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Alessandro Moscè. Le case dai tetti rossi

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Se è vero che i bravi poeti parlano una lingua comprensibile anche ai folli, perché universale, bisogna riconoscere che lo scrittore (e poeta) Alessandro Moscè è stato capace di scrivere una storia in prosa dal respiro “universale”. Ovvero una storia che ci racconta di un piccolo mondo, ormai scomparso: quello di un manicomio. E bisogna tenere conto, sin da subito, della complessità di un tentativo del genere. Nonché della giusta dose di curiosità umana utile a rimettere in piedi l’eterno gioco del raccontare storie e vite dimenticate. Perché Moscè ha raccontato la storia contenuta nel libro Le case dai tetti rossi con estrema consapevolezza umana, servendosi di uno stile raffinato che si fa scrittura sincera agli occhi del lettore, senza mai eccedere in un virtuosismo stilistico fine a sé stesso. Quante (e quali) vite umane poteva contenere un manicomio in epoca prebasagliana? Questa la domanda centrale di un libro che ben racconta le vicende del manicomio di Ancona, luogo inaugurato agli inizi del novecento con l’apertura di una serie di palazzine definite, appunto, “case dai tetti rossi”. Si narra così di una casa cara all’autore, quella di nonno Ernesto e nonna Altera, che sta per essere messa in vendita. Questo episodio familiare permette all’autore del libro di calarsi nel ruolo di esploratore di luoghi e ricordi relativi a quanto visto, vissuto – e scoperto tempo dopo – da un io narrante che ha a cuore quelle storie di uomini relegati ai margini della società. Ed ecco che la famiglia manicomiale composta da: l’uomo giraffa, Franca che aveva paura dei nazisti, Giordano grande tifoso del Napoli, Marta che si feriva di continuo le mani (e tanti altri), diventa per noi tutti un gruppo sociale di personalità memorabili. Esistenze che colpiscono la nostra immaginazione e la nostra voglia di sapere di che materia sono fatti quei destini così carichi di umanità. Moscè, parola dopo parola, prova a rispondere alla domanda centrale del libro con una storia che è romanzo-memoir-oggettonarrativo-ibrido capace di affabulare il lettore invitandolo a una riflessione necessaria (e quanto mai attuale) che indaga le vite di chi per sfortuna familiare, tara genetica o semplice pregiudizio popolare è finito chiuso in quelle mura di reclusione. Mura che per molto tempo hanno influenzato e sconvolto l’esistenza di diversi esseri umani. Così, nel presentare quelle vite incredibili, Moscè rende immortali alcuni personaggi di quel manicomio di Ancona che ha ospitato personaggi di cui avremmo voluto sapere di più, vite parallele che meritavano un’altra esistenza possibile. In questo percorso autoriale – intimo e coraggioso – Moscè, decostruisce e riassembla quelle vite sconosciute che lo affascinavano fin da bambino. Nel farlo ha composto una partitura musicale in grado di contenere l’opera vivente di quel gruppo di pazienti, operatori e dottori che operavano nelle case dai tetti rossi. E di tanto coraggio autoriale, (e editoriale), bisogna essere grati all’editore Fandango Libri che ha osato pubblicare un libro fuori da ogni logica di mercato contemporanea. Concedendo così all’autore la libertà artistica di dare un senso profondo alla sua espressione artistica che attinge da un prezioso vissuto personale. Un modo di affrontare l’universo narrativo senza nulla nascondere al lettore bisognoso di storie sinceri e coinvolgenti. Da oggi, e si spera ancora per tantissimo tempo, anche “le case dei tetti rossi”sono esistite per tutti noi comuni lettori che non le abbiamo mai visitate di persona. Quanto fatto da Moscè, rievocando la memoria di un luogo che ha prima recluso alcune vite, e poi le ha rivoluzionate (grazie all’intuizione del Grande Franco Basaglia) diventa libro di carta pulsante, un organo di cellulosa e inchiostro che diventa patrimonio culturale per biblioteche e archivi storici. E questo piccolo ma fondamentale accadimento ha avuto luogo oggi grazie a uno scrittore. Nel dubbio eterno, se la lettura salvi o meno il mondo, vale la pena ricordare che le belle storie di sicuro fermano il tempo per restituirlo alle collettività. Come fa questo potente libro, scritto da un autore sensibile, intelligente e tanto valido nelle idee quanto nei mezzi espressivi.

Mario Schiavone

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Alessandro Moscè

Le case dai tetti rossi

Fandango

17 euro

187 pagine

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