Quando nel 2018 lessi Napoli mon amour, il romanzo d’esordio pubblicato da NNEditore, ne ricordo ancora la cover, per Alessio Forgione immaginai un percorso letterario diverso da quello di molti altri autori della sua generazione. Chi nasce in un posto come Napoli capisce fin da subito di ereditare un’identità più marcata rispetto a quella di chiunque altro. I lettori di Telegraph Avenue sanno che seguo poco la narrativa italiana. Sanno anche della riluttanza che ho maturato da alcuni anni verso tutto ciò che esprime la tradizione della mia città. Scrivere a Napoli o di Napoli o semplicemente scrivere “se sei di Napoli” può rivelarsi un fattore di rischio. Il rischio di farsi risucchiare nel magma e nel dramma della perenne imitazione di sé per diventare come quelle statuine vip riprodotte dai maestri presepisti a San Gregorio Armeno. Ho già speso in altre circostanze parole di stima per Alessio Forgione perché attraverso i gangli della sua corazza di scrittore (si può anche leggere scrittore di razza) non ha mai lasciato che filtrasse la grammatica del pastorello che tanto piace invece ai cantori del posto al sole e del mare fuori. Anni Felini, il nuovo romanzo, conferma questa rara abilità di resistere ai cliché di un linguaggio – linguaggio non lingua – ai quali Napoli sembra purtroppo condannata senza appello.
Il romanzo si apre con un gattino che sopravvive miracolosamente a un incidente d’auto. Giorgino diventa uno dei cinque gatti di Daniele (Papà Gattone), musicista napoletano con dei trascorsi londinesi, trasferitosi fuori città, nella “casa degli ulivi”, per lavorare all’uscita di un nuovo disco. Nella casa di Daniele arriva anche il protagonista della storia, uno scrittore in crisi di ispirazione e reduce da una lunga e burrascosa relazione sentimentale. Nei primi capitoli il romanzo assume la forma di una fiaba: Forgione dà voce ai gatti di Daniele e li fa interagire con la componente umana della casa. I gatti parlano tra loro, Daniele e il suo amico parlano con i gatti, il lettore vede e sente tutto. Qui la prosa è volutamente basica, elementare come quella di una filastrocca, per riprodurre un punto di osservazione e un lessico familiare che faccia comunicare i gatti alla maniera dei bambini. Che io ricordi, nella letteratura italiana contemporanea esistono almeno due precedenti di romanzi con animali parlanti. Qualche anno fa Giordano Meacci diede la parola a un branco di cinghiali in un libro che sfiorò il premio Strega. Più recentemente Bernardo Zannoni ha fatto lo stesso con una faina. La vicenda di Forgione però è più complessa, non si tratta cioè di una semplice storia animalista. Il focus del romanzo è tutt’altro. Anni Felini secondo me è un romanzo sulla cancellazione. Cancellazione è anche il titolo di un romanzo di Percival Everett diversissimo da questo ma con dei punti di connessione che nelle righe successive risulteranno più chiari. Cos’è che cancella Forgione nel suo testo? Intanto
la distanza tra uomini e gatti e ogni subalternità degli uni rispetto agli altri. I gatti vivono seguendo l’istinto, è vero, gli uomini invece pensano e programmano. Ma al di là di questo, non ci sono altre differenze. Forgione cancella Napoli, che come spiegavo prima non ingombra la scena, non copre, non fagocita tutto: resta ai margini. Napoli viene indicata come “La città delle chiese abbandonate”, una specie di legge del contrappasso che Forgione si autoinfligge per distinguersi da chi del nome della città ne fa invece un uso smodato e compulsivo anche attraverso l’iconografia vesuviana o decumana o peggio: culinaria. La Napoli velata di Forgione affiora solo in qualche parola dialettale o nel ricordo di Ciro Esposito, il tifoso ammazzato prima della finale di Coppa Italia a Roma, e Annalisa Durante, la quattordicenne di Forcella stroncata da una pallottola vagante nel corso di un conflitto a fuoco tra clan. Forgione cancella perfino il racconto: usa il presente indicativo rappresentando i fatti in un divenire sempre attuale. Ogni cosa accade mentre la leggiamo. L’ultima cosa che Forgione rimuove dalla storia è il futuro. Le vite incerte e precarie dei gatti somigliano molto a quella del protagonista, un giovane uomo disorientato, in bilico avrebbe pensato Saul Bellow, alle prese con un romanzo da completare e con un amore sbiadito. Anni Felini non ha una vera trama, è un romanzo di senso non di trama; nel corso delle centonovanta pagine vi renderete conto che non succede nulla di speciale oltre le accelerazioni di una quotidianità che Forgione riportata a una condizione primordiale, essenziale come quella degli animali in casa. Bret Easton Ellis direbbe che i personaggi di Forgione non fanno: esistono. Anzi, coesistono.