Da secoli la questione dei falsi inquieta ma al tempo stesso affascina il mondo dell’arte. Vittime, ovviamente, i lavori degli artisti più noti e quelli di maggior valore mercantile. Tuttavia dietro la manipolazione di un oggetto archeologico, di una scultura, di un dipinto ci sono spesso curiose storie di persone. Molti falsari diventano tali più per una prova di bravura che per dolo. Restauratori insoddisfatti e ambiziosi o artisti di scarsa capacità ideativa ma dalla mano raffinata, si impadroniscono delle tecniche e dello spirito di un grande Maestro fino ad identificarsi con lui. Esemplare il caso di Han van Meegeren che dipinse falsi Vermeer, ingannando il mondo intero, non replicandoli ma realizzando nuovi «originali».Per contro nel critico che scopre una contraffazione si avverte un compiacimento che va al di là della semplice soddisfazione professionale. Perché se sono gli errori tecnici, spesso impercettibili, a fornire utili indizi della frode, è in primo luogo lo stile, la sensibilità dell’artista a essere inimitabile. E questo viene rilevato solo dall’occhio educato dell’esperto.Infine ecco il collezionista, ultimo anello della catena, spinto dalla sua sete di possesso ad acquistare croste credendo di assicurarsi chissà quali capolavori. Ma anche disposto a portarsi in casa, per puro piacere, i sempre più diffusi e apprezzati falsi d’autore certificati.
Insomma un pirandelliano «gioco delle parti» nel quale ognuno interpreta il proprio ruolo per passione, per ambizione, per interesse …
(Rudy Chiappini- – Corriere del Ticino – Pag. 28 – 24/01/2012)