Ciao Gian Paolo,
ci siamo persi ancora… Immagino che tu stia passando un brutto momento.
Il mio (momento) non è poi così migliore.
Più conosci, più soffri… Ma non moriremo mai del tutto.
“L’arte è per tutti!” mi dicono, vorrei produrre sneaker, penso.
Perché gli scrittori sono invisibili, esistono soltanto se un editore li vuole fare esistere.
Quei pochi impiegati elitari nascosti dietro una cravatta a sette pieghe, impiccati alle loro immutabili “Collane”, con il timbro dell’Editore ben stampato sulla fronte, per avere credibilità, dignità e opinione, solo loro decidono cosa si dovrà leggere… Quelle persone, sapienti del nulla, che la sera ruttano birra davanti a un campo di calcio a centosessanta e quattro pollici, e si spostano, come chiunque, irrequieti e insoddisfatti, da un lato all’altro dello stesso divano lungo tre piazze: il colmo della misura letteraria in Italia, più altri due pollici che non si capisce mai se siano responsi o pigrizia.
Non voglio essere confuso con migliaia di finti scrittori, sia chiaro: non sono uno scarto editoriale arrogante come una jazz band che non piace a nessuno tranne che a sé stessa! Non è così. Il tempo darà un senso anche a questa lettera.
Non sono cresciuto confondendo le mie emozioni con la poesia. Sono uno scrittore, sono uno scrittore dell’Ottocento, del Novecento e del futuro. Merito un pubblico “vero”, fatto di persone sensibili, di cervelli e cuori intrappolati sottoterra, al buio, privati della possibilità di respirare, e che nessuno salverà mai, perché si continua a scavare il terreno più morbido, si scava dove è bagnato.
I terremoti letterari non esistono più, eppure quante macerie!
Avrò anche io un libro sullo scaffale come la blogger e il calciatore? Come il figlio della buona società e quello iscritto al partito, come l’ospite in tv e lo sfigato che si è comprato duemila copie per contratto, sarò famoso come il morto ritrovato o l’ex carcerato? Non sono mai stato una velina (ahimè), e non sono nemmeno un falso poeta deceduto e fatto risorgere da una speculazione editoriale, eppure pretendo di essere considerato uno scrittore! Roba da pazzi: perché l’economia perversa delle case editrici prevede che sia proprio la tv a promuovere i libri, quindi sei scrittore solo ed esclusivamente in quanto personaggio televisivo, devi essere noto e famoso o per lo meno un morto evidente.
Fingo ironia per prendermi in giro. Non sono cinico, sono impotente: non posso farci nulla.
Come un aspirante all’inettitudine, non ritengo ci siano i presupposti per imbastire un’idea, un’ipotesi di collaborazione con un editore; mancando totalmente quella “educazione” professionale che se trascurata non svaluta l’interlocutore, ma chi la ommette. Soffrono tutti di delirio di potere, anche se, alla resa dei conti, sono solo dei rarefatti borghesi con un nuovo taglio di capelli. Persone astute nel totale e ingenue nel particolare: intenti a domandare all’infinito quello che potrebbero leggere sui libri (che non pubblicano!).
Mi dico: “Non insistere con loro, non sono più interessati, non farti illusioni!” e pretendo di preservare un minimo di orgoglio. Vorrei difendere un mio fiordo immacolato senza macchie o corruzioni morali, sperando di non dover ringraziare i lubrificanti per il successo ma le mie parole, solo quelle: quelle che ho scritto.
Sono ormai convinto che ogni qualvolta un editore creda di fare la cosa giusta, uno scrittore muoia di fame. Seguono i diktat della subcultura con la promessa esplicita di voler essere irrilevanti! Sono gli scemi del prossimo futuro, non possono saperlo, perché l’idiota nasce sempre nel passato.
E gli scrittori a inseguire cento euro di royalty dopo mesi di lavoro e “solo” un migliaio di copie vendute, pagandosi persino le trasferte per presentare il proprio lavoro, nei “mercatini del miele” dove se piove arrivano quattro persone tra cui i genitori del libraio.
Non capisci? Scrittore e editore sono antitetici per natura: il primo crea per cercare di restare a galla, il secondo affonda tentando di vendere.
Temo che il settore (e includo anche scrittori noti e giornalisti) sia più corrotto del mondo del lusso o della moda.
Quegli ambienti, in fondo, sono comprensibilmente snob.
Invece, qui, tra “letterati” disposti a scrivere, come ghost writer, le memorie del prossimo concorrente del Grande Fratello, ci si trincera nel proprio piccolo suc(cesso) con la pretesa di farne un capolavoro; qualsiasi intruso bussasse alla porta non sarebbe ben accetto: “Occupato! Sto dissipando…”
Nel momento stesso in cui ho deciso di scrivere ho scelto la 41E in noce nazionale, con intagli in frassino e maniglie in ottone: una bellissima bara per chi avesse confuso l’ottimismo con la codeina, la cultura con il sonno della mente.
Mi guardo intorno, vedo cosa c’è… E a parte la tua amicizia, e la tua onestà (di cui ti sarò sempre debitore) non scorgo preparazione, ma solo il vizio di parlarsi addosso.
Non mi sono ancora arreso. Ci proverò!
Se poi, non trovassi un editore (anche uno senza lattosio o olio di palma, ma con voglia di dare forma al tempo) vorrà dire che il peggio non è poi così giunto del tutto, e me ne farò una ragione e attenderò che accada da qui sino al prezzo di un paio di sneaker.
Abbraccio e a presto.