemico di qualunque «assoluto», nonché un democratico convinto e un fermo sostenitore di una politica di pace. Ma adesso tutti questi temi tornano in un singolare volume dal titolo Dialoghi con Norberto Bobbio , appena pubblicato da Enrico Peyretti, che è stato suo scolaro e poi amico (oltre a aver fondato il mensile «Il Foglio», dirigendolo per un trentennio, dal 1971 al 2001), e che non solo ha rac colto la corrispondenza durata quasi un ventennio (per l’esattezza, dal 1984), ma è andato registrando – forse con qualche eccesso di particolari – anche le conversazioni avute con il grande intellettuale torinese. Ne esce un efficace ritratto «dal vivo», dove emerge quell’insistito pessi mismo che ha accompagnato il pensie ro bobbiano, specie negli ultimi anni. Ci sono elementi che accomunano en trambi, in particolare l’esigenza della pa ce; ma a dare vivacità a queste pagine so no altresì alcune differenze di fondo, che emergono, ma che nessuno dei due si permette di contestare o criticare nell’al tro: soprattutto quando si tratta di argo menti-chiave. Più che il dichiararsi credenti o non cre denti – ecco un punto su cui Bobbio insiste spesso – quello che conta – e Peyretti lo sottolinea fin dalle prime pagi ne – è soprattutto «essere seri, pensare, impegnarsi». E se ne trova una esplici ta conferma in una lettera del dicem bre 1996, che Peyretti definisce come «la più personale, toccante e dramma tica di Bobbio», specie in quell’interrogativo finale: «Perché illudersi che la morte non sia la morte? dico la morte dell’unica vita che conosciamo, cui sia mo stati legati dai nostri affetti, emozio ni, odi e amori?».
Un altro leitmotiv ricorrente riguarda l’esigenza fondamentale della pace. Ep pure, difendere, sostenere, perseguire l’obiettivo della pace nel mondo non si gnifica per Bobbio schierarsi sempre e comunque a favore di un pacifismo as soluto, magari astrattamente ammire vole ma in pratica pressoché irraggiun gibile. Ecco perché ritrovo costante il lucido realismo in queste parole, che Bobbio scriveva nel giugno del 1991 (a genna io era scoppiata la guerra degli Stati Uni te contro l’Iraq): «Quello che mi pare non molto utile è mettere tutte le guer re sullo stesso piano, non distinguere tra violenza giusta e ingiusta ecc. Non ci sarà più violenza giusta quando tutti gli uomini e tutti gli Stati non saran no più violenti. Ma sino a che ci sarà un violento, uno solo, se gli altri non rea giranno con altrettanta violenza faran no in modo che l’ultimo violento diven ti il padrone assoluto del mondo».
(Arturo Colombo – Corriere del Ticino – Pag. 32 – 18/1/2012)

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