Leggere “Raylan” è come assistere a un film. Il libro si imprime nella mente del lettore senza alcun aiuto da regista, attori, cameraman, comparse, arredatori e costumisti. Nessuno tranne il lettore e le parole sulla pagina, e tutto funziona a meraviglia. Forse se avesse speso una vita a scrivere di artisti circensi o banchieri o cuochi o capi navali o insegnanti o vigili del fuoco, Leonard avrebbe prodotto una varietà diversa di prosa, qualcosa di non così setoso e sottile, eppure così pieno di velocità come quello che ci ha offerto nel corso degli anni. Ma, come spesso accade, ha scelto la malavita e il mondo atto a controllarla – il mondo della legge – come proprio territorio principale. E come gli uomini di legge e alcuni dei cattivi nei primi western di Leonard, e come molti dei principali protagonisti in molti dei thriller di Leonard, dentro e fuori da Detroit e Miami, Raylan Givens è veloce a prendere decisioni – se costretto – e se spara, è per uccidere.
Si può dire la stessa cosa del suo creatore. Con una scioltezza e un mestiere di oltre mezzo secolo di composizione narrativa, Leonard è il Picasso della letteratura poliziesca, capace di schizzare abilmente i propri personaggi attraverso i dialoghi, con un’attenzione alla forma e ai dettagli, e capace di muovere questi personaggi con una abilità tale da apparire estemporanea, tanto che i suoi romanzi raggiungono spesso il lettore con uno slancio semplice e incisivo e lo agganciano alla psicologia di quei personaggi che vivono al di sotto e al di fuori della legge. Leggere le sue pagine è come svuotare una scatola di cioccolatini.
(Alan Cheuse, The San Francisco Chronicle, 25 gennaio 2012)