“La felicità me l’ero immaginata diversamente.”
Perché il bambino cuoce nella polenta è un breve romanzo scritto da Aglaja Veteranyi, scrittrice romena, e pubblicato da Keller Editore, con le consuete meravigliose copertine.
Il titolo del romanzo richiama una favola che si conosce leggendolo, una favola che è parte integrante della vita della protagonista, una bambina figlia di genitori impiegati con le loro performance in un circo giramondo.
Il circo, per questa bambina e per la sua numerosa famiglia, è tante cose: è casa, è rifugio, è speranza e ricerca di felicità, è anche fatica, è sfruttamento, è violenza, è disillusione.
La bimba, poi ragazzina, di cui non conosciamo il nome, ma che immaginerete dopo non molte pagine, è fuggita dalla Romania con la sua famiglia, e non ci può più ritornare a causa del dittatore che la domina. Ecco perché il circo è per lei e i suoi un rifugio, ma ben presto scoprirà che anche al circo bisogna nascondersi, non rivelare il proprio nome e soprattutto le proprie origini.
“Se qui ci dobbiamo nascondere così, non so perché siamo andati via di casa.”
Inizia a mio parere da parte della bambina, una volta scoperte alcune amare verità, un percorso di ricerca, una rivelazione continua di una necessità impellente, che questa bimba ha: avere una casa, avere una famiglia.
“Ho la sensazione di cadere in rovina.”
E allora ci racconta tutto, ci racconta il fascino e l’ammirazione per la madre, per la sua abilità nell’eseguire i suoi numeri negli spettacoli, ci racconta come l’aiuta a prepararsi e come l’aiuta poi a recuperare le forze dopo aver eseguito la sua performance.
Ci racconta il rapporto con la sorella, con la zia ci racconta come crescendo scopre fatti e situazioni che non avrebbe mai immaginato, rapporti strani, la violenza del padre “normale” per quello che fu il loro Paese.
Ma non è finita qui, c’è, purtroppo, dell’altro.
“La mia testa mi sembrava una discarica di detriti. Appena dicevo una parola, tutto il cervello scivolava giù.”
Quest’ultima frase che riporto mi aiuta a definire l’immagine generata dalla lettura di questo romanzo: è l’immagine di una cascata altissima, impetuosa, carica d’acqua all’inverosimile, generante un fumo avvolgente, e ogni singola goccia d’acqua è una lettera, e tutte insieme formano le tantissime parole che questa bambina ci rivolge, sputa fuori con tutta la forza che ha, e ce le getta addosso per risvegliarci dal nostro moderno torpore.
La stessa struttura del libro e di ogni singola pagina, lo stesso stile di scrittura, la semplicità e la crudezza della singole parole danno l’idea di uno sfogo carico di rabbia, di passione, di desiderio che non ha bisogno di ordine, di schemi precostituiti anzi, deve essere libero quanto più possibile.
Il circo del resto, non ha sempre dato il senso della libertà assoluta, della condivisione di lingue e provenienze diverse, di abilità, giochi e performance sconosciute, e tutto questo non alimentava soprattutto l’immaginazione di noi bambini?
Io credo di sì, e per questo motivo invito alla lettura di questo lungo racconto coraggioso della vita di una bambina coraggiosa.
Claudio Della Pietà
Recensione al libro Perché il bambino cuoce nella polenta di Aglaja Veteranyi, Keller, traduzione di Emanuela Cavallaro, 2019, pagg. 199, euro 15,50.