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Agostino Giovagnoli, Elisa Giunipero. Cina, Europa, Stati Uniti. Dalla Guerra fredda a un mondo multipolare

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I rapporti tra Cina, Europa e Stati Uniti sono diventati cruciali per il mondo intero e il confronto con il grande Paese asiatico sta ridefinendo la stessa identità dell’Occidente.

In Occidente, al centro di molte narrazioni c’è l’ascesa cinese. Il XXI secolo si dice sarà, anzi è già il secolo dell’Asia.

L’altra faccia di questa ascesa cinese, nelle medesime narrazioni, è il declino dell’Occidente.

Per Giovagnoli e Giunipero si tratta di narrazioni che, per lo più, ispirano paura, spingono alla diffidenza, alimentano l’ostilità.

Emblematico il caso che vuole il raffronto tra la situazione odierna e i contrasti tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Si parla quindi di nuova Guerra fredda, proponendo un’analogia con un precedente storico ancora presente nella memoria collettiva. Ciò suggerisce una continuità che invece è stata spezzata dalla caduta del Muro di Berlino e dalle dinamiche impetuose di grandi processi globali.

Per gli Stati Uniti è ancora più importante che parlare di Guerra fredda evochi una stagione di indiscussa egemonia degli Usa sull’Occidente e su gran parte del mondo.

Inoltre, la Guerra fredda si è conclusa con l’implosione dell’antagonista storico – il blocco sovietico – in un apparente trionfo occidentale, di buon auspicio in una nuova stagione di confronto tra grandi forze contrapposte.

Ma le differenze tra le due situazioni storiche, nonostante i tentativi di confronto, permangono.

Il teatro principale della grande contrapposizione tra Est e Ovest del XX secolo è stato l’Europa, mentre il terreno cruciale dell’attuale conflitto tra Occidente e Cina è soprattutto in Asia.

Pur avendo tenuto il mondo in sospeso per decenni con la possibilità di uno sbocco disastroso, la Guerra fredda ha plasmato un sistema di relazioni internazionali, provvisorio ma relativamente stabile, finalizzato a evitare il disastro di una terza guerra mondiale. Tale esito, invece, ricordano i curatori, non è garantito dalla nuova situazione del XXI secolo e l’inattesa guerra in Ucraina ha rappresentato un inquietante segnale di allarme in questo senso.

Indubbiamente, diversi problemi politici, economici, strategici che rendono difficili i rapporti sino-occidentali sono davvero di grandi proporzioni e di difficile soluzione ma appaiono per certo aggravati e a volte resi irrisolvibili da un crescente rifiuto di conoscere e accettare le differenze culturali.

Negli ultimi anni un crescente senso di rigetto ha indotto i Paesi occidentali a raffreddare i contatti culturali e a ostacolare le istituzioni che perseguono la conoscenza storica, linguistica, culturale dell’universo cinese, vedendo in tali contatti e in tali istituzioni strumenti di propaganda e di spionaggio da parte della Repubblica popolare cinese. Non meno diffuso è un senso di forte antagonismo da parte cinese in particolare verso gli Stati Uniti, e anche in Cina sono numerosi i pregiudizi e gli stereotipi che impediscono di comprendere il mondo occidentale.

Tutto ciò complica in modo pericoloso grandi questioni che sono già in sé molto difficili, come la cooperazione nel campo della trasformazione energetica, la digitalizzazione – in particolare riguardo la raccolta e il controllo dei dati personali -. la questione di Taiwan e la guerra in Ucraina.

Nessun paese al mondo, neanche una superpotenza può pensare di affrontare da solo questioni come il climate change o la trasformazione energetica. Oppure di risolvere questione territoriali solo in apparenza locali.

Nella prospettiva di Pechino, l’indipendenza de facto di Taiwan come Repubblica di Cina è un’anomalia che deriva da un passato coloniale e nel lungo termine andrà inevitabilmente cancellata.

Per gli Stati Uniti invece rappresenta uno snodo cruciale per il mantenimento della loro proiezione nel Pacifico, a presidio della prima catena di isole.

