Pensa il risveglio (Terra Rossa Edizioni), atteso ritorno al romanzo di Alessandro Cinquegrani dopo Cacciatori di frodo edito da Miraggi nel 2012 – esordio potente, finalista al Premio Calvino e candidato al Premio Strega, ora in fase di traduzione per il mercato francese – si apre con un inganno, apparentemente: il lettore viene introdotto per immersione in un clima distopico che sembra slacciato dallo sviluppo successivo della trama.
In realtà non è una distopia ambientata in un futuro ipotizzabile quella che verrà narrata, ma una vicenda dell’oggi sorretta da un intreccio di avvenimenti complesso, sospeso, personale ma legato a doppio filo a persone reali, notorie, che hanno tracciato un solco maledetto nella Storia.
Il clima conchiuso, claustrofobico, delle prime pagine è quello del set di un film, una pellicola incentrata sulla figura di Albert Speer, architetto del diavolo Adolf Hitler e suo primario confidente (complice e contraltare del dottor Mengele, altra anima nera del nazismo), colui che mai ritrattò la sua terribile fede e devozione e che riuscì nell’intento di convincere i giudici di Norimberga di avere avuto nelle atrocità perpetrate dai nazisti una parte marginale, ininfluente.
Alla pellicola a lui dedicata lavorano il protagonista e voce narrante del romanzo, Alberto, e il collega Lorenzo: quest’ultimo un giorno inaspettatamente sparisce.
Ad Alberto, abbandonato con la troupe a riprese quasi ultimate, non resta che partire alla sua ricerca.
A seguirlo c’è Caterina, compagna di Lorenzo, che lo accompagna fino alla cima di una montagna dove si vocifera sia stata rinvenuta l’auto del fuggitivo. Che in effetti è lì parcheggiata, integra. Ma vuota.
La ricerca, che debutta in quieta disperazione, prende presto una piega inimmaginabile. Il protagonista subisce una fascinazione totale dalla figura dell’amico scomparso (a tratti, si potrebbe ipotizzare, omoerotica, almeno latente): con il passare dei giorni quasi involontariamente Alberto si approprierà della vita di Lorenzo, sostituendosi a lui in tutto, nella sua casa, nel suo letto, perfino nel corpo e nel cuore di Caterina (Cate, anzi, da questo punto) che presto si scopre incinta.
Il personaggio principale scivola dunque con inattesa facilità in un’esistenza altra ma speculare, in un teso, eterno gioco del doppio che rifrange l’ossessione che lo tormenta: il dualismo del rapporto tra Speer e Mengele – demoni anch’essi tragicamente complementari – tematica portante del film che stava realizzando e di cui, nel proseguire del tempo, nota fin troppe coincidenze con la vita dell’amico in fuga.
Lasciandosi permeare dalle suggestioni delle loro esistenze, di altre verità, si aprono al protagonista numerose brecce nel quotidiano che si ripresentano epifaniche, inattese e rivelatrici. Di giorno in giorno coglie segni di permeabilità tra la Storia e le storie dei singoli, e come Speer decise per la via vigliacca dello sfuggire alle proprie responsabilità, così a un certo punto anche lui viene tentato di ritirarsi dall’incombenza della ricerca dell’amico, di rinunciare al suo inseguimento e di lasciarlo scomparire come evidentemente era sua volontà.
Ma comprenderà che è dall’assenza di Lorenzo, in fondo, che si definisce la sua persona, che si modella la sua vita: è il risveglio del titolo, appunto, tratto da un verso di Saba, che è risveglio della coscienza, un rendersi presente a sé stesso prima ancora che al mondo.
Pensa il risveglio è romanzo complesso, coraggioso nell’idea di fondo di voler realizzare una scrittura ampia eppur coesa, interpretabile su almeno tre livelli – i temi eterni della quest e della costruzione del sé, la raffinata, estesa, attendibile analisi storica (Cinquegrani è autori di note pubblicazioni sulla storia del nazismo) e la narrazione introspettiva.
La Storia si interseca, si avvinghia alle storie dei singoli in un equilibrio ricercato che Cinquegrani riesce a mantenere felicemente per tutto il romanzo, un’opera in cui si ritrova lo stile denso del precedente Cacciatori di frodo ma meno martellante, cupo e salmodico, certamente altrettanto profondo, musicale, cinematografico, a tratti poetico.
Bene ha fatto Giovanni Turi delle ottime TerraRossa edizioni a accogliere Pensa il risveglio nella collana Sperimentali, non fosse altro che per la bravura di Alessandro Cinquegrani nelle pagine descrittive: costruite come congegni di precisione, con attenzione meticolosa nella scelta della parola, apparentemente di raccordo tra un dialogo e l’altro, in realtà corposi richiami e sollecitazioni del lato oscuro, del peso delle ombre sull’esistenza dei suoi personaggi a cui fa attraversare segni biblici, terremoti che rivoluzionano, incendi che purificano (le urla vengono da lì, la voce stracciata si contorce in una spirale di dolore. Quando arrivo fuori, la vetrata della casa del vicino è già avvolta nelle fiamme, dall’interno le lingue di fuoco spingono e si alternano nell’affermare il loro potere. Prendo d’istinto il tubo di gomma per innaffiare, lo srotolo con una foga calma, asciutta. Mi sembra che i miei gesti resistano alla trepidazione, che tutto si muova con una lentezza simulata. Che il legno crepiti, il vetro s’incrini, l’intonaco sulle pareti disegni maschere liquide in un ralenti stupefatto e definitivo. Solo quando apro l’acqua a pieno getto, tutto riprende a muoversi in modo concitato e vorticoso. L’uomo è un fagotto di fuoco che sbatte ovunque, portandosi dietro lingue gialle come girandole mute. Sembra inutile il mio affannarmi, l’acqua evapora al contatto con l’incendio, mentre folate di vapore mi schiaffeggiano il volto e gli occhi mi bruciano. Poi d’un tratto le fiamme traballano e si placano più presto di quanto potessi immaginare: alte, sì, ma segate alla base come piante di saggina precipitano su loro stesse traballanti. La spirale umana di fuoco che si muoveva per fuggire a se stessa, travolgendo tavolo e credenza, contagiando il divano di stoffa grigia, sembra adagiarsi sul pavimento in marmo. Il getto d’acqua la travolge con forza, le fiamme spariscono ben presto, e con loro le urla) prima di approdare infine verso scelte esistenziali definitive, nuove e coraggiose, verso una propria personalissima concezione di nuova, luminosa coscienza.
Anna Vallerugo