La rivolta come forza creatrice che implica la distruzione del passato e dei valori dominanti. Il “no” che attesta nell’uomo la volontà di essere e quindi di diventare “ciò che è”. Di tutto questo parla Camus in questo saggio pubblicato nel 1951, ma che ancora è tema di discussione.
Oggi come all’epoca, questo libro divide le coscienze, perché se da un lato la rivoluzione è un ritorno allo zero temporale, ad un inizio incontaminato; dall’altro, la rivolta è lo scalpello con cui si scrostano dall’uomo e dalla società i valori introiettati nei secoli.
Ma soprattutto, Camus pone la rivolta quale forza creatrice in un mondo assurdo, in cui il senso della vita appare oscuro. Per questo motivo la prima rivolta che l’uomo compie è quella contro Dio e lo fa in maniera “metafisica” e “storica”.
Quella metafisica nega Dio, essere che se ne sta lontano dal mondo, abbandonando l’uomo al suo destino e chiedendogli nient’altro che il sangue e la sofferenza. La rivolta storica, invece, è quella che pone l’uomo in conflitto contro le istituzioni che si ispirano ai “principi di Dio”.
La Rivoluzione Francese pone in contrasto aristocrazia e borghesia; quella dei Soviet la borghesia con il proletariato; quella Nazi-fascista decreta la costruzione della religione civile, la deificazione dell’uomo e il deicidio perfetto profetizzato da Nietzsche nel suo “Dio è morto”.
Ma Camus si spinge oltre, riconoscendo in tutte queste rivoluzioni, sostenute prima di tutto da un’ideologia figlia della “rivolta metafisica”, un pensiero ancora giovane e mal interpretato.
Prima di tutto, Nietchzse è il grande truffato, in quanto il suo nichilismo non è distruttivo, bensì, è una dichiarazione di indipendenza dall’illusione e dal sogno. Toglie alla società e alla religione del XIX secolo l’ipocrisia e ne mostra i corpi martoriati.
Dio è morto perché ucciso dai suoi stessi seguaci, di conseguenza anche la morale è un retaggio ed è sconfessata dall’azione quotidiana dell’uomo. Da questo processo di spoliazione, però, l’uomo può trovare la salvezza, ossia, la sua volontà di potenza, che non è sinonimo di oppressione dell’altro, ma riscoperta del sé e dunque riappropriazione della sua umanità.
In secondo luogo, Camus distrugge il marxismo e le sue pretese scientifiche. Secondo il pensatore francese, Marx è un profeta a breve termine. Anche lui parla di un mondo nuovo, ossia la società comunista, che si realizzerà. E man mano che le rivoluzioni di matrice marxista del XX secolo si susseguono, ecco che gli stessi fautori riconoscono che un mondo completamente convertito alle tesi del marxismo ci sarà solo nel prossimo futuro. Una dichiarazione che richiama il Vangelo, che parla della venuta di Dio alla fine dei tempi. Quando tutto si compirà.
Cos’è quindi la rivolta?
Per Camus, ogni rivolta vuole costruire una società giusta in cui trionfino la solidarietà e la filantropia. Ma nel momento in cui subentra l’omicidio, sia esso metafisico che storico, che viene utilizzato per eliminare i nemici della rivoluzione, a compiersi è solo la contraddizione che tramuta tutte le rivolte in “religioni civili”, in cui l’uomo deifica se stesso e il suo progetto utopistico.
Ma c’è di più, Camus afferma che anche la rivoluzione perfetta non farebbe altro che diminuire aritmicamente i mali che affliggono la società. I bambini, infatti, continueranno a morire lo stesso a causa degli accidenti che sono fuori dal controllo dell’uomo.
È questo male, inspiegabile, cieco, inarrestabile, che l’uomo non riesce ad annullare. Esso attesta l’assurdità e il non senso della vita stessa e quindi della rivolta.