Come è possibile ripercorrere la storia di un personaggio vissuto quasi mille anni fa? Come è possibile raccontare gli spostamenti di un esule fiorentino durante gli anni delle lotte politiche che investirono i Comuni italiani del 1300, rimanendo del tutto coerenti con le molteplici dicerie e gli innumerevoli depistaggi indiziari? Non si può. Questa è l’ammissione che, tra le righe, spiega Alessandro Barbero nel suo Dante, edito da Laterza 2020. E allora come giustificare le oltre 300 pagine che raccontano la vita del Sommo Poeta?
Quello che Barbero ricostruisce è quanto di più complicato uno storico debba affrontare. Sì, perché alle scarse documentazioni che attestano di azioni e spostamenti di Dante Alighieri, si accavallano trattati, commenti e le opere stesse del Sommo Poeta che celano tra le righe di quanto vergato di sua penna, nozioni autobiografiche che, tuttavia, in molti casi cozzano con la poca documentazione originale rinvenuta. Un saggio colmo di ipotesi è l’unica soluzione realizzativa, a meno che non si voglia scegliere una pista e seguirla senza porsi tante domande. Ebbene, Alessandro Barbero non solo non sceglie una pista senza farsi domande, ma le ipotesi conosciute relative una fase della vita di Dante le vaglia tutte, analizzando tutti i documenti presenti, tutte le copie che ne tramandano le nozioni (fino ad analizzare anche copie di manoscritti del 1800) e pure cercando di contestualizzare e giustificare quanto di suo pugno Dante ha deciso di comunicare riguardo la sua vita. Ecco quindi spiegato il cospicuo numero di pagine. La minuzia con cui riporta atti e fonti è frutto di un lavoro veramente ingente e che ha dell’ossessivo. La non paura di contraddirsi dell’autore e la non paura di contraddire anche quanto sia dato per certo fino ad oggi, rende il lettore partecipe di quello che potrebbe essere definito un “giallo”; perché con abilità Barbero ci rende partecipi dei suoi dubbi e dilemmi nella ricostruzione di ogni momento della vita di Dante e il lettore si diventa osservatore attivo di un processo logico che provi ad indirizzare le indagini dello storico.
Tutto questo gioco a tre tra l’autore, Dante e il lettore, tuttavia, si interrompe nel momento in cui, per ogni momento biografico del Poeta, Barbero spiega quale inclinazione dobbiamo avere di fronte alla fonte. Ecco che la storia siede al trono e pone come preminenti i suoi concetti chiave, le storie che nella stessa convivono e ciò viene fatto passando dalla logica cronologica, attraverso la filologia delle fonti e dei manoscritti, incontrando la storia delle istituzioni sociali medievali, giustificata dall’analisi dei costumi e degli usi di quel tempo. Il fatto che l’autore inserisca tutte queste “sottocategorie” storico-analitiche per interpretare i documenti del 1300 ha una motivazione. Se la ricostruzione evenemenziale dei fatti è difficoltosa e ha l’utilità di inquadrare il padre della poesia mondiale in un contesto storico e sociale, essa ha anche la funzione di imperniare attorno a sé tutte le ipotesi riguardanti le sue inclinazioni politiche e sociali, i suoi rapporti di amicizia e familiari e tentare una ricostruzione sui motivi per i quali Dante abbia scelto di comportarsi in un modo, anziché in un altro. Quello che ne risulta è un quadro di un personaggio influente, abile e attento ai fatti del proprio tempo che agisce e si fa protagonista della storia a lui contemporanea.
La fatica dell’autore raddoppia se si considera che egli ha voluto narrare ogni singolo istante della vita di Dante Alighieri. Partendo da un resoconto familiare che ne giustifichi i natali, arrivando a una panoramica aderente e completa sui suoi lasciti. Indubbiamente ciò su cui fa leva sono gli atti notarili per capire quanto accadde, ma di essi la disposizione è ridotta oggigiorno. Quindi lo storico esegue lavori maestrali di incrocio di fonti, di analisi filologiche e di costatazioni socio-antropologiche che portano a nutrire dubbi financo su quanto Dante stesso dichiara di sé tra le terzine della Commedia, ma che, a seguire il ragionamento di Alessandro Barbero, trovano un riscontro nel mondo della logica. Così lavorando ci restituisce l’immagine del fiorentino non solo quale personaggio agito dal suo tempo, ma le cui idee, i cui compromessi e la cui filosofia di vita sono giustificati dai suoi interessi e dalle sue ambizioni, che diventano importanti a tal punto da essere lui stesso, Dante, ad agire nella propria storia.
In conclusione, si può affermare che quanto studiato dal Professore piemontese sia uno degli esempi più ardui di come lo storico lavori per permettere di saperne di più sulle nostre origini. Siamo di fronte a un saggio che tenta di ricostruire i fatti come sono accaduti, ma che non riesce a darne un quadro completo. La statura morale di Alessandro Barbero si cela dietro a questo: non escludere niente escludendo tutto, per arrivare a una risposta più simile alla storia possibile.
Lorenzo Bissolotti