Taiwan ha una rilevanza fondamentale anche sotto il profilo commerciale. Nonostante le piccole dimensioni, Taipei è il nono partner commerciale di Washington. Nonostante le tensioni politiche e militari, anche tra Taipei e Pechino il legame commerciale è saldissimo. La maggior parte dei quasi 200 miliardi di dollari di esportazioni taiwanesi verso la Cina sono componenti poi utilizzati nelle esportazioni cinesi. L’importanza economica di Taiwan non è solo quantitativa, ma anche qualitativa. Soprattutto sul fronte tecnologico, con il fondamentale settore dei semiconduttori che è letteralmente dominato a livello globale dai colossi taiwanesi che controllano da soli il 60 per cento dello share globale del comparto di fabbricazione e assemblaggio. La Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, che collabora sia con Washington sia con Pechino, pesa da sola oltre il 50 per cento.

Dopo l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno individuato nella Cina la più seria sfida contro loro stessi e l’ordine internazionale a guida americana. Per questo motivo, gli Usa hanno dato avvio a una competizione contro la Cina, al fine di contenerla e prevalere su di essa. Per fare ciò, hanno provato a ritirare le proprie forze armate dalle altre aree per concentrarle nella zona dell’Indo-Pacifico in funzione anti-cinese. Il ritiro delle forze statunitensi dall’Afghanistan è l’esempio migliore di questa politica.

Dopo l’elezione di Joe Biden, l’amministrazione americana ha realizzato che gli Stati Uniti da soli non sono in grado di contenere la Cina, ma necessitano del sistema di alleanze da loro guidato, perché in questo risiede la loro forza e potenza.

Questa situazione ha creato un grande divario tra le aspirazioni strategiche di Washington e le sue capacità strategiche. In altre parole, continua Huang Jing nel suo contributo, quello che gli Stati Uniti sono in grado di fare è inferiore a ciò che vogliono fare.

Putin e i suoi consiglieri hanno visto in questo una buona opportunità per lanciare un’offensiva e difendere la linea rossa della sicurezza nazionale russa.

Dal momento che la Guerra fredda è finita non vi sarebbe necessità di continuare a mantenere operativa la Nato visto che il Patto di Varsavia, ovvero il motivo per cui essa è stata fondata, è crollato agli inizi degli anni Novanta. La perdurante persistenza della Nato e il suo ampliamento verso Est sono interpretati dalla Cina come un comportamento da Guerra fredda. Ovvero, per la Cina gli Stati Uniti e la Nato hanno tanta responsabilità quanta ne ha la Russia per la tragedia che si sta verificando nel cuore dell’Europa.

La Cina sta provando a proiettare nel mondo esterno un’immagine e una percezione di se stessa come distributore di bene pubblico, un Paese costruttore e amante della pace che sta tentando di contribuire al villaggio globale.

Per contro la Russia è una potenza globale non tanto per le sue capacità di contribuire costruttivamente, quanto piuttosto per il suo potenziale di distruzione di massa.

Dal punto di vista cinese, l’intero villaggio globale deve lavorare insieme. I paesi europei, in particolare, devono giocare un ruolo decisivo e di guida per condurre alla fine di questa guerra e tentare ciò attraverso negoziati.

Il libro curato da Giovagnoli e Giunipero è un collettivo di contributi che analizzano il tema partendo da varie angolazioni, alcuni in maniera diacronica, altri sincronica. Dal quadro complessivo emerge comunque la rete di collegamenti e interdipendenze, ormai pressoché ineliminabili, tra i vari attori e agenti del villaggio globale. Con gli operatori culturali e accademici basiti dai tentativi di escludere e marginalizzare l’una o l’atra cultura come conseguenza diretta di azioni politiche, strategiche o militari. Addirittura tentativi di strumentalizzare politicamente le relazioni culturali e accademiche, nonostante la resistenza degli attori culturali e accademici che rivendicano l’indipendenza e l’internazionalità di un libero mercato.

Irma Loredana Galgano

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Agostino Giovagnoli, Elisa Giunipero (a cura di), Cina, Europa, Stati Uniti. Dalla Guerra fredda a un mondo multipolare, Guerini e Associati, Milano, 2023.

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