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Alberto Laiseca. Grazie Chanchubelo

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Più storie che umano, Alberto Laiseca è un mito.

Alto, con i baffi a manubrio, sembrava uno di quei motociclisti pazzi con il poncho di pelle e le braccia piene di tatuaggi.

Come uno dei gatti che tanto amava, era sornione e non si poteva addomesticare.

Scrisse un’opera monumentale, Los Sorias, più di mille pagine che nessuno aveva letto. Molti lo sapevano un genio, un anarchico e sui suoi racconti si ammassava il mito.

Non voleva pubblicare, si infuriava con gli amici che tentarono di persuaderlo. Si dice che bazzicasse le pizzerie di Buenos Aires, che chiedeva carta, anche unta, e una penna in prestito. Scriveva racconti profumati, oleosi e inconsueti. Li teneva con lo spago. Per sentirlo leggere bisognava recarsi al Bar Moderno, all’ottocento di Calle Maipù.

Al Moderno ci era finito per ostinazione. Aveva studiato ingegneria, ma aveva lasciato gli studi per scrivere. Passava da un lavoro ad un altro, cercando di fregare la vita e la fame. Un giorno, racconta Laiseca, vide un tizio con la barba che sembrava un intellettuale. Gli chiese se c’era un posto dove si riunivano gli scrittori e quello gli cambiò la vita.

Al Moderno conobbe Marcelo Fox e Sergio Mulet. Leggeva cose senza senso e, per questo, attirava l’attenzione.

Visse povero per quasi tutta la vita, giganti come Borges e Piglia conoscevano il suo lavoro.

Laiseca non assomiglia a nessuno, ancora adesso.

Grazie alla tenacia di Loris Tassi, che di Laiseca è molto di più di un semplice traduttore, arriva in Italia per le edizioni Wojtek, Grazie Chanchubelo, una raccolta di racconti in cui Laiseca mostra molte delle sue anime.

Dalla parabola de La favola del povero e della borsa; al racconto fantastico di Scalata del gran legno o Dal mio bastone escono jingles; al racconto esoterico e autobiografico Grazie Chanchubelo.

Senza sfuggire al gusto del satirico, come in La petomanzia non è una musica minore; o del racconto Jack il dimenticatore.

In ognuno di questi racconti troviamo un Laiseca un po’ diverso. Lo stile dissacrante e asciutto è lo stesso, ad indicare una coerenza stilistica e una voce marcata. Però, libero, Laiseca si avventura e se qualche volta mi ha ricordato il Roberto Arlt de I sette pazzi, e in altre un Bukowski privo della retorica della strada, un Bukowski che non vuole impressionare, più intelligente, più istruito, ho dovuto arrendermi all’idea che uno come Laiseca io non lo avevo mai incontrato prima.

Nella letteratura argentina non è accostabile a nessuno e questa, io penso, è la sua fortuna ed è stata forse la sua condanna.

Laiseca rimase per sempre ai margini, chiuso nella sua casa povera e piena di bestie. Sfiorò la pazzia, l’autodistruzione. Incapace di porre fine alla sua vita, scrisse una lettera al governo americano perché lo mandassero sul fronte vietnamita. Era certo di non valere niente come soldato e lì sarebbe morto.

Non gli risposero, visse.

Per chiunque ami la letteratura latinoamericana, Laiseca rappresenta una bellissima scoperta. Per chi non la conosce, invece, questa piccola raccolta può essere un’opportunità per immergersi in un mondo che è stato per la letteratura in generale, un paese di Oz dove per essere uno scrittore bastava che tu scrivessi, con ostinazione, dedizione e serietà. Era un mondo di folli, poveri e pionieri.

Oggi, un’idea consumistica dello scrivere, fatta di successo, di utile e di patinato, ci ha sottratto tutto il fascino che la vita di uno scrittore dovrebbe avere. Sembrano spesso degli impiegati, gli scrittori di adesso, gente che esce di casa solo per andare ai saloni, alle fiere.

Quando i Sex Pistols sostituirono Glen Matlock con Sid Vicious, qualcuno di cui non ricordo il nome disse che i Pistols, dopo il cambio di bassista, poterono scattarsi tante belle foto, però non scrissero più nemmeno una canzone.

Questo è lo stato dell’arte, da quando ci siamo convinti che uno scrittore è tale solo se pubblica, se pubblica bene, se ha lettori, se ha successo, se va alla televisione, la letteratura ha guadagnato tante belle foto, ma ci siamo persi un sacco di libri che non leggeremo mai.

Pierangelo Consoli

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Alberto Laiseca, Grazie Chanchubelo, Wojtek edizioni, 2022, Pp. 120, euro 16,00

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