La vena verde di Alessio Arena (I Quaderni del Bardo Edizioni, 2020 NovaB- Collana Teatro) è un’opera liberamente ispirata alle lettere di Maria Antonietta Portolano Pirandello e offre al lettore un lungo, inteso e ferito monologo, nella forma teatrale di una confessione estrema, sacrificata e devastata dalla sensibilità della protagonista. La materia decadente della follia, è la cornice esistenzialista del rifiuto alla morale borghese e rivendica la diversità e l’estraneità degli interrogativi umani sui tormenti interiori. L’autore delinea ogni potenzialità di evasione dalla realtà soffocante, descrive la distruttiva sconfitta della donna – moglie, demone dell’accorata irrequietezza, contrapposta alla figura del celebre marito drammaturgo. Il male di vivere in Maria Antonietta Portolano personifica un pensiero svanito e la conseguente spirale ossessiva di perdizione nel labirinto tortuoso ed impervio della mente, combatte la dissoluzione delle illusioni, la degenerazione delle esperienze estreme, la nevrosi dei sentimenti.
Le parole significative nel testo di Alessio Arena sono una comunicazione del disagio, dell’inquietudine, intrecciano la malattia e la difficoltà della comprensione, regolano l’emblema delle alterazioni permanenti, vincolano l’esasperata rabbia del contrasto tra esteriorità e verità, influiscono sulla coscienza, avvertono la consapevolezza della realtà. La vena verde è il vaso periferico di ogni traccia disperata, tragica e poetica, il condotto naturale dove scorre l’ispirazione e il talento di una scrittura nella direzione dilatata e passionale del dramma. La visione della vita sopraffatta dall’isolamento e dalla disgregazione, costringe l’improvvisa lacerazione dell’anima, concede la sospensione di ogni criterio di giudizio, aggrava l’abbandono e la sofferenza psicologica, l’alterazione e la devianza. La storia porta a galla la vergogna incurabile di ogni disabilità, la sfera affettiva disadattata e deviata dal retaggio comune della vigile e riflessiva ragione. La cognizione dell’inquieto destino plasma la forma instabile della protezione nel vissuto, ogni esito ribelle riepiloga la sua causa conseguente, con incalzante sensatezza, ogni avvenimento distende il furioso risentimento in una poetica dell’assenza, della colpa.
L’affanno e la tensione dell’esistenza inaspriscono il controllo già frammentato della realtà, rispecchiano la solitudine e l’isolamento degli atteggiamenti emozionali. Il testo di Alessio Arena oltrepassa la condizione dell’incomunicabilità associando all’illogico e tumultuoso stato d’animo della protagonista, l’identità cristallizzata nel ruolo dell’instabilità mentale. Le convenzioni sociali e i rigidi schemi della logica rinchiudono il danno scomposto e imperfetto delle pulsioni vitali, sottraendo la forza segreta e soffocata della vita. La vena verde accorda la sfumatura dell’incoraggiamento al riscatto, riuscendo a far emergere dalla mancanza di adattamento e sorvegliando con lo sguardo il punto di non ritorno, la cura della purezza e il riparo protetto della creatività artistica.
Rita Bompadre