Per quanto gli interessi per gli studi economici mi risultino alieni, e per quanto siano scarse le mie competenze di base al riguardo, mi sono dedicato con curiosità alla lettura di un libro, “La crisi economica come età critica del logos della politica” (Edizioni Setteponti), avendo apprezzato un altro libro dell’autrice, Anna Gianfelici, “Giurò a Ippocrate” (Artemia Nova editrice), in cui si ricostruiva la vita romanzata di un medico di paese, stimato da tutti per la sua dedizione, la sua empatia umana, il suo attaccamento alla cultura locale. Mi stimolava scoprire come chi aveva raccontato la storia umana di un “eroe”, per quanto oscuro, della medicina, avesse, in un’opera affatto diversa e d’altro genere, proposto riflessioni economiche-politiche sull’età che stiamo vivendo, contrassegnata da una crisi che, prima ancora di essere economica, è sociale e politica. Insomma, la lettura di un saggio di economia, per quanto agile come a prima vista poteva apparire, non trattandosi di un tomo ponderoso, era per me alquanto impegnativa.
Devo dire che fin dalle prime pagine mi sono trovato a mio agio, per la semplicità con cui vengono esposte testi e teorie anche di una certa complessità, ma soprattutto per i continui collegamenti al concetto di “logos”, a me familiare, considerato come centro di un’attività politica in essere, che l’autrice considera incompiuta quanto al fine di formazione e di realizzazione dell’unità europea. Nell’affrontare la lettura, non risultata poi troppo impegnativa per un umanista come me, mi sono affidato alle reminiscenze di antiche letture su argomenti quasi simili: la crisi dell’Europa (“Il tramonto dell’Occidente” di Oswald Spengler, e del mondo “Diagnosi del nostro tempo” di Karl Mannheim) e devo dire che esse mi sono state utili. Ero a conoscenza di come si può tentare di leggere un periodo di crisi e di quali siano gli indicatori a cui far riferimento per cogliere eventuali periodi di involuzione in un processo che di per sé si immagina come necessariamente portato all’evoluzione e al progresso. Il rapporto stretto tra società e politica, quest’ultima intesa come sforzo per assicurare il massimo benessere possibile, anche economico, al maggior numero di cittadini possibile, viene nel saggio della Gianfelici tenuto presente in ogni pagina. Nell’esaminare il pensiero delle maggiori scuole di pensiero che hanno dominato la scena dal ‘700 ad oggi, la scuola classica, la scuola socialista, la scuola keynesiana, l’autrice ne segnala le principali caratteristiche, senza perdersi in spiegazioni teoretiche che sarebbero risultate pesanti se troppo approfondite, giusto per dare al lettore, non necessariamente fornito di ampie conoscenze economiche, la possibilità di orientarsi in una serie di analisi degli elementi che consentono di parlare di un periodo di crisi per il momento storico che stiamo vivendo.
Lo stato dei conti pubblici degli Stati, la moralità delle classi politiche dirigenti, la qualità dei tagli ai bilanci, l’efficacia dell’azione di programmazione condotta in ciascun comparto dalle classi dirigenti sono il campo di elezione nella riflessione del saggio di Anna Gianfelici. Viene esaminata in particolare la situazione italiana, facendo un confronto tra le scelte fatte e quelle che si sarebbero potute, e forse dovute, fare, fra le strategie seguite e quelle che si sarebbero dovute seguire nel contesto di un mondo globalizzato, in un intreccio di flussi finanziari e di dinamiche economiche che presentano non pochi elementi di contrasto e di contrapposizione. Con riferimento all’impianto costituzionale italiano, il breve saggio ne analizza il grado di applicazione e di applicabilità, ne esamina la validità quanto agli obiettivi, sia ideali e astratti, di principio, formulati, sia concreti, quelli che incidono nella carne viva di un organismo quale uno Stato Nazionale inserito in un contesto di unità europea che statale ancora non è e che presenta una frammentazione che è di ostacolo al processo di unificazione. Naturalmente, l’autrice non poteva sfuggire, e non sfugge, ad una valutazione del welfare assicurato ai cittadini in ciascuno dei contesti degli stati che fanno parte dell’incompiuta unità europea, facendo confronti e stilando bilanci, analizzando il rapporto tra ricchi e poveri, ma anche trattando una materia che lei considera “una chiave di volta”, la quantità e la qualità degli investimenti sul capitale umano e sulla ricerca, certificati come essenziali per un reale crescita. Devo dire che al termine della lettura ho avuto la certezza che alcuni concetti su cui mi ero soffermato in una riflessione che presentava non pochi punti oscuri mi erano più chiari. Avevo elementi in più per capire e leggere una realtà che avevo finora fatto qualche fatica a comprendere. Nel caso volessi distaccarmi per qualche tratto dai miei interessi letterari e storici, avrei alcuni appigli a cui sostenermi per affrontare una navigazione che risulterebbe per me meno perigliosa. Vada, dunque, il giusto tributo ad un’autrice che mi ha preso per mano facendomi percorrere un breve tratto di strada lungo un cammino che ora mi risulterebbe meno disagevole.
Elso Simone Serpentini