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Céline contro Vailland

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Il risentimento ti punge, l’acredine, l’odio… che tutti sti porci ti schizzano!… che scialacquano a ogni Ristoro, ogni Motel, ogni giro di ruota, per noi ben di che vivere un mese!… e poi per non ammosciarsi! sradicare una siepe!… il loro trucco masochista non mi frega!… dico io! né la pettorina di Loukoum! né le sbirrerie del Tartre… né l’occhio di pesce fritto di Achille… né l’altro il qui nominato Vaillant! valente di che cosa! che voleva assassinarmi!… sì! che è salito su di sopra apposta! che lo dice dappertutto! che lo ha scritto!… eh merda! io sono qui! non è troppo tardi! che venga lo aspetto!… sono sempre qui, mi assento mai, resto apposta per i ritardatari… una primavera… due… tre… sarò più qui… sarà troppo tardi… sarò morto di naturale…

Così, con lo pseudonimo di “Vaillant”, (“Valente”), nel 1957 Louis-Ferdinand Céline rievocava in questa formidabile pagina di Da un castello all’altro – dove peraltro notiamo profetizzasse con l’errore di un paio di anni la data della sua morte – il nome dell’attore, intellettuale e libertino di sinistra Roger Vailland, che tanto lo aveva fatto infuriare alla scoperta che questi, buon ultimo dopo una fitta schiera di intellettuali e romanzieri francesi, nel gennaio 1950 aveva pubblicato sulla rivista a libro paga dell’U.R.S.S. “La Tribune des Nations” un articolo diffamatorio su Céline, muovendogli le usuali accuse di intesa con gli ambienti più infami della Collaborazione, e testimoniando come ci fosse stato un abbozzo di piano per uccidere Céline tra i Maquis residenti, dei quali Vailland faceva parte, nel suo stesso palazzo in rue Girardon a Parigi.

Céline riprese questa polemica con Vailland rispondendogli più estesamente, con un breve, duramente sarcastico scritto dal titolo “Illuminazioni”, pubblicato su “Le petit Crapouillot” del febbraio 1958, sullo stile di un’altra, più nota querelle letteraria con protagonista Céline, quella contro Jean-Paul Sartre, contenuta nel pamphlet À l’agité du Bocal (L’agitato in provetta). L’accusa di Vailland e la sulfurea risposta di Céline sono ora tradotte in italiano per la prima volta nel libretto Céline contro Vailland (Eclettica, 2019), a cura dell’esperto céliniano Andrea Lombardi (traduzione di Valeria Ferretti): una polemica tra letterati interessante sia per il rilievo che ebbe all’epoca, visto che in quegli anni Vailland era un personaggio molto in vista per i suoi romanzi, ora quasi dimenticati, e per i film da essi tratti (dal romanzo sulla Resistenza Drôle de jeu, del 1945, al premio Goncourt del 1957 La Loi, dal quale fu tratto nel 1959 l’omonimo film di Jules Dassin con Gina Lollobrigida, Melina Mercouri, Marcello Mastroianni, Yves Montand, a La fête del 1960), sia per il luogo della querelle, quella rue Girardon sulla variopinta Butte di Montmartre nella Parigi degli “anni neri” della Collaborazione, con i suoi Collabos e i suoi Maquis più o meno convinti nel loro gioco delle parti, tra fanatici della prima ora e opportunisti dell’ultima. Completano il testo uno scritto di Giampiero Mughini, tratteggiante con grande maestria luoghi, dramatis personae e circostanze storico-letterarie di questa querelle, e, in appendice, una lettera di Robert Chamfleury, Resistente e proprietario dell’appartamento usato come base da Vailland e gli altri “congiurati”, inviata a Céline nel 1958 a smentita delle accuse di Vailland e a conferma del rispetto e dell’amicizia di Chamfleury verso il dottor Destouches, suo vicino del piano di sopra, e, come importante testimonianza dall’“altra parte della barricata” su Céline in questo stesso periodo, quella del Colonnello SS Hermann Bickler, del Reparto VI (Spionaggio) dell’SD (Servizio di Sicurezza) a Parigi, incaricato di raccogliere informazioni sulle personalità politiche e intellettuali residenti in città.

